Laura si stava riscuotendo dalle fantasie in cui quel racconto adolescenziale l’aveva gettata tra ricordi passati e quelli recenti con le ferite che minacciavano di riaprirsi dolorosamente. Si stiracchiò come una gatta annoiata e intorpidita dalla posizione scomoda. Cercò con lo sguardo qualcosa di più confortevole per continuare la lettura.
Da un angolo prese una vecchia sedia di legno impagliata, la portò vicina al cassettone aperto, dove facevano capolino altri pezzi della sua gioventù. Le vecchie Barbie, il sacchetto dei Puffi azzurri un po’ sbiaditi, una casa delle bambole scrostata dal tempo e altri oggetti gettati alla rinfusa.
Si sistemò comoda a continuare la lettura di quello scritto, che aveva sette od otto o nove anni. ‘Che importanza ha’ pensò ‘di conoscere quanto è vecchio!’
Era curiosa di leggere quello che scriveva quando aveva grandiose di idee come scrittrice di successo.
“….la prese e continuò a saltellare per il sentiero. Vide un cartello appeso al ramo più alto e prese l’ascensore per la cima sulle spalle di una farfalla gialla. ‘Ultimo piano, prego’ disse lo scoiattolo alla farfalla e volò su dinnanzi al cartello, che lesse ad alta voce.
Noi Signore di Milano e Conte di Virtù, Vicario Generale Imperiale, volendo compiacere per speciale grazia i nostri egregi e diletti Signori Giovanni Anguissola e Beatrice Visconti sua consorte, concediamo che nella loro proprietà di Grazzano, nel nostro distretto di Piacenza, possano far costruire liberamente e impunemente una fortificazione quale loro aggradi, nonostante alcuni decreti o nostri ordini emessi in contrario.
I mandanti osservino e facciano inviolabilmente osservare questo nostro scritto. In testimonianza della qualcosa abbiamo disposto che la presente sia compilata registrata e convalidata con il nostro sigillo.
Pavia, 18 febbraio 1395
‘Oh, perbacco – esclamò lo scoiattolo – dove sto andando? Questo cartello è interessante’. Chiese alla farfalla dai colori sgargianti un passaggio fino al sentiero. Leggera e svolazzante depose lo scoiattolo sulla strada. Lui non sapeva decidersi se a destra o sinistra. ‘Non fa niente’ pensò lo scoiattolo ‘tutte le strade portano a Roma’ e infilò quello di sinistra.
Ormai aveva scordato tutti i progetti della giornata ma lui viveva alla giornata. Squittendo e saltellando da un ramo all’altro se ne andò allegro, sperando di non trovare altre deviazioni, ma il rumore di acqua lo distrasse e deviò di nuovo dal cammino.
Vide un bel torrentello dalle acque limpide e fresche. Pensò che sarebbe stato una buona idea se avesse fatto un bel bagno.
Così si scordò del cartello appena letto e fece un tuffo da una piccola sporgenza nell’acqua gorgogliante.
Che meraviglia! Che bellezza fare un bagno in un torrente. Tre piroette in avanti, quattro salti all’indietro, un tuffo sbilenco di traverso e lo scoiattolo si divertiva come mai si era divertito prima. Scosse l’acqua dalla coda, si stropicciò gli occhi e vide uno spicchio di sole sul prato. Stanco e un po’ infreddolito si distese nell’unico punto, dove i raggi penetravano il bosco per asciugare la pelliccia. Aveva fame ma si era dimenticato di portare con sé noccioline e ghiande. Allora riprese il cammino verso… Se era dimenticato verso dove e quindi prese la prima deviazione, come al solito, e vide un altro cartello. Si avvicinò incuriosito, ma non distingueva bene le lettere. C’era una figura appesa al cartello.
Sembrava una donna ma non poteva essere una donna. Pazienza, avrebbe letto il prossimo, se ce ne era un altro. Alla deviazione successiva si fermò, era stanco di camminare e aveva fame. ‘Come risolvere il problema?’ si domandò un po’ immusonito lo scoiattolo ‘Non vedo cibo adatto. Proviamo a prendere la deviazione, chissà se mi porta da qualche parte’.
Arrivato a un muro alto cinquanta passi o forse meno, non era un ostacolo per lo scoiattolo perché sarebbe saltato in groppa a un’ape, che non gli avrebbe di certo rifiutato un passaggio. Così fece e si trovò traghettato di là. E vide la statua, alla cui base stava scritto, stavolta in chiaro
Non v’è Castello senza fantasma: quello di Grazzano è di sesso femminile.
Allora lo scoiattolo pensò ‘Sono in un castello! Lì troverò certamente qualcosa da mangiare’..”
Laura interruppe la lettura dei fogli ingialliti. “Sembrano segni del destino” disse sorridente. “Prima la vecchia foto di gruppo col vestito rosso e Marco, poi il manoscritto con la storia di Aloisa, il simpatico fantasma di Grazzano Visconti. Il prossimo cosa sarà?”
La mente tornò all’ultima domenica di maggio dell’anno precedente, quando lei e Marco decisero di andare a Grazzano Visconti. Era un paesino di 180 anime, arrampicato in val Nure sopra Piacenza, ricostruito in stile medioevale. Volevano interrompere la monotonia delle giornate tutte uguali per l’impegno della scrittura della tesi. Il Castello e il Parco erano finalmente visitabili. In quei giorni si poteva assistere alle giostre, al corteo storico e ad altre manifestazioni. Non aveva mai assistito a spettacoli del genere, mentre Marco, quando poteva, non ne mancava uno. Per lui non era una novità ma semplicemente aggiungeva un nuovo borgo con relative manifestazioni alle sue conoscenze. Nel depliant della Pro Loco, allegato ai fogli, c’era la curiosa storia di un fantasma che recitava così.
Il fantasma
Risponde al nome di Aloisa. Piccoletta, ben in carne, le braccia al sen conserte, dal suo basamento sito vicino alla piazza del Biscione occhieggia oggi verso i turisti. Le sembianze della statua che la raffigura sono fedeli al ritratto che fece di sé, guidando la mano di un medium nel corso di una seduta spiritica.
Narrò naturalmente la propria storia, che gli abitanti del borgo si tramandano:Sposa ad un Capitano di Milizia, perì di gelosia in seguito al tradimento del marito, e da allora vaga per il Castello e il parco:
“Io sono Aloisa e porto Amore e profumo alle Belle che donano il loro sorriso a Grazzano Visconti”
Di notte – così dice la storia che viene tramandata di padre in figlio – si rifugia tra la mura del castello e si comporta in maniera assai manesca, tirando i piedi e schiaffeggiando gli ospiti, a meno che questi le facciano dei doni, appendendo alla statua, posta in una stanza, collane e monili, che ne appaghino la vanità di spettro femminile.
Ecco dunque che la statua della Aloisa castellana sfoggia, con fare civettuolo i doni dei previdenti ospiti che – credere o non credere – hanno comunque preferito ingraziarsi lo spettro.
La storia della Aloisa, è stata al centro di una Mostra allestita al teatro del castello dedicata alle testimonianze e alle tradizioni del Borgo. Tra i giornali che si occuparono della manifestazione, la Stampa di Torino, il cui testo fu ripreso da una agenzia inglese e diffuso su diversi giornali. Successivamente il Sunday Express – quattro milioni di copie – ha incaricato il corrispondente in Italia di un servizio in chiave parapsicologica. Assistito da esperti del settore, il giornalista ha sottoposo le statue a diversi esami e alla famosa prova del “pendolino” alla fine il responso: “L’Aloisa risulta sorprendentemente viva. Si tratta di una donna che amò e sofferse molto”.
Molti altri sono i sorprendenti incontri con l’Aloisa.
Tra i più recenti quelli occorsi, in tempi diversi, ad un reporter di una stazione televisiva e al corrispondente di un quotidiano locale. Entrambi affrontarono l’argomento con manifesta incredulità.
Il primo riuscì a fotografare l’effige della statua solo dopo aver fatto opera di conversione – nel frattempo aveva però inceppato la fotocamera e avuto ripetuti guai con il lampeggiatore.
Il secondo raccoglieva, servendosi di un registratore, impressioni sullo spettro; alla fine delle interviste sulla pista magnetica risultarono le sole voci favorevoli alla Aloisa.
In questi ultimi anni l’Aloisa è assurta agli onori della cronaca anche come protettrice degli innamorati, una specie di San Valentino in gonnella.
Messaggi riconoscenti e omaggi floreali giungono infatti con frequenza all’effigie di Aloisa, da diverse parti d’Italia
Laura ricordò di aver lasciato una traccia del suo passaggio a Grazzano: un piccolo braccialetto di stoffa con inciso il suo nome. Marco l’aveva guardata corrucciato, perché riteneva la questione una superstizione del passato. Non aveva detto nulla.
La giornata era splendida, il posto era incantevole con quell’immenso parco pieno di alberi, di siepi e fiori, dove uno rischiava di perdersi nel labirinto verde. L’atmosfera del villaggio riportava le persone indietro nel passato, come una prodigiosa macchina del tempo. In un clima rilassato avevano trascorso la giornata. Era stato un toccasana, perché rompeva la tensione della preparazione della tesi. La macchina digitale, che Marco le aveva regalato per il compleanno, fece molte fotografie.
Si riscosse dai ricordi di quel giorno. ‘Quelle fotografie dove le ho messe?’ si chiese. ‘Rammento di averle stampate col computer. Le avrà Marco di certo. Lui amava osservarle sulla carta. Chissà se le ha conservate”.
Di quella giornata aveva conservato pochi ricordi, annacquati e sfumati. Non si pose il problema di ricordare le esatte sequenze della gita, perché gli eventi spiacevoli erano stati rimossi dalla memoria.