Un qualcosa d’insistente e modulato proveniva da lontano. Matteo, che stava sognando mondi incantati, tenendo abbracciata Sofia, sembrò infastidito da quel suono che non riusciva a decifrare. Si girò ma non aveva pace, perché quella melodia continuava. Aveva ancora sonno dopo le fatiche della notte. Ignorò il disturbo sonoro e riprese a dormire.
La tranquillità della stanza riprese il sopravvento, quando quel rumore smise. Il silenzio era pronto a essere interrotto ancora una volta, perché quel suono cacofonico non voleva rispettare la volontà di Matteo.
Riprese più ossessionante di prima senza che Matteo riuscisse a localizzarlo in un punto preciso della casa. Matteo aprì un occhio, mentre l’altro ostinatamente non volle obbedire al comando del pensiero e restò chiuso. Cercò di concentrare la mente o quel poco che si era svegliata per individuarne la provenienza e farlo smettere.
Nulla. Non riuscì a determinare la sorgente e imprecò a bassa voce, mentre Sofia continuava tranquilla il sogno senza ascoltare quella litania di note che invadevano la stanza.
Matteo cominciò a innervosirsi perché metà corpo desiderava restare in pace senza avere alcuna intenzione di seguire l’altra.
“Da dove viene ‘sto cazzo di musica?” disse stizzito. Però la mente lentamente stava slegandosi dai lacci nei quali la stanchezza e il sonno l’avevano incatenata, e cominciava a fare due più due uguale a quattro.
“Cazzo!” imprecò Matteo, aprendo gli occhi arrabbiati. “È il mio telefono che suona! Chi è quello scimunito che mi chiama all’alba?”
Con delicatezza si sfilò dal corpo di Sofia, che mugugnò qualche frase sconnessa, mentre si sistemava al meglio, essendo venuto meno il sostegno di Matteo.
A piedi nudi e senza nulla, o quasi, indosso andò alla ricerca dei vestiti, mentre imprecava e malediva quel imbecille che ostinatamente voleva parlare con lui.
“Pronto” disse con voce neutra e contratta dalla stanchezza ma riconobbe quasi subito il timbro vocale di Paolo e l’aggredì furioso “Che ti salta in mente di svegliarmi nel cuore della notte? Chiama quando il sole si è levato” e chiuse la comunicazione.
Borbottando e imprecando, inciampò in un paio di scarpe non viste, mentre tentava di raggiungere il letto senza troppi rumori. Gli sfuggì un’imprecazione colorita, massaggiandosi l’alluce ammaccato.
‘Non poteva aspettare che mi fossi alzato?’ si disse irritato mentre si rannicchiava accanto a Sofia, che pacifica continuava a dormire.
Agnese si sentiva spossata, stanca per uscire in bicicletta ma non voleva rinunciarvi. Le serviva per scaricare le tossine accumulate durante il sonno, che aveva avuto effetti opposti a quelli sperati.
Era una bella giornata di aprile soleggiata ma fresca, l’ideale per una pedalata salutare. Se fosse stata in compagnia sudore e fatica, non si sarebbero fatte sentire ma non era così. Doveva pazientare fino a domani, almeno sperava, per avere un compagno di avventura. ‘Oggi mi accontenterò del Ipod e dei miei pensieri’ si disse uscendo di casa. ‘Quello sarà il mio doping psicologico’.
Si era imposta di tornare per mezzogiorno, perché nel pomeriggio voleva dedicarsi allo shopping più volte rimandato.
Indossata la tuta invernale da ciclista, perché sudore e freddo non andavano per niente d’accordo. Sapeva che tra non molto avrebbe iniziato a sudare.
Ascoltando la playlist, proposta dal Ipod, chiacchierava con un invisibile compagno, che pigiava sui pedali con uguale vigore accanto a lei.
Sentiva l’aria sferzarle il viso. Sembrava più fredda di quella che in realtà era ma contribuì a svegliarla completamente. Sotto la tuta il sudore appiccicava alla pelle gli indumenti. Era tentata di aprire la zip per dare refrigerio al corpo ma si trattene. In piena estate con la calura insopportabile, Agnese avrebbe potuto aprire la cerniera senza problemi ma oggi sarebbe stato un ottimo sistema per un colpo di freddo o una bronchite.
La playlist del Ipod sparava nelle orecchie delle canzoni di molti anni prima, quando lei non era ancora nata. Le aveva scoperte per caso in ufficio da una collega più anziana.
‘Non sono una signora’ della Bertè oppure ‘La bambola’ di Patty Pravo o ancora ‘La gatta’ di Gino Paoli erano in cima alle sue nuove preferenze. Fino a sei mesi prima ignorava la loro esistenza. Per lei c’erano solo le note dure dei Metallica o di certe band dal rock molto hard. Una mattina Gina, la collega, che veleggiava tranquilla verso la pensione, mise nel lettore un CD con le più belle canzoni degli anni settanta e ottanta. Scoprì che nel panorama musicale c’erano anche altre canzoni oltre a quelle che di solito ascoltava. Rimasta entusiasta, decise di caricare lo Ipod con quelle note ricche di melodie dolci.
Pedalando di buona lena, cominciò a discutere con l’ipotetico compagno di viaggio sugli acquisti del pomeriggio. Aveva intenzione di comprarsi un vestito, una gonna, un paio di jeans e una camicetta. Indecisa su tutto dal colore alla marca, il compagno le domandò, se poteva permettersi la spesa. “Sei impertinente” sbottò, anche se la domanda era corretta. Le sue finanze non godevano buona salute, adesso che il mutuo era tutto suo.
“Ti chiedo un consiglio sui colori” disse, guardandolo con occhi di fuoco. “Non dei dubbi sulle capacità finanziarie”.
Lui, trasparente come l’aria, non rispondeva come voleva Agnese. Questo la innervosì non poco.
“Non puoi suggerirmi il rosso!” fece stizzita “Lo sai che non lo sopporto”. Nuova risposta fuori tono.
“È meglio un colore pastello per il vestito oppure un blu?” gli domandò. Nuovi borbottii che Agnese non gradi.
“La gonna? Marrone” disse il compagno immaginario.
“No, non hai capito nulla” esclamò Agnese. “La voglio nera e liscia, lunga fino al ginocchio”.
“La camicetta come la preferisci?” continuò il compagno.
“Non ho molte preferenze” fece Agnese, distendendo il lineamenti del viso. “Su quella non ho ancora deciso. Jeans o pantaloni? Meglio i pantaloni. Ma ci penserò”.
Guardò l’orologio e imprecò, perché si era fatto tardi rispetto alla tabella di marcia. Salutato il compagno, che proseguì, e girata la bicicletta, si diresse verso casa.
Dopo una doccia calda per eliminare il sudore si preparò il pranzo, prima di recarsi in città.
Marco e Laura avevano parlato dal pomeriggio fino a notte inoltrata ma adesso dormivano tranquilli.
I fantasmi, che si erano aggirati intorno a loro, erano stati scacciati con le loro confessioni. Avevano discusso della scenata di gelosia e del bacio saffico con Sofia. Avevano concluso che non doveva preoccuparsi.
“Non deve creare un senso di colpa il bacio” aveva detto Marco, “perché è il frutto di un’esaltazione momentanea”.
“Ma la scenata di gelosia?” aveva chiesto Laura.
“È nella norma” aveva risposto Marco, “perché mi hai visto, mentre mi strusciavo con la tua migliore amica. Quale donna innamorata potrebbe accettare senza reazione un simile spettacolo? Nessuna”.
Più complesso era stato dipanare il senso del bacio e del toccarsi fra donne. La discussione era diventata animata tra un bacio, una carezza e un rapporto sessuale. Per Marco era stato un fatto occasionale legato all’emozione del loro incontro. “Sì” aveva detto. “Convengo che ti ha dato sensazioni intense e inaspettate”.
Laura non era convinta della casualità dell’effetto erotico e aveva manifestato con vigore le sue perplessità. “Qualcosa mi suggerisce” aveva affermato, ”che, se capita di nuovo, mi lascerò trasportare con maggiore passione”.
Marco aveva riso a queste sue affermazioni, senza che questo l’avesse rassicurata. Le chiese, se questo desiderio avesse guidato i suoi comportamenti, se lei si fosse sentita angosciata per l’atteggiamento tenuto, se avesse pensato di sperimentare questa parte della sua sessualità per ripetere l’esperienza.
Laura era rimasta senza parole, né aveva saputo come e cosa rispondere. Queste argomentazioni l’avevano indotta a riflettere sul modo di intendere il sesso. Aveva percepito in maniera confusa che esistesse un collegamento con le fobie, che loro avevano esplorato in precedenza.
Marco aveva intuito che altre paure in qualche modo la frenavano nel rapporto sessuale, anche se non riusciva a percepirne i contorni. Laura aveva capito che doveva costruire la propria sessualità, partendo dalle riflessioni sui sensi di colpa. Doveva scoprire quali contraddizioni agivano da freno al fine di trovare la soluzione ai suoi problemi.
Era mattina, quando la stanchezza cominciò a fare capolino nelle loro menti. I loro corpi decisero di concedersi un meritato riposo. Laura stava parzialmente su Marco, che la cingevano in atteggiamento protettivo.
Paolo era entrato in crisi, quando Matteo gli aveva chiuso la conversazione. Si era sentito tradito, perché l’amico aveva risposto in modo non cortese. Guardò sconsolato il telefono, prima di decidere di farsi una doccia calda per eliminare la tensione accumulata.
Doveva meditare su di lui, su Laura, sul suo futuro. Mille pensieri entravano con furia nella mente senza che riuscisse a coordinarli.
‘Perché mi sono ridotto in questo stato?’ si domandò scuro in volto, sorseggiando il caffè ‘Non mi riconosco. Sembro andato via di testa oppure essere regredito nell’età!’
Capì solo adesso, quanto fosse stato impaziente, sapendo che l’amico aveva passato la notte con Sofia. Di sicuro Matteo non aveva contato le pecore per addormentarsi.
Paolo provava invidia, perché Matteo aveva trovato subito feeling con Sofia, al contrario di lui. Guardò con malinconia mista a rabbia il telefono che rimaneva muto e silenzioso, preparandosi a uscire per recarsi in ufficio.
Quella mattina era in anticipo rispetto alle sue abitudini ma non aveva senso trattenersi ancora. Una folata di vento gelido e carico di smog lo accolse, mentre il corpo rabbrividiva per il freddo. Incerto se prendere un mezzo pubblico o l’auto, camminò insieme a una folla anonima e frettolosa ancora intorpidita dalla veglia mattutina.
Le gambe l’avevano condotto all’autorimessa. dove era parcheggiata l’auto. Si stupì ma forse i pensieri e i dubbi, che affollavano la mente, l’avevano distratto da non capacitarsi dove avesse girovagato da quando era uscito.
Cominciò a preoccuparsi della sua salute mentale, mentre avviava il motore. Al momento non era in grado di gestire i dettagli di un lavorio intellettuale complesso.
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