Non passava giorno – cap. 40

I tre cunicoli - su swashwords
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Agnese era stremata, quando riemerse dal sonno agitato, pieno d’incubi sgradevoli e di sogni piacevoli.

Apri gli occhi impastati dal lungo dormire, chiedendosi se il sole fosse già sorto o stesse sorgendo, poiché dalle imposte filtrava una timida lama di luce che fendeva le pareti.

Sperava che una bella giornata le avrebbe consentito di fare un giro in bicicletta col vento fresco in faccia. Ne avvertiva la necessità, dopo avere trascorso il giorno precedente in tensione per quello che le avrebbe riservato il futuro.

Lo stress per la lunga contesa con Giulio, risolta positivamente da poco, le faceva percepire tutta la stanchezza accumulata negli ultimi mesi. Poi c’era il timore di udire la voce di Marco, che le annunciava che rinunciava a uscire con lei. Sarebbe stato il colpo di grazia.

Questi pensieri la deprimeva ma riascoltando con la mente la telefonata del giorno prima, l’intuito femminile le suggeriva che Marco avrebbe mantenuto la promessa. Tuttavia non si sentiva tranquilla, perché aleggiava dentro di lei la paura di essere stata ingannata dall’intuizione.

I pensieri discordanti avrebbero potuto produrre effetti opposti, ai quali avrebbe dovuto prestare attenzione. Da un lato incoraggiavano un comportamento prudente e negativo, dall’altro le emozioni acquistavano un impeto al quale sarebbe stato difficile resistere col rischio di cocenti delusioni.

È meglio alzarsi e pensare ad altro’ si disse, mentre lo stomaco reclamava qualcosa per saziare la fame, ‘piuttosto che rimanere nel letto a rimuginare su timori e speranze’.

Si affacciò sulla finestra della cucina, osservando come il sole illuminava il giardino di sbieco. Sottili ombre, quasi fossero modelle in sfilata sulla passerella, si allungavano sul prato e sul muro. Respirò rumorosamente, mentre si stiracchiò e pensò: ‘Mi devo sbrigare, se voglio essere di ritorno per mezzogiorno, pronta per un pomeriggio di shopping’.

Aveva intenzione andare in città per un acquisto rimandato più volte ma diventato urgente come il desiderio d’incontrare Marco.

Lasciata la finestra aperta, preparò il caffè, che l’avrebbe svegliata completamente e poi via di corsa in bicicletta.

Paolo aprì gli occhi con le mani intorpidite e si domandò perché fosse sulla scrivania a dormire anziché nel letto. Era turbato, vedendo le luci accese e lo screensaver attivo. Non ricordava nulla della notte o meglio di come l’aveva passata. Osservava le immagini scorrere, dissolversi, salire e discendere in un caleidoscopio di forme che apparivano e sparivano.

La notte stellata’ gli comparve innanzi gli occhi ancora gonfi di sonno. Era il quadro di Van Gogh che gli piaceva di più in assoluto. Gli suscitava inquietudine e commozione vedere quelle pennellate di nero e di blu notte interrotte da macchie di colore giallo, che sembravano muoversi, animarsi sotto la spinta della fantasia. Ogni volta si ripeteva la magia: si fermava incantato a guardare.

Aveva dimenticato nel sonno mattutino le inquietudini della sera, Laura e i tormenti dell’amore.

Cosa faccio di fronte al computer?’ si disse, aggrottando la fronte. ‘Perché non sono a letto?’ Era simile al viandante che, dopo aver camminato tutta la notte, rimaneva abbagliato dal sorgere del sole.

Non ricordava quali attività avesse svolto prima di addormentarsi davanti al computer. Forse aveva letto la posta oppure no. Forse aveva navigato alla ricerca di qualcosa che non rammentava. Poi riemerse dalle nebbie del non ricordo, mentre uno alla volta gli tornarono alla mente tutti i pensieri che l’avevano accompagnato dal giorno precedente. Capì che doveva mantenere in equilibrio sogno e realtà. Il sogno era conquistare l’amore di Laura, la realtà era che lei si negava. Non reputava facile conciliare questi aspetti che erano in antitesi tra loro.

Guardò l’orologio e decise che era giunta l’ora di dare la sveglia a Matteo.

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