Una vita – parte terza

Dentro di lui avvertì un conflitto. La parte razionale rimproverava a quella sognatrice di essere disattenta. “Se non ci fossi io a fare da sentinella” disse con tono saccente la mente, “avremmo passato un bel guaio”, La fantasia sbuffò, alzando le spalle. “È meglio sognare che stare sempre a spaccare il capello in quattro” fece l’area fantasiosa con aria sognante. “Smettetela di litigare!” le rimproverò Luca. “Mi state distraendo”.

La via era ingombra di persone e detriti, come una discarica. Si era fermato appena in tempo per non finire nel caos.

Luca osservò distratto quel disastro. Lui continuò a ripercorrere quei cinquanta anni all’indietro, fino a quando aveva conosciuto Ersilia. Però avvertiva una strana sensazione. Si sentiva riarso dentro, perché la fiumara della memoria era un letto essiccato dal sole di agosto cosparso di sassi levigati dal tempo. I ricordi era svaniti.

Luca continuava a guardare davanti a lui ma non fissava nulla. Lo sguardo era perso nel vuoto. La mente girava a vuoto. Dei rumori fastidiosi lo distolsero. Si riscosse dall’apatia momentanea. Dei clacson suonavano impazienti ma Luca non aveva voglia di muoversi o meglio pensava di indugiare ancora un po’. Tuttavia non poteva restare lì a contemplare qualcosa che tutto sommato non gli interessava. Si avviò con lentezza, quasi esasperante, mentre un vigile nervoso gli faceva segno di andare più svelto, agitando la mano destra con frenesia.

Di colpo avvertì una grande stanchezza. Avrebbe voluto fermarsi ma non c’era nemmeno uno spiazzo degno di questo nome. Avanzò per quella strada a passo d’uomo, mentre mandava a quel paese gli automobilisti impazienti che continuavano a strombazzare dietro di lui. Scorse in lontananza una minuscola piazzola, che poteva accoglierlo.

Trovò un riparo sotto i platani che ombreggiavano la strada, mentre si domandò cosa stava facendo in quel posto sconosciuto. Si ricordò che era partito alla mattina verso una destinazione ignota, seguendo il proprio istinto. Adesso era in un luogo, lontano da un centro abitato, col sole di mezzogiorno alto nel cielo. Quindi aveva raggiunto l’obiettivo. Rimaneva un senso di insoddisfazione di fondo.

“Non ha importanza, dove siamo” ribatté Luca all’irrequieta razionalità della mente, che premeva per chiedere, per sapere, per decidere. “Perché dovrei prendere una decisione? Si vive al momento. Carpe diem. Direbbero i romani”.

Adesso il lungo stradone diritto era vuoto. Riavviò il motore e con circospezione si rimise sulla carreggiata.

“Cosa devo decidere?” ripeté stanco e annoiato, mentre tentava con la fantasia di insinuarsi nella terra arida alla ricerca del suo fiume di memorie scomparso.

Guardò l’ora e ammise che era venuto il momento di fare una sosta, di vedere qualche faccia non più di sfuggita ma fissa e parlante. Proseguì finché non incontrò un paese di cui all’ingresso non si curò di leggerne il nome. “Ha qualche importanza sapere se siamo arrivati a…?” disse Luca per placare la mente, che invece avrebbe voluto conoscere il nome della località.

Proseguì tranquillo, mentre una strada alberata lo accolse. Non c’era anima viva in giro alla quale domandare qualche informazione.

“Perché dovrei farlo?” si chiese con un sorriso stanco. “Un posto per fermarmi lo troverò di certo a meno che non sia un paese fantasma”.

Sapeva che non era così. Troppe case per essere disabitato. Procedette seguendo un misterioso impulso. Qualcosa gli diceva che avrebbe trovato un bar, una trattoria, una qualsiasi cosa dove poter prendere qualcosa. Il suo istinto ebbe successo. All’ombra dei tigli c’era un dehor, che sembrava ammiccare con l’occhio destro ‘Fermati. Qui si sta bene e al fresco’. Luca vide poco più avanti un parcheggio a pettine sotto gli alberi, del tutto deserto. Si fermò e scese dall’auto. Si stiracchiò per dare elasticità ai muscoli rattrappiti per il lungo viaggio.

Si soffermò un attimo per capire dove fosse finito, seguendo l’estro del momento. “Ma ha importanza sapere dove sono?” disse la fantasia, che si crogiolava nello sbizzarrirsi in sogni e fantasticherie sul misterioso luogo.

“Ma certo” rimbeccò acida la parte razionale di Luca, perché tutto sembrava congiurare per nascondere il nome del paese.

Non c’erano persone, né cartelli, né indicazioni alcuna, la toponomastica della strada era parzialmente coperta dal glicine fiorito che si inerpicava sinuoso e intrigante sull’angolo. “C…. Ma…..i” era il poco che si leggeva.

Subito l’immaginazione cominciò a lavorare sulle lettere celate. “Caro Maestro” si lasciò andare. “Ma no. C’è una i sul finale”. Lei avvertì un senso di impotenza perché non riusciva a comporre il nome.

“Ma non immaginare quello che non sai!” fece la mente, che ridacchiava sulla frustrazione della fantasia.

“Avete finito di beccarvi?” disse Luca, mentre si accomodava nel dehor, aspettando l’arrivo di un cameriere che tardava ad arrivare. “Ora si mangia e poche chiacchiere”.

Messi a tacere quei due impiastri, pronti solo a distrarlo, il suo pensiero tornò a quei giorni di beata incoscienza che era stata la sua adolescenza. Ersilia era stato il primo e grande amore, diventato alcuni anni più tardi realtà. Però prima di lei c’era stata Gloria, una ragazzina magra come uno stecchino. Era stata la compagna di giochi e di avventure, inseparabile fino a quando a tredici anni non aveva cambiato casa. I primi baci furtivi, le prime carezze audaci erano state strappati nella buia penombra dello stretto corridoio che dal cavedio interno portava nella corte esterna. Nessun ‘ti amo’ era stato mai sussurrato ma dove c’era l’uno, stava anche l’altra.

I ricordi erano confusi, offuscati da una coltre di polvere, che rendevano opachi i contorni. Eppure erano lì, pronti a balzare fuori, senza che Luca riuscisse a vederli, a rinfrescare la memoria. Stavano in un limbo di indeterminatezza, di non vuoto, di non pieno senza tempo e senza spazio. Provò a concentrarsi ma erano ricacciati indietro da qualcosa più forte della sua volontà.

«Signore! Signore!» sentì una voce gentile fuori campo. «Desidera ordinare qualcosa?»

Luca strizzò gli occhi per mettere a fuoco l’immagine di una ragazza giovane coi capelli raccolti sulla testa. Era lì da tempo. Qualcuno lo chiamava ma lui era volato altrove, indietro nel tempo. La cameriera stava di fronte a lui con un viso pulito, dove stavano incastrati due grandi occhi verdi.

“Solo io riesco a far squillare il campanello d’allarme” diceva beffarda e velenosa la mente alla componente estrosa di Luca.

La fantasia non poté ribattere, perché Luca li mise a tacere. Adesso doveva ascoltare la voce della cameriera.

«Un panino al prosciutto crudo, una bottiglietta d’acqua naturale fresca e un calice di vino bianco» ordinò alla ragazza dopo avere ascoltato la lunga litania del mangiare disponibile.

L’osservò che ancheggiante tornava al riparo del bancone. Notò i capelli di un bel colore ramato naturale. Prima non se ne era accorto. Quella vista avevano avuto il potere di ripescare dalla sua memoria quei lontani ricordi. Eppure non la associava a nessun volto femminile che aveva conosciuto nel passato. Era un’anonima figura dalla corporatura minuscola e dall’età non ben definita tra i venti e trenta anni.

Adesso gli episodi del passato tornavano gorgoglianti alla luce del sole, riemergendo dall’oblio nel quale erano confinati.

“Hai visto menagramo” disse la fantasia alla mente. “I ricordi ci sono e sono limpidi”.

Stavano lì, sul tavolo. Era sufficiente chiudere gli occhi per osservare lo scorrere della pellicola in bianco e nero di molti anni prima.

parte seconda parte quarta

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0 risposte a “Una vita – parte terza”

  1. Divertente: fantasia e mente che si “beccano”… da me è sempre la mente irrazionale e quella razionale che si fanno la guerra! E ormai è da parecchi mesi che non scrivo nulla di nuovo, piuttosto traduco cose vecchie… Buona notte :-)c

  2. Davvero simpatico questo racconto caro Gian Paolo. Mi pare che in te la fantasia giochi un bel ruolo. Non so se la tua mente ha qualcosa da ridire. Facci sapere. Bacino della buonanotte. Isabella

  3. Bene bene, i personaggi aumentano e si caratterizzano sempre meglio. La mente del nostro protagonista pullula di interessanti spiragli. Il racconto è alla sua terza sosta e tiene ancora con il fiato in sospeso…direi che funziona.

  4. Es así a veces te sientes aprisionado entre el presente, la ilusión… la realidad, una bella historia Gian Paolo, como la vida misma. Un beso enorme y feliz fin de semana!!!

  5. Pienso que a Lucas, le pasan muchas coas y su mente esta entre la fantasía y la racionalidad
    Pero es una personaje clave en esta historía muy inteligente y con una gran capacidad
    que nos va a dar una sopresa en el final*
    muchos cariños****querido amigo***Gian Paolo

      1. Bella l’idea di intraprendere un viaggio senza avere una meta precisa. E’ un fuggire da un disagio che sta portando il protagonista a ricercare qualcosa di sė che è andato perso… inoltre ho apprezzato questo dialogo che si instaura nella sua mente tra passionale e razionale.
        Ora passo al prossimo.

  6. Bella l’idea di fantasia e mente..e poi, la parte conclusiva sulla pellicola che scorre davanti gli occhi. Noir et blanc..non male e familiare. Sbaglio oppure è uno stile diverso da “i te cunicoli?”

  7. Continua il viaggio di Luca, apparentemente a caso ma forse no. Qualche refuso (i ricordi era svaniti, quella vista avevano avuto il potere…) e forse la parte del dialogo in terno l’abbrevierei un po’, anche se è simpatica; poi comunque non è facile dirlo su una sola puntata, andando avanti a leggere potrebbe essere che nell’equilibrio della storia vada bene così. Sono lenta, ma piano piano arriverò a tutte le puntate 🙂

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