La suoneria continuò imperterrita. Marco sorpreso e incuriosito sobbalzò per un nome che rappresentava il passato remoto. Si domandò il motivo di quella telefonata ma doveva rispondere per saperlo.
“Sei uscito dal letargo invernale?” disse una voce femminile. Era squillante e allegra, non completamente nota. “Ti va, domani, di fare una pedalata insieme?” Non sentendo risposta, riprese: “Forse non ti ricordi chi sono. Io sono…”.
Marco la interruppe. “Agnese” esclamò felice di aver rotto quel loop di riflessioni, che lo stavano inchiodando da un paio d’ore. “Ti ho riconosciuto subito, anche se sono passati diversi mesi”.
Lui si sentì in colpa che da quel lontano settembre non si era più fatto vivo. Non si era dimenticato di lei. Semplicemente il pensiero di Laura continuava a dominare i suoi pensieri. “Non ti ho cercato, perché non ero sicuro che tu avessi piacere di incontrarmi di nuovo”. Il tono non avrebbe convinto nessuno, perché le parole parevano più di circostanza che una sincera motivazione.
“No, no!” affermò Agnese, che non aveva colto il reale senso delle sue parole. “Sono io che ti devo le scuse. Non ti ho ringraziato per l’aiuto che mi hai dato!” La ragazza passò dal tono allegro iniziale a uno mortificato. “In quei giorni attraversavo un momento difficile. Dovevo riflettere sul senso e sugli obiettivi della mia vita”. La sua voce riacquistò sicurezza e determinazione. “Ora so quello che voglio con precisione. Sto riappropriandomi del mio corpo, del mio spirito e della mia esistenza” affermò decisa. “Domani sei libero?” lo incalzò.
Marco e Agnese si accordarono per il giorno successivo. Si diedero appuntamento nel punto esatto in cui si erano lasciati otto mesi prima, come se volessero riannodare un filo strappato dal tempo e riprendere un discorso interrotto qualche minuto prima.
Laura, posati i fogli della favola sulle gambe, rifletté su Paolo, sul lavoro iniziato da diversi mesi, su Sofia, su Matteo, sulla sua vita in generale.
Era assolutamente convinta di avere fatto la scelta giusta nella professione. Il lavoro era interessante e prometteva soddisfazioni. Si era ben inserita nell’ambiente ed era benvista sia dai colleghi che dal capo. Percepì dopo qualche settimana che lui l’avesse stimata fin dal primo istante. Questa sensazione nasceva dal fatto che le aveva affidato incarichi delicati quasi immediatamente dopo l’assunzione. Si fidava di lei e le aveva assegnato il compito di tenere le relazioni con le linee operative dei prodotti sotto la loro gestione. Poi successivamente cominciò la scrittura dei report settimanali per l’alta Direzione sullo stato di avanzamento della produzione e il raggiungimento degli obiettivi. Ricordò con piacere misto a sorpresa che a fine anno le aveva fatto ottenere un piccolo e simbolico premio in denaro. ‘Eppure avevo solo un paio di mesi di lavoro alle spalle’ si disse. Teneva un profilo basso con tutti i colleghi per non suscitare le loro invidie, mostrandosi cortese e cordiale. Piero, il suo capo, la tempestava di inviti a cena o di offerte per trascorrere con lui qualche fine settimana. ‘Lui aveva una compagna’ rifletteva, ‘ma non passava settimana che non ci provasse. Naturalmente ho sempre rifiutato, adducendo motivazioni ineccepibili. Non era mia intenzione ferirlo’.
Ripensando a quel corteggiamento discreto e insistente, Laura ragionò sulla situazione equivoca che stava vivendo. ‘Non capisco, se lui abbia una compagna o una moglie’ si disse. ‘Tuttavia ho voluto evitare un rapporto privato ingombrante. In particolare diventare la sua amante Privato e professione devono stare nettamente separati, come mi ha sempre consigliato Sofia’.
Si interrogò, se sarebbe riuscita nel suo scopo anche nel futuro. Da un lato non voleva mettere a repentaglio la sua carriera professionale, dall’altro non gradiva diventare l’amante di Piero. Non era questo il suo obiettivo. Era sua intenzione avere una relazione da mostrare alla luce del sole e non nasconderla in alberghi a ore. Scacciò questi pensieri e riprese i fogli per continuare la lettura. Non fece in tempo a posare gli occhi, quando il telefono si illuminò col numero di Paolo.
‘Che vuole?’ pensò irritata e incuriosita. ‘Sono mesi che non ci sentiamo’.
“Ciao” rispose Laura, aprendo la conversazione. “Come stai?”
“Bene” rispose Paolo un po’ impacciato con una banalità. Il tono freddo di Laura aveva smontato i suoi entusiasmi. “Il lavoro mi ha tenuto impegnato più del dovuto” aggiunse come per scusare il lungo silenzio. “Così ho trascurato i rapporti interpersonali”.
“Oh, mi dispiace” disse la ragazza mentendo. Non nutriva alcun rincrescimento su questo punto. “Ecco il motivo per il quale non ti ho più sentito” proseguì con voce neutra. Laura non era affatto dispiaciuta, se lui non si era fatto vivo per mesi. Infatti dover combattere su due fronti, quello di Piero e quello di Paolo, l’avrebbe stressata e distolta dagli impegni di lavoro. Inventare bugie plausibili per sfuggire alle loro avance non sarebbe stato semplice.
“Ora riesco respirare un po’ e posso dedicarmi alla mia persona” affermò Paolo sollevato, ignorando la sensazione di distacco della ragazza. “Hai degli impegni per i prossimi giorni?”
Laura trattenne il respiro e contò fino a dieci prima di rispondere. ‘Dove vuole parare?’ pensò irritata. ‘Si fa vivo dopo mesi e lancia un’esca, sperando che abbocchi’.
Non sentendo risposta, Paolo riprese a parlare. “Mi farebbe piacere la tua presenza in una cena dopodomani”.
Laura stava per replicare duramente, quando si impose di restare calma. Voleva comprendere, dove voleva arrivare.
“Fammi pensare“ disse, “oggi è lunedì, quindi sarebbe per mercoledì. Dico bene?”.
“Si” fu la laconica risposta di Paolo.
Questa la irritò maggiormente ma volle stare al gioco. “Direi che la serata sarebbe libera” fece con tono neutro, “non ricordo impegni particolari”. Laura di sera non amava avere vincoli mondani, Quella non faceva eccezione.
“Bene” disse Paolo. “Allora posso contare su di te?”
“Ma che cena sarebbe?” domandò la ragazza, decisa ad approfondire l’argomento. Era stato troppo evasivo per rispondere o con sì o con no. Lei non amava richieste generiche, alle quale fosse obbligata a rispondere sempre positivamente. In più dopo la rottura con Marco preferiva una vita defilata senza impegni con l’unica eccezione rappresentata da Sofia.
Non sentendo risposta ma un borbottio indistinto, lo incalzò con una nuova domanda. “A cena? Dove e con chi?”
Paolo capì che non aveva abboccato al suo invito, né che non si sarebbe lasciata incantare tanto facilmente. Lui aveva gettato l’esca ma Laura aveva finto di abboccare. L’aveva sottovalutata, perché già nei precedenti incontri aveva saputo districarsi con molta perizia. Doveva cambiare strategia per presentare la proposta in modo interessante e seducente. Era consapevole che sarebbe stata adesso più guardinga nell’ascoltare le sue parole.
“Sei diventato muto?” lo sollecitò, decisa a metterlo nell’angolo. “Oppure speravi che dicessi un sì senza troppe domande?”
“No, no!” si affrettò a dire Paolo. “Nessun tentativo di manipolarti”. Poi aggiunse qualcosa che peggiorò la situazione “Hai ragione, sono stato troppo generico. Però…”.
“Però cosa?” replicò Laura con una tono poco amichevole. Doveva chiudere quella telefonata inutile e ambigua.
“Sono diversi mesi che non si sentiamo” riprese a parlare Paolo, che cercava di uscire dal vicolo cieco in cui s’era ficcato. “Mi è sembrato indelicato chiederti brutalmente di uscire con me”.
Laura comprese che Paolo stava girando intorno al vero nocciolo della telefonata, senza spiegare il reale motivo dell’invito. Giudicò che era giunto il momento di interrompere la conversazione. ‘Non mi pare che sia una persona timida’ rifletté velocemente.
“Ho capito” disse la ragazza. “Sarà per un’altra occasione. Ciao”.
Se da un lato la telefonata le aveva fatto piacere, da un altro punto di vista si sentiva presa in giro. In sei mesi, dopo il fine settimana a Cernobbio, era sparito. Né un tentativo di chiamarla, né l’invio di un messaggio. Nemmeno in occasione delle feste di Natale. A lei pareva che fosse scomparso. Eppure aveva dato chiari segni di interessamento. Ammise con sincerità che il suo atteggiamento era stato freddo e distaccato. Era Paolo che doveva corteggiarla e non viceversa. ‘Non ha fatto nulla?’ rifletté Laura che meditava sulle motivazioni del suo silenzio, durato troppo. ‘Allora vuol dire che non ero poi tanto importante per te. Telefoni per un invito a cena e non dici né dove, né per quale motivo? Per chi mi ha preso?’
Quella telefonata aveva rotto l’incanto della giornata fatta di ricordi, riflessioni, scoperte e coincidenze causali, come se il destino si fosse divertito a prendersi gioco di lei.
Aveva preso un paio di giorni di ferie perché aveva intenzione di fare alcuni acquisti, che erano stati rimandati da molti mesi. C’era anche un altro motivo: voleva godere la solitudine della casa, perché i genitori erano lontani chilometri in vacanza. Loro, da quando si era iscritta all’università, avevano allentato la morsa. Avevano smesso di trattarla come una bambina e le avevano lasciato più libertà di prima. Il dialogo con loro era rimasto inalterato: carente e privo di quella complicità e confidenza, che sarebbe stato necessario. Non avevano opposto obiezioni, quando decideva di rimanere fuori casa alla notte. Sapevano che frequentava Marco, che avevano giudicato un bravo ragazzo con la testa sulle spalle.
Il silenzio e la solitudine le facevano sentire la necessità di uscire da questa casa, confortevole e sicura, che non percepiva più come sua.
“Sofia“ disse ad alta voce, perché nessuno poteva sentirla, “si è resa indipendente non appena ha trovato un’occupazione stabile. Credo che sia giunto il momento anche per me di fare altrettanto”.
Rifletteva che doveva compiere il gran passo senza urtare la sensibilità dei genitori, che avrebbero potuto aiutarla nella scelta.
Da diverse settimane non sentiva Sofia, che, coinvolta da Matteo, non aveva più tempo di parlare o confidarsi con lei. Guardò l’ora: era il momento della pausa pranzo. Probabilmente era disponibile a rispondere al suo messaggio. ‘Sofia, sento la necessità di parlarti. Che ne diresti stasera a casa mia? Laura’.
Riprese i fogli in mano. Pensò come una ragazzina di sedici anni avesse potuto scrivere una fiaba di quel genere e da quale fonte avesse tratto l’ispirazione sul fantasma Aloisa della quale ignorava tutto fino alla gita di Grazzano Visconti.
‘Su un libro di scuola?’ si disse, scuotendo il capo. ‘No! Forse sul Corriere per pubblicizzare la giostra del Biscione. Certo è stata una casualità incredibile’.
Provò a leggere qualche altra riga della fiaba. Un altro pensiero la infastidì. La sessualità inespressa, che galleggiava dentro di lei come un vascello fantasma. Ogni volta che provava a esplorarne i motivi, lo ricacciava dentro. Era un ospite indesiderato da tenere fuori dalla porta. ‘Sì’ rifletté con amarezza e sincerità, ‘è un ospite indesiderato’.
Era il rapporto col suo corpo che non funzionava e non riusciva a donarlo al compagno per condividere con lui il piacere.
‘Ho venticinque anni o meglio tra non molto sono ventisei’ sospirò, ‘ma ho avuto solo due relazioni: quella con Roberto e con Marco”.
Erano poche? Erano molte? Non riusciva capirlo. Di sicuro le riteneva insufficienti per comprendere se stessa e gli uomini. Dentro di sé avvertiva freddezza, senza essere in grado di manifestare i sentimenti che provava. Si domandò le motivazioni di questo atteggiamento. Se non era capace di capire e di superare questa barriera artificiosa, che aveva creato, non sarebbe in grado di amare un uomo. Credeva di essere innamorata di Marco. ‘Era amore autentico?’ si chiese scettica.
Il trillo speciale del telefono annunciò l’arrivo di due messaggi. Uno era di Sofia ‘Ok. A che ora?’, l’altro di Paolo ‘Scusami, sono stato arrogante’.
Una lacrima scese sul suo viso, bagnando il display.
Adesso tutto le appariva più chiaro. Quale strada affrontare e come. Comprese che doveva parlare con qualcuno. Con Marco, del quale doveva sentire la voce, ascoltare le parole, avvalersi del buon senso che trasmetteva. Era con lui che si poteva confidare senza problemi. Era con lui che doveva condividere il segreto sulla sua sessualità per sentire il suo parere e seguire i suoi consigli.
Aveva aspettato troppo a fare questo passo. Era tempo che componesse il suo numero.