Sofia e Laura a Milano si sistemarono nel letto matrimoniale, per parlare di Matteo, delle loro paure e delle loro aspettative, di Marco prima di addormentarsi. La serata era andata in modo diverso da come l’avevano programmata. Ricca di avvenimenti inattesi e per certi versi movimentata.
Sofia era eccitata per avere conosciuto Matteo. Continuava a raccontare quello che si erano detti nella serata. Pareva caricata a molla. Era difficile per l’amica interromperla.
Laura era invece nervosa e depressa. Aveva compreso che Paolo l’avrebbe corteggiata, se lei gli avesse offerto l’opportunità.
Marco a Ferrara stentava ad addormentarsi per il tumulto interiore dopo il suo ritorno da Milano. Si girava nel letto e non riusciva a chiudere gli occhi. I pensieri erano per Laura. Non riusciva a dimenticarla. Era sempre presente nella sua mente. Lei lo guardava coi suoi occhi verdi per rimproverargli la rottura.
La notte finalmente calò nera su tutti, mettendo fine alla giornata, che pareva non finire mai. La stanchezza aveva vinto la battaglia del sonno.
Laura era con Marco. Stavano seduti nel parco dell’università sull’erba tappezzata di margherite bianche, stringendosi le mani. Lei con passione gli parlava dell’amore che provava. Si sentiva forte e senza timori, perché Marco le era vicino. Era felice come mai lo era stata in passato. “Ho passato un momento di incertezza e angoscia per la tua lontananza” gli disse. Le brillavano gli occhi per la presenza inaspettata del suo amore.
“Ieri ti ho pensato con un’intensità tale che mi è sembrato che la testa esplodesse. Per magia sei qui con me” fece Laura, guardandosi intorno. “C’è troppa gente. Mi sento osservata, spogliata nel corpo, frugata nell’anima. Voglio stare sola con te”.
Marco raccolse una margherita, che mise tra le ciocche ramate dei capelli, che brillavano sotto il sole. “Vieni, andiamocene” le sussurrò nell’orecchio, mentre l’aiutava ad alzarsi.
Laura aspettava con impazienza che Marco la prendesse tra le braccia per sentirsi stretta forte a lui. Arrivati a casa, si abbracciarono e si baciarono con un’intensità che non ricordava.
“Amore,“ gli disse “amore prendimi: sono tua. Dono me stessa a te, affinché i nostri sensi siano appagati”.
Si spogliarono in fretta ansiosi di accontentare il loro desiderio.
Sofia, agitata e appassionata, come una ragazzina al primo amore, smaniava con Matteo. Si trovavano in un giardino sconosciuto, immenso e solitario, con grandi alberi frondosi ed enormi aiuole piene di fiori. Il posto era indefinito, forse una miscela di tante località assortite insieme.
Camminavano lungo un viale, contornato da cespugli di rose canine bianche lievemente rosate. Sembrava che parlassero ma non si udiva nulla.
Sofia lo guardava in estasi, avrebbe voluto dire molte parole. Dalla bocca non usciva alcun suono a rompere il silenzio del posto incantato.
Matteo la conduceva sicuro e deciso all’interno del giardino verso un gazebo rotondo sotto la quale stava una panchina di legno di rovere. Un arco adorno di rose rampicanti e di gelsomino rustico lasciava libero l’ingresso: sembrava un’alcova nascosta, pronta ad accoglierli. Tenendole la mano con dolcezza, la condusse all’interno, che era illuminato da una spira di sole.
Sofia si strinse a lui a cercare protezione, perché soffriva nei luoghi chiusi. Rimasero a lungo sulla panchina strettamente abbracciati, mentre si scambiavano degli intensi baci. Sentiva le mani di Matteo che l’accarezzavano con dolcezza infinita. Le dita leggere esploravano il suo corpo, mentre lei appoggiava le sue sul petto di lui. Sentiva il desiderio crescere, salire dalla mente, esplodere dentro di sé.
Marco era con Laura in un luogo indistinto e sconosciuto. Era agitato e nervoso, mentre scorreva immagini, composte di frammenti e di ricordi, che si alternavano in un turbine vorticoso.
“Laura, ho bisogno di sentire la tua voce, il calore delle tue parole” borbottava incerto, come se fosse stata lei ad abbandonarlo.
Per incanto si trovò in un posto sfumato nei contorni e ignoto ai suoi occhi, sembrava uscito dal libro delle favole tanto era affascinante e seducente. Era una città come Milano a misura d’uomo. Strade ampie si aprivano davanti a lui. Le persone camminavamo a piedi o in bicicletta senza fretta e con il sorriso sulle labbra senza nessun timore, perché le auto erano state bandite Qui tutti si conoscevano e si rispettavano. Ebbe un senso di smarrimento. Incredulo e perplesso si chiese, dove fosse. In lontananza una donna dai capelli rossi avanzava e spariva tra raggi di sole e ombre trasparenti, ‘Chi sei?’ si domandò. ‘Laura non abita in questa città misteriosa e straniera’.
Grandi ontani fiancheggiavano la strada. Una siepe di photinia dalle belle foglie verdi e rosse separava la sede stradale dal marciapiede. A destra e a sinistra giardini e abitazioni di modeste dimensioni guardavano Marco, che camminava verso quella donna misteriosa.
‘Si, è lei, Laura! La donna che sogno tutte le notti’ si disse Marco sorridendo. ‘L’ho abbandonata piangente su una panchina qualche giorno fa’. La ragazza appariva radiosa, bella come mai l’aveva vista prima.
“Laura, “ sussurrò Marco “Laura sei tornata! Ti sto aspettando”.
Aspettava un suono, che non arrivava. Voleva cogliere un suo segno, mentre il silenzio, che rimbombava nella sua mente, lo tormentava.
“Ora ti vedo, ti sento, ti tocco” le disse deciso e sincero “dammi la mano ed entriamo nel giardino d’inverno”.
La strinse con dolcezza e la condusse nel giardino d’inverno. Era un posto fatato, ammantato di pulviscolo bianco. Una panchina appena imbiancata di polvere, che sembrava neve, li aspettava, impaziente di ascoltare i loro segreti. Una brezza fresca tolse il bianco candore, lasciando nudo il legno di rovere. Questo era il posto magico, dove si rifugiavano gli innamorati in cerca di pace e silenzio.
“Laura, “ bisbigliava Marco all’amata, “dove sei stata?”.
La guardò con gli occhi dell’innamorato. Tuttavia lei continuava a tacere.
“Ti ho attesa” le disse “ho aspettato dal giorno nel quale ti ho lasciato sotto il cedro del Libano. Non sei venuta, perché sei irritata con me?”
“Marco,“ rispose con un sussurro Laura, “sei tu che devi chiarirmi perché mi hai abbandonata. Sei tu, che dovevi chiamarmi e dirmi ‘Amore, perdonami! Ritorno da te.‘. Io ti avrei perdonato”.
Il sogno svanì. Marco a fatica aprì gli occhi. Sapeva di avere sbagliato.
“Non trovo la forza di telefonarti per dire ‘Amore, perdonami!‘”.
Non poteva farlo, perché la sua esistenza era qui per sempre.
“Amore, perdonami!”
Sofia e Laura si svegliarono con un sussulto con le mani e la bocca che cercavano gli amanti.
“Laura, “ disse ridendo Sofia, “perché mi stai baciando? Io non sono Marco!”
“E tu, “ rispose lei assorta e insonnolita, “ mi hai scambiata per Matteo! Mi hai sfiorati seni e sesso!”
“Oh, no. Facevo questo? Perdonami. Stavo sognando Matteo. Eravamo in un posto incantato e mi sono lasciata trasportare” replicò Sofia non troppo imbarazzata.
“Anch’io ho reso troppo realistico il mio sogno e ti ho scambiata per Marco” aggiunse Laura con le guance imporporate dalla vergogna.
Risero a lungo e si lasciarono cullare nuovamente dal sonno.
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