Una storia così anonima – parte cinquantasettesima

Crostata di fichi del mio giardino con fiori - Foto personale
Crostata di fichi del mio giardino con fiori – Foto personale

Bosco nei pressi di Beauveset 10 marzo 2015 – ore tredici

Pierre si muove con furia ma si ritrova col viso nella polvere e la pelle graffiata dal roveto. Qualcosa è finito tra le sue gambe. Un ramo? Un arbusto? Non riesce a decifrarlo subito, né gli importa in questo momento. Sente strappare i pantaloni mentre le spine gli graffiano il polpaccio. Avverte dolore e impedimento. Bestemmia, appoggia le mani sul terreno che avverte umido e maleodorante.

“Porca miseria” esterna Pierre, che ha capito di essere finito sull’urina di Vanessa.

Nuove esternazioni poco educate contro la ragazza. L’ira gli fa perdere il controllo dei nervi. Schifato si alza in piedi e si pulisce nei pantaloni. Non ha tempo da perdere, se vuole riacciuffare la fuggitiva.

“Dove pensa di andare, quella puttana?” sbotta irato, mentre riprende la corsa.

Sente il rumore di un auto. Gli viene il dubbio che sia corsa verso la Mini e l’abbia messa in moto. ‘La chiave è rimasta inserita’ pensa Pierre, preso dall’affanno. ‘Se fosse vero, sarebbe un bel guaio’. Si ferma per guardare in direzione della Mini, che intravvede tra gli alberi. Tira un sospiro di sollievo, subito represso.

“Ma è il rumore di un motore!” esclama Pierre, che intuisce che non si tratta della sua auto. Un dubbio lo assale. “Il suo compagno?”

Scuote la testa, correndo verso la sua auto. Non riesce a comprendere come quel diavolo possa essere arrivato fino lì. ‘Non può avermi seguito’ pensa, colto dal dubbio che la ragazza avesse un dispositivo per segnalare la sua presenza. ‘Non poteva di certo immaginare dove fossi e dove ero diretto’. Rinuncia a proseguire l’inseguimento e si fionda verso la Mini. Con un calcio chiude la portiera lato passeggero e inizia la retromarcia per mettersi all’inseguimento.

Avverte qualcosa di strano nel retrotreno. La macchina sbanda vistosamente. Accelera ma è costretto a correggere bruscamente col volante la direzione di marcia.

“Che cazzo ha!” esclama inviperito, mentre procede a zig zag, rischiando più volte di finire contro un albero. Un altro colpo di gas e una nuova sbandata. L’occhio cade sullo sterrato, perché sente degli strani tonfi sotto la macchina. Nota dei pezzi di copertone tra la polvere sollevata dalle ruote.

Nuova bestemmia e nuova imprecazione da scaricatore di porto. Si ferma e scende per controllare. Il battistrada non esiste più ma è disseminato alle sue spalle. Il cerchione posteriore destro è deformato. Fine della corsa. È impossibile proseguire in quello stato. Imprecando contro Dio, i Santi e la Madonna, cambia la ruota. Ormai sa che i due fuggitivi sono imprendibili.

“Non solo” esclama Pierre col volto rosso, congestionato dall’ira. “Ma non ho neppure un’idea della direzione che hanno preso”.

La logica gli suggerisce che hanno puntato verso la costa, dove comode e scorrevoli strade li porteranno in Italia. Tuttavia il vantaggio è incolmabile, salvo che non voglia rischiare multe e sequestro dell’auto. Sa dove abitano e questo gli è sufficiente.

Adesso ha un altro pensiero. Deve avvertire il Gran Maestro che la preda è fuggita. L’appuntamento ad Annency è saltato. Inutile andarci. Gli vengono i brividi al solo pensare che dovrà spiegare che è stata colpa sua, perché non l’ha perquisita, non ha preso nessuna precauzione. Ha dimenticato le più elementari regole sulle sicurezza. Si è comportato da grosso ingenuo, convinto che nessuno avrebbe saputo mettere un po’ di sale sulla sua coda. Una tragica sottovalutazione delle loro capacità d’interagire e di soccorrersi.

“Ma che cazzo poteva avere indosso?” dice Pierre, avviandosi verso la N85. Non riesce proprio a immaginarlo.

Si dirige verso Nizza, rifacendo il percorso all’incontrario rispetto alla mattina. ‘Punto verso Bologna’ pensa Pierre, tenendo un’andatura regolare e prudente. Alla prima città importante si deve procurare una nuova ruota di scorta. ‘Sarebbe imprudente affrontare questo lungo viaggio senza’.

Dopo una decina di minuti decide di chiamare il Gran Maestro per informarlo della situazione. Ha già commesso troppi sbagli nel passato. Un nuovo passo falso è da evitare. ‘Alla prima piazzola o spiazzo mi fermo’ si dice, mentre ne avvista una a circa trecento metri.

Bosco nei pressi di Beauveset 10 marzo 2015 – ore tredici

Vanessa corre a perdifiato verso il punto indicato con gli occhi da Luca. Il suo arrivo è stato provvidenziale, togliendola dagli impicci. Se l’era vista brutta e ormai disperava del suo arrivo. ‘Al suo amico’ pensa con un largo sorriso sul viso, ‘dovrei fare un monumento per ringraziarlo. Senza la sua app sarei stata senza speranze’. Vede la sua auto col muso diretto verso la strada nazionale. ‘Luca sembra tontolone’ si dice Vanessa con gli occhi che luccicano per la contentezza, ‘ma è previdente e assennato. Non sbaglia un colpo’. Mentalmente gli manda un bacio.

Si infila nel lato passeggero, mentre avverte un notevole bruciore tra le cosce. La mancanza delle mutandine, il senso di sporco e di umidiccio contribuiscono a questa sensazione dolorosa. La corsa, l’adrenalina, che l’ha spinta in questi frangenti, le hanno fatto dimenticare questo tormento, che non la ha abbandonata da quando ha ripreso conoscenza.

Sente il fiatone di Luca, che s’infila nell’abitacolo senza degnarla di uno sguardo. Accende il motore e parte a razzo per immettersi sulla N85. Rallenta solo un po’ per vedere chi arriva dalla sua sinistra, prima di accelerare con violenza.

“Poi andare piano adesso” dice Vanessa, aggrappata alla maniglia col viso bianco per il terrore. “Potevi arrivare prima”.

“Allaccia le cinture” risponde Luca, mentre anche lui sta compiendo questa manovra. “I francesi sono pignoli su questo versante”.

La ragazza annuisce, mentre completa l’operazione. Lui, nel frattempo modera l’andatura per rispettare i limiti. Gli hanno detto che la gendarmeria francese è inflessibile, quando ne beccano uno. ‘Meglio non rischiare’ pensa Luca.

“Dove sei stato?” lo rimbecca Vanessa di nuovo aggressiva.

“A comprarti brioche e acqua” replica Luca sereno come un cherubino, stringendole un occhio. “Nel vano portaoggetti c’è una bottiglia di Evian…”.

“Lo sai che non mi piace” fa Vanessa, storcendo il naso.

“Non sei obbligata a bere” risponde per le rime Luca. “Se cambi idea, la bottiglia è sempre lì”.

“Ma io ho una sete bestiale” dice Vanessa, umettandosi le labbra.

“Il convento passa solo questo” fa Luca, ridendo. ‘Né ho intenzione di fermarmi per comprarti qualcosa di differente. Se hai sete, anche l’Evian va bene”.

La ragazza vorrebbe replicare ma le labbra secche, la bocca che sembra carta vetrata la convincono che è meglio adattarsi per il momento. Per protestare e pretendere un altro genere di bevanda, ci sarà tempo. Brioche e cibarie posso aspettare ma l’acqua no. Si impone di bere a piccoli sorsi. Ricorda che dissetarsi troppo velocemente potrebbe darle il senso di vomito. In pratica è come se Henri le avesse praticato un’anestesia totale. Dopo la prima sorsata i succhi gastrici arrivano velocemente in gola. Li ricaccia giù con decisione. Lo stomaco vorrebbe ribellarsi. Quello che temeva, si è verificato.

“Ci sono anche dei bicchieri plastica” dice Luca, indicando col capo lo zaino alle sue spalle. “Con un fazzoletto di cotone ti umetti le labbra. Bere non è igienico. Non vorrei fermarmi per farti scendere. Mi rugherebbe molto sentire l’odore del tuo vomito in macchina”.

Vanessa annuisce. La voglia di espellere quello, che non c’è, è in agguato e il suggerimento di Luca è intelligente. ‘Non mi toglie la sete’ si dice, ‘ma almeno non corro il rischio di rigettare l’anima’. Si volta e prende dallo zaino un bicchiere ma qualcosa di cotone forse ce l’ha nel suo bagaglio.

Luca con la coda dell’occhio la vede in difficoltà. “Nello zaino c’è un mio fazzoletto”. “Pulito” fa puntualizzando.

“Grazie” risponde Vanessa, le cui priorità in questo momento è ammorbidire le labbra screpolate e la lingua ruvida.

Versa un po’ d’acqua nel bicchiere, inumidisce il fazzoletto e se lo passa sulle labbra. Un piccolo sollievo c’è ma la sete resta intensa. Si deve fare forza per non bere.

Luca guida, dirigendosi a Dignes-les-bains. Lì deve decidere se puntare verso la costa oppure inerpicarsi tra le montagne dell’Alta Provenza. Mentre sta facendo queste riflessioni, Vanessa sospende di umettarsi le labbra.

“Perché non sei arrivato la sera stessa del mio rapimento?” lo aggredisce verbalmente la ragazza.

“Perché?” chiede Luca con la faccia seria delle grandi occasioni.

“Sì, perché?” ribadisce Vanessa con lo sguardo incattivito. Deve sfogare la rabbia, repressa per quasi una giornata.

“Avevo fame e sonno” risponde col viso da angioletto il ragazzo.

Vanessa emette un urlo. Si trattiene dal piantargli le unghie sulla faccia, solo perché sta guidando.

“Stai male?” le domanda Luca.

“No!” esclama infuriata Vanessa. “Se non guidassi, ti caverei gli occhi! Io in balia di un bruto. Io, che rischiavo di essere stuprata. E tu? Hai pensato a mangiare e dormire. Tanto…”.

Luca a stento si trattiene dal replicare subito. Sapeva in anticipo quale sarebbe stata la sua reazione ma è sempre uno spasso vederla infuriata.

“Perché dovevo partire subito?” dice con un sorrisino ironico il ragazzo, mentre sta entrando in Dignes-les-bains. “Sapevo dove rintracciarti. L’app mi teneva informato”.

Vanessa bolle, si agita. Il problema sete è per il momento accantonato. Questo ingrato merita una lezione, dimenticando che l’ingrata è lei.

“E se Henri avesse gettato il mio Iphone in un cestino?” domanda la ragazza col viso rosso congestionato dalla rabbia.

“Henri sarebbe stato doppiamente coglione” dice Luca, che ha deciso di affrontare le montagne. Più lento il viaggio ma meno rischi di essere intercettato da Henri.

“E perché?” fa Vanessa, sgranando gli occhi per la risposta, che le appare singolare.

“Perché? E te lo domandi?” replica Luca. “In primis non si butta nel cesso uno smartphone da settecento euro. Al massimo avrebbe tolto la sim e buttata questa. A questo punto doveva fermarsi, aprire l’Iphone e buttare la scheda. Io me ne sarei accorto subito e sarei arrivato come un fulmine”.

Vanessa ammette che il ragionamento di Luca non fa una grinza. Ricorda più o meno vagamente che l’app è molto intelligente, in grado di segnalare anche il minimo spostamento o rallentamento della velocità. Tuttavia non gli può dare per vinto la spiegazione.

“Capito perché ho mangiato e dormito con tranquillità?” fa Luca, che sa invece di essere rimasto sulle spine, finché non si è fermato a Tende.

“Dove stiamo andando?” gli chiede Vanessa, accantonando per un attimo le schermaglie sul mancato soccorso immediato.

“Verso i monti” dice Luca, fischiettando. ‘Un momento di tregua’ pensa, ‘per distrarmi. Ma poi torna alla carica’.

“Come verso i monti?” esclama sorpresa Vanessa, che si aspettava di arrivare sulla costa.

“Quando Henri si metterà alla nostra caccia” fa Luca, mentre affronta con prudenza la strada, “penserà che andiamo verso Nizza e da lì a Mentone. Non immagina che invece affrontiamo un percorso alpino”.

Luca le chiede di verificare lo stato delle strade. L’inverno è stato nevoso e potrebbe trovare qualche strada chiusa.

“Tutte le strade sono aperte con l’uso di pneumatici da neve” sentenzia Vanessa. “Ma tu li hai?”

“Ma certamente” risponde Luca, ridendo. “Continental TS. Nuovi di zecca… o quasi”.

Le cime sono ancora innevate. Il punto peggiore è il Col de Larche, al confine con l’Italia. Un valico tosto e piuttosto alto.

“Però potevi muovere il culo” riprende Vanessa decisa a portare l’affondo. “Mi potevi risparmiare l’umiliazione della pisciata nel bosco”.

Luca ride, mentre Vanessa freme per la rabbia. Sembra che lui si voglia divertire con lei col suo atteggiamento ironico. ‘Ma…’ comincia a pensare Vanessa, ‘in effetti l’unico modo per bloccare Henri sarebbe stato far intervenire la gendarmerie. Ma forse senza costrutto’. Però non poteva ammettere pubblicamente il suo pensiero.

“Però l’ho mosso, quando è stato necessario” fa Luca sorridente.

“E va bene” ammette sconfitta Vanessa, “ma almeno hai controllato se è alle nostre calcagna?”

Luca fischietta allegro. Questa volta è tranquillo. Henri non è alle loro spalle.

“Credo che in questo momento” dice Luca con tono piatto, “abbia altre priorità rispetto a inseguirci”.

Vanessa spalanca gli occhi verdi per lo stupore. L’affermazione è troppo forte per non incuriosirla.

“Quali altre priorità, di grazia?” chiede la ragazza, volgendosi verso di lui.

“Ha una gomma squarciata” dice Luca col sorriso sulle labbra. “Ma forse dovevo tagliargli anche una seconda ruota. Per stare sul sicuro”.

Vanessa si allunga per dargli un bacio sulla guancia, prima di avvertire nuovamente il doloroso sfregamento dei jeans tra le cosce.

“Ora riprendi a umettarti le labbra” fa Luca, mentre affronta un tornante. “Non ci si ferma finché non siamo a Cuneo”.

“A Cuneo? Sarai impazzito” sbotta Vanessa che vorrebbe infilarsi mutande e collant. “Ma è lontanissimo”.

“No” replica Luca. “Perfettamente sano. Sopporterai un pochino ma voglio lasciarmi alle spalle queste montagne. E poi in un paio d’ore ci siamo”.

In effetti non ha un’idea del tempo ma gli basta per calmarla.

Mugugnando, Vanessa riprende a bagnarsi le labbra. Sa che Luca non cederà di un millimetro dalle sue decisione.

0

0 risposte a “Una storia così anonima – parte cinquantasettesima”

  1. Provo grande gioia nel sapere i due ragazzi finalmente riuniti. Luca è stato molto in gamba, a dispetto di quello che vuol far credere a Vanessa, non ha perso tempo per cercare di salvare la ragazza dalle grinfie dell’odioso Pierre.
    Quasi quasi mi dispiace sapere che siamo alle battute finali ma sono certa che l’epilogo regalerà grandi emozioni.
    Grandi emozioni ha regalato pure la visione di quella magnifica crostata di fichi nonchè il bouquet di fiori, complimenti per il tuo “pollice verde”!
    Un caro abbraccio da Affy

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *