Erano le quindici e trenta, quando Marco suonò il campanello con lo stesso tremore che aveva provato il primo giorno di scuola a sei anni, al momento di varcare l’ingresso della scuola elementare Montessori. La casa di Laura era una via nei pressi di piazza Missori. Un vecchio edificio, inscurito dal tempo. ‘Riuscirò a mascherare quello che provo internamente?’ si chiese, pensando alle sue reazioni alla vista della ragazza, mentre avvertiva rumori di passi, che si avvicinavano al portone. L’ansia montava dentro di lui. ‘Riuscirò a trattenere l’emozione?’ si disse per rincuorarsi e darsi un contegno dignitoso. Agnese per il momento era ancora una conoscenza lontana, quasi una scommessa al buio senza nessuna sicurezza che potesse sostituire Laura nel cuore. Aveva portato nel borsone la busta bianca con fotografie e lettere, senza avere la certezza che le avrebbe mostrate.
Il portone si spalancò. La vide.
Il tempo retrocedette di cinque anni. Lasciò cadere a terra, quanto teneva i mano, e l’afferrò tra le braccia, stringendola al petto. Quasi la sollevò. Le loro labbra si cercarono con passione tra gli sguardi divertiti dei passanti. Sembrava che non dovessero staccarsi più. Laura era in punta di piedi, mentre lui la faceva dondolare in qua e in là come una foglia sul ramo.
“Ah, l’amore cosa fa fare!” commentò un’anziana signora ad alta voce, mentre li osservava a baciarsi.
“I giovani hanno i bollenti spiriti!” aggiunse un’altra, osservando come era vestita la ragazza.
La fresca giornata di aprile soleggiata e ventilata non giustificava il vestito leggero indossato da Laura, più adatto all’assolato luglio. Era l’abito rosso ritrovato in soffitta.
Laura non pareva avvertire il freddo della giornata, abbracciata a Marco. Il ragazzo raccolse la borsa abbandonata sul marciapiede e, stringendola, entrò in casa. Il portone si chiuse silenzioso alle loro spalle.
Marco non si aspettava questa reazione da parte sua, mentre Laura aveva sognato a lungo che si fosse avverato il sogno di riabbracciarlo. Il bacio interminabile aveva fatto palpitare i loro cuori, tanto che gli otto mesi di distacco parevano una parentesi provvisoria, durata un battito di ciglia.
Si sistemarono sul divano, tenendosi per mano come se avessero paura di perdersi di nuovo.
“Mi sei mancato.” disse la ragazza, guardandolo negli occhi. “Mi sei mancato terribilmente. Da otto mesi aspettavo questo momento. Di rivederti, di parlarti, di assaporare le tue labbra. L’occasione è arrivata finalmente”. Il suo viso traspirava di una gioia repressa per troppo tempo.
Marco la fissò per via di quel vestito, che gli appariva magico. L’aveva stregato una seconda volta. Taceva e osservava, non aveva parole per esprimere i pensieri, mentre le labbra rimanevano chiuse. Calmò il tumulto che Laura gli aveva provocato. I sentimenti, che provava, avevano avuto il sopravvento sulla parte razionale. che gli consigliava prudenza e di trovare una scusa per non venire. Si domandò, se non fosse stata una mossa imprudente quella di precipitarsi qui. ‘Troverò la forza di restare fedele alla determinazione che mi vuole lontano da Milano e da lei?’ si disse, mentre era destabilizzato dalla vista di Laura. Era seduto con gli occhi che divoravano la figura adagiata vicino a lui, ammirandola, come se stesse osservando la Primavera del Botticelli.
Laura, intuiti i suoi pensieri, si alzò per mostrare civettuola la sua bellezza.
Marco a quella vista percepì di essere confuso e indeciso tra sentimenti di amore e razionalità della mente. Qualunque decisione avesse preso, sarebbe stata difficile e dolorosa per entrambi. Scacciò per il momento questi pensieri e si concentrò sulla sua figura.
“Sei splendida” le disse, mentre la contemplava. “Lo sei sempre stata. Vieni vicino e raccontami tutto”. Marco rimase in attesa che parlasse, mentre la ragazza si rannicchiò sicura fra le sue braccia protettive.
“Marco“ iniziò Laura, “non so da dove cominciare quanto vorrei dirti. Mi ero preparata ma ora sono confusa e frastornata nel realizzare che sei qui, accanto a me. I pensieri si accavallano senza un ordine preciso”.
Si fermò per riprendere fiato e proseguì con un discorso senza capo né coda, saltando da un argomento all’altro per la concitazione del momento. Distratta dalla vista di Marco, non resisteva dal posare lo sguardo su di lui, sulle sue mani, sul suo viso. Parlava confusamente. “Sono otto mesi che aspettavo questo momento” disse con occhi sognanti. “Non mi sono mai sentita sicura, come in questo istante”. Il tumulto interno stava scemando, lasciando il posto alla calma. “Capisci quello che voglio trasmetterti?”
Marco la baciò con dolcezza, mentre le sue mani accarezzavano i capelli rossi della ragazza. Le labbra di Laura, appena socchiuse, erano ansiose di afferrarne il sapore. Lui percepì il profumo di una donna, che lo inebriava. Non un’essenza artificiale ma qualcosa di vero e genuino. Era il medesimo odore che cinque anni prima aveva fatto scattare la molla dell’innamoramento. Adesso era diverso. Capiva che sarebbe stato difficile rinunciarvi per sempre, perché l’affetto non si era affievolito ma era maturato con la lontananza. Quel bacio aveva fatto venire i brividi a Laura, che si aspettava una risposta, che tardava ad arrivare.
‘Mi vuole trasmettere che mi ama ancora, anche se le ho detto addio?’ pensò incerto Marco, mentre soppesava il pensiero che altrimenti sarebbe uscito prepotente senza freni dalla bocca. Le parole rimasero confinate nelle mente. Percepì confusione dentro di sé, dopo averla ammirata col vestito rosso, che gli ricordò il 20 giugno di cinque anni prima, quando l’aveva vista per la prima volta. La reazione era stata la medesima. Disorientamento e attrazione.
Entrambi, insicuri per l’emozione di essersi rivisti, non avevano la lucidità di pensiero. “Stiamo in silenzio” suggerì Marco. “Plachiamo l’ansia. Facciamo rallentare i battiti dei nostri cuori”.
Si guardarono. Poi Laura si rifugiò sul petto di Marco, mentre l’abbracciava con vigore. I rumori del cuore si dissolsero nell’aria, i respiri si chetarono, mentre il trambusto interno si trasformava in placida quiete.
Laura, sentendosi protetta dalle braccia e dal calore di Marco, si appisolò serenamente. Lui rifletté sui motivi per i quali era a Milano. ‘Non ho avuto il coraggio e la forza di rifiutare con cortesia l’invito’ si disse. ‘Tutto diventa più difficile’. Strinse con forza la ragazza addormentata. ‘Tutto si complica. L’amore si è risvegliato, come un vulcano dormiente, senza che riesca a tenerlo a bada. Quel vestito mi ha fatto impazzire cinque anni fa. La magia si è ripetuta anche oggi’.
L’affetto verso Laura tornava limpido come otto mesi prima ma comprese che per lui un ritorno a Milano era impossibile. Sentiva la città matrigna ed estranea alla sua visione della vita. Non era pensabile che Laura potesse vivere a Ferrara, perché aveva la necessità di vivere le novità istante per istante, di sentire l’adrenalina salire nelle vene, come la frenesia della città. Questi pensieri mettevano ansia a Marco, che comprendeva l’inutilità della venuta a Milano. Si era mostrato debole verso di sé. Non era stato in grado di frapporre un argine robusto al desiderio di rivedere Laura. Aveva compreso che ne era innamorato. Questo gli provocava dolore.
Rifletteva e guardava la ragazza che dormiva fra le sue braccia, percependo che al risveglio sarebbe stato difficile resistere al suo fascino.
Laura aprì gli occhi, sgranandoli, come se fosse stupita di essere lì fra le braccia di Marco. “Ho dormito,” disse soavemente. “Era tempo che non dormivo con tanta serenità. Avevi ragione, quando hai detto che il silenzio avrebbe rimesso a posto le idee”. Si stiracchiò come una gatta dopo essere stata al caldo sul calorifero, sbadigliando.
“Ti preparo un tè e poi parliamo” disse, alzandosi. ”Abbiamo molto da raccontarci. Devo aprire la mia anima, perché solo tu conosci la soluzione del problema”.
Lui annuì, anche se non capiva quale fosse la questione da risolvere.