Non passava giorno – cap. 9

Foto personale
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Marco, alzatosi presto dopo la nottata agitata da sogni e rimpianti, aveva deciso di cancellare ogni traccia di Laura sia fisica sia virtuale dalla sua vita. ‘Quando?’ si era chiesto. La risposta non arrivava. Allora puntò a una passeggiata distensiva, mentre la giornata stava muovendo i primi passi.

‘Devo uscire all’aria aperta’ si disse vestendosi. ‘Devo scaricare lo stress, che non mi dà tregua’. Doveva ritrovare quell’equilibrio che si era frantumato attraverso i dubbi, le riflessioni e il rammarico su quella rottura inspiegabile a tutti’. Rischiava di bruciare a fuoco lento.

Guardò fuori dalla finestra. La giornata di inizio settembre, né fredda né afosa, sembrava l’ideale proscenio per una bella pedalata. Amava pedalare sulle strade di campagna. Per lui era un ritorno al passato. La Colnago da passeggio era parcheggiata nel garage di casa. Immaginò che fosse ricoperta da uno bello strato di polvere, perché ben raramente negli ultimi cinque aveva avuto l’opportunità di usarla. Quando veniva a Ferrara, non troppo spesso in verità, doveva ragguagliare i genitori sull’andamento degli studi, sulla relazione con Laura. E non solo quello. Quindi gli rimanevano pochi spiccioli di tempo libero per uscire in bicicletta.

Quando scese nel box, lui non era nella classica tenuta da ciclista. Aveva comode scarpe da ginnastica, pantaloncini corti e una maglietta leggera. Sotto il sellino in una piccola borsa c’era un tubolare di scorta per eventuali forature, sempre in agguato, e alcuni attrezzi di prima emergenza. Sotto la canna della bicicletta stava un contenitore non troppo ingombrante, che conteneva alcuni indumenti, un impermeabile e il telefonino.

Sotto il telo di plastica trasparente stava sonnacchiosa la bicicletta in attesa che Marco la facesse uscire dal letargo. Era tutt’altro che dozzinale, perché aveva un ottimo telaio con accessori di prima qualità. Il padre la teneva in ordine, oliata e pulita, perché fosse sempre pronta per lui.

Tolse il telo, saggiò le gomme che erano gonfie al punto giusto. ‘Papà, sei una persona eccezionale!’ si disse soddisfatto, mentre usciva sulla strada. Dopo le prime pedalate incerte, prese un buon ritmo. La brezza fresca del mattino gli accarezzava il viso, mentre usciva dalla città. Si sentì subito bene, dimenticando Laura, il sogno, i sensi di colpa. Era tornato adolescente, quando per scaricare le delusioni amorose e lo stress della scuola prendeva la bicicletta per un lungo giro su strade poco trafficate. Aveva avuto sempre il potere di fargli dimenticare le preoccupazioni.

Dopo pochi chilometri dalla mura cittadine svoltò a destra, imboccando una strada asfaltata stretta, che costeggiava una campagna curata. Il percorso si snodava tra filari di alberi e di siepi. Salvo le immancabile macchine agricole e qualche rara automobile, che strombazzava per far sentire la loro voce, era l’ideale per pedalare senza troppe ansie o timori.

La campagna riposava in attesa della semina autunnale con qualche campo già arato di fresco. Scoli secchi e canali d’irrigazione, pieni d’acqua verdastra stagnante, facevano da contorno. La vista era rilassante e l’occhio di Marco spaziava libero. Osservava i primi gabbiani e aironi cinerini, le iniziali avanguardie di uccelli acquatici, che si sarebbe installati tra zolle umide, pronte a raccogliere le sementi del frumento.

Percepiva di essere disteso, mentre assaporava delle sensazioni che credeva di avere smarrito. Pedalava di buona lena, quando gli parve di scorgere tra le basse siepi divisorie una figura, seduta sul ciglio erboso. Era ancora distante, un paio di curve più avanti. ‘Forse si sta riposando’ pensò Marco. ‘Oppure ha necessità di aiuto”.

Un paio di pedalate vigorose e qualche curva pennellata l’avvicinò a quella figura, un ciclista, che aveva le sembianze di una ragazza dal volto imbronciato e appoggiato sul palmo delle mani. Al suo occhio esperto non sfuggì che era in attesa del passaggio di qualcuno per farsi aiutare.

Fermatosi a un metro da lei, le rivolse la parole. “Salve, ha necessità di aiuto oppure si sta riposando?” le chiese con gentilezza.

La ragazza alzò lo sguardo per nulla amichevole. Lo squadrò dai piedi alla testa. “Mi serve aiuto” gli rispose secca con la voce acida per la rabbia repressa.

In che modo le posso essere utile?” disse Marco, ignorando il suo tono secco.

Ho forato. Non ho con me il materiale per eseguire la riparazione” affermò, addolcendo la voce. “Nemmeno il telefono mi è stato d’aiuto, perché è ammutolito dopo il primo squillo”.

Marco osservò il pneumatico floscio, sistemandosi accanto a lei. “Avrei un tubolare di scorta” fece con tono cortese, fingendo di non aver udito quel tono insofferente e arrabbiato. “Purtroppo non è adatto alla sua bicicletta. Posso prestarle il telefono, se l’offerta l’interessa”.

La ragazza lo guardò stizzita, quando Marco riprese a parlare senza attendere risposta. “Oh! Sono davvero desolato. Non mi sono presentato” esclamò. “ Marco e possiamo darci del tu”.

La ragazza superò il momento di rabbia e di stizza che l’aveva colta. “Agnese” rispose con tono addolcito. “Grazie per l’aiuto e l’offerta”.

Si sentì in obbligo di mostrarsi cortese, perché, se Marco non fosse passato per quella strada, lei non avrebbe saputo come uscire da quella situazione. Non si vedevano case nelle vicinanze. Solo qualche indistinta forma in lontananza. Inoltre non era pratica della zona, perché era la prima volta che si avventurava da queste parti. Rischiava di vagare alla ricerca di aiuto.

Eseguito il cambio di sim, armeggiò a lungo con il telefono senza risultati apprezzabili, salvo alcune imprecazioni poco consone a una ragazza. Nessuno aveva risposto alle sue chiamate.

Sono desolata,“ disse Agnese sconsolata, “ma non trovo nessuno”.

Si diede della sciocca perché aveva lasciato a casa il tubolare di scorta. “L’esperienza mi sarà utile per la prossima volta” concluse.

Il paese più vicino non dista più di tre o quattro chilometri”. Le spiegò che c’era un vecchio artigiano, che riparava le biciclette, o almeno c’era fino a un anno. Marco le propose di salire sulla canna della sua bicicletta e aggiunse che con una mano potevano portare la sua incidentata.

Non sarà comodissimo. Ma possiamo farcela” concluse, sorridendo.

Agnese, rassegnata, allargò le braccia e si sistemò sulla Colnago di Marco, mentre si avviarono lentamente verso il paese. Rischiarono più di una volta di cadere. L’allegria per l’insolita avventura, che rompeva la monotonia della pedalata in solitario, li aveva contagiati come una malattia infettiva.

Arrivati, trovarono fortunatamente l’officina aperta.

Buongiorno,“ disse Marco, “questa mia compagna di viaggio ha forato, ma non abbiamo niente per ripararla. Lei potrebbe farlo?”

Certamente,“ rispose l’anziano artigiano, “ci sarà un po’ da pazientare”. Nell’attesa li fece accomodare all’ombra di una quercia nella corte. Intuendo che avessero sete fece portare loro qualcosa di fresco. Marco e Agnese si sistemarono su due sedie da bar un po’ sgangherate attorno a un tavolo rotondo di ferro con diverse traccia di ruggine. Una signora dai capelli candidi arrivò poco dopo con una bottiglia di acqua fresca, una birra e due bicchieri.

La ragazza aveva il viso cotto dal sole, come gambe e avambracci, che indicava con chiarezza che era una ciclista. La pelle candida, che faceva capolino dalla maglia intrisa di sudore, contrastava col colore di quella accanto. Aveva una corporatura minuta e ben proporzionata con muscolatura tonica, non troppo appariscente. Un caschetto di capelli scuri incorniciavano il viso dove spiccavano due bellissimi occhi blu, molto vivaci. Il seno sotto la tuta era sodo e non troppo pronunciato, come se fosse un’adolescente. Nel complesso era piacevole da vedersi, perché le forme erano proporzionate e armoniche.

Marco parlò di sé, mentre sorseggiava la birra. “Sono laureato di fresco in ingegneria gestionale” disse. “Al momento sto valutando le offerte ricevute”. Aggiunse che desiderava trovare qualcosa in zona, perché amava troppo Ferrara per lasciarla. “Ho venticinque anni. Tu cosa fai?”.

Agnese, dopo alcuni istanti di silenzio, rispose che era laureata in economia e commercio e lavorava da un paio d’anni nell’area amministrativa del centro commerciale Le Valli. La sua grande passione era la bicicletta, che inforcava ogni volta che gli impegni le lasciavano un po’ di tempo libero.

Oggi è una giornata di ferie non troppo felice per il momento” affermò, facendo un lungo sospiro. “A parte il tuo arrivo provvidenziale”. Ironicamente auto commiserandosi, aggiunse che era vecchia, perché aveva quasi ventinove anni e sarebbe rimasta zitella. Scoppiò in una gran risata. “Chi vuoi che mi prenda?” esclamò, ridendo. “Amo solo la bicicletta! Se potessi andrei a letto con lei”.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, come se avessero esaurito le parole per conversare. Agnese osservò Marco attentamente. ‘Mi sembra una persona tranquilla con le idee chiare in testa ma poco pratiche’ rifletté. “Cosa pensi di trovare in zona per sfruttare la tua laurea?” disse per dare corpo alle sue perplessità. “Non mi sembra che ci siano molte possibilità!”

Marco sorrise. “Qualcosa troverò, basta avere pazienza”.

Continuarono a parlare di ciclismo, di libri e di hobby come vecchi amici, mentre si dissetavano senza accorgersi che il sole era alto nel cielo. Il vecchio arrivò con la bicicletta di Agnese, scusandosi di averli fatti attendere più del tempo preventivato.

Ecco la vostra bicicletta, signorina” disse.

Quanto le devo per la riparazione?” gli chiese la ragazza.

Nulla. Ho messo una pezza, che le permetterà di arrivare a casa. Non avevo un tubolare adatto per sostituirlo” rispose.

Nulla?” fece Agnese con tono sconcertato e sorpreso. “Avete lavorato, ci avete offerto da bere e non volete nulla?”

Dal portafoglio nel marsupio tolse venti euro, che cacciò nella tasca del vecchio. “Non so come ringraziarvi perché ero in un bel guaio” gli disse. “Voi mi consentite di tornare a casa!”.

I due ragazzi, dopo aver salutato e ringraziato quella coppia di anziani gentili e simpatici, salirono sulle rispettive biciclette per tornare in città.

Erano ormai prossimi a Ferrara, quando Agnese disse: “Grazie, Marco. Sono stata molto felice d’averti incontrato e senza il tuo opportuno aiuto sarei ancora là sul ciglio della strada a meditare sui miei peccati. Prima di salutarci, possiamo scambiarci i nostri numeri di telefono?”

Eseguito lo scambio, immaginando un improbabile nuovo incontro, Marco salutò Agnese, che prese la prima strada sulla destra.

Ritornato a casa, dimenticò l’episodio e non ci pensò più per molti mesi.

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