Una storia così anonima – parte quindicesima

dal web
dal web

Bosco della Borgogna, Chalon, 7 novembre 1307, ora seconda della vigilie, anno secondo di Clemente V

Pietro è scortato da quattro cavalieri, che tengono alte le torce accese per illuminare il sentiero. Sono dal vespro che cavalcano senza sosta e senza dire una parola, solo il rumore degli zoccoli sul terreno gelato. Avverte stanchezza e dolori ovunque ma non si lamenta: è dal primo albore che sta in sella. Quando percepisce che il cavallo sta faticando troppo ad avanzare, si rivolge a quello, che ha giudicato il capo della spedizione. Gli sta alle spalle a chiudere il corteo.

“Ho solo questo bardo. Se si accascia morto, non giungeremo a Paris. Io mi fermo a farlo riposare. Voi fate quello che volete” dice Pietro con tono fermo, mentre tira le redini del cavallo per arrestare la sua corsa.

Hugues non proferisce parola ma con la mano indica chiaramente che ha ascoltato le parole del frate. Il gruppo si raccoglie intorno ai due e non accennano a scendere dal cavallo. Aspettano ordini.

Pietro estrae dalla bisaccia, appesa alla sella, la coperta di lana grezza, che gli hanno dato i frati all’Ospizio del Mont Cenis, per coprire la cavalcatura, prima che il sudore geli. É una notte fredda e ventosa e la strada è coperta da un velo di ghiaccio. Accarezza la testa del cavallo, mentre gli allunga una carota, che la bestia divora con voracità. Sul palmo della mano compaiono della palline di zucchero, che gli mette davanti alla bocca. Dalla bisaccia prende altri due oggetti: un sacchetto, che appende sul muso, e un otre di pelle. Lo guardano per la calma e la serenità che sta dimostrando e sembrano increduli. Chiunque nella posizione di Pietro sarebbe in preda all’agitazione e al terrore ma lui dimostra una tranquillità interiore che sbalordisce il gruppo. Hugues comprende che non sarà facile per nessuno minare quella forza che emana dai gesti e dalle parole. Lo osserva ammirato ma non stupito. Aveva sentito delle voci a cui non aveva dato troppo credito ma si deve ricredere. Riflette che qualsiasi cavaliere, dopo aver cavalcato per molte miglia senza riposarsi, sarebbe crollato ma lui non ha emesso un lamento e si è preoccupato solo per il suo cavallo.

Pietro per molto tempo ha ascoltato il suono di acqua corrente e sa di aver percorso un sentiero che corre lungo un fiume, del quale ignora il nome. Si dirige verso quel rumore ma due cavalieri gli sbarrano la strada. Lui li guarda e resta in attesa del via libera. Dove credono che possa scappare, si dice, stringendo il mantello bianco per ripararsi dal freddo pungente della notte.

“Se non posso attingere l’acqua del fiume che scorre alla nostra destra, andate voi. Questo è il contenitore. Il mio bardo ha sete” afferma, allungando l’oggetto di cuoio.

“Prendete l’acqua per il suo cavallo e anche per i nostri” dice una voce autoritaria alle sue spalle.

Pietro torna dalla sua cavalcatura, che ha finito di mangiare il contenuto del sacchetto. Le scorte di cibo per il cavallo sono terminate e difficilmente saranno reintegrate prima del termine del viaggio. Spera di arrivare presto a Paris per far rifiatare il bardo. Non gli importa quale sia la sua sorte ma di quella del cavallo, sì. Sa che finirà in prigione come i confratelli francesi e si domanda, perché sia stato attirato in un tranello con la scusa della convocazione papale. Non ricopre incarichi prestigiosi, essendo un umile frate cappellano. Non è dentro ai segreti del suo ordine, essendo un semplice procuratore legale e neppure famoso. Qualcosa non torna ma non riesce a decifrarlo. Gli manca qualche tassello per comprenderne i motivi. ‘Perché?’ si chiede, mentre fa bere con lentezza il suo cavallo. L’acqua è fredda e la temperatura dell’aria è rigida. Deve usare prudenza per non compromettere la salute della sua cavalcatura. Spero di tornare col mio fedele bardo a Bologna, riflette, mentre ne accarezza il muso.

“Sono pronto” fa, issandosi sulla sella. Il viaggio riprende.

Lugdunum, 8 novembre 1307, primo albore, anno secondo di Clemente V

Il chierico Phillipe si affaccia sulla strada per osservare se ci sono facce sospette, che lo attendono. C’è via libera. Silenzioso raggiunge la stalla di Didier ed esce dalla città. Mette al galoppo il cavallo. Deve raggiungere al più presto Poitiers e riferire alla curia papale che Pietro da Bologna è stato intercettato dagli uomini di Guillaume de Nogaret e condotto a Paris. Al momento il suo compito è concluso. Adesso sono altri che devono muoversi. Lui è un minuscolo ingranaggio nel complesso della vicenda.

Con questi pensieri nella testa riesce a inquadrare nella giusta luce il motivo dell’inseguimento di quel cavaliere che per molti giorni è stato alle loro costole senza farsi notare. Dunque lui era un emissario di de Nogaret. Percepisce con chiarezza e pienamente quello che gli era apparso inspiegabile nel comportamento del frate, che aveva intuito lo scopo degli inseguitori. ‘Ha compreso la vera natura dei cavalieri alle nostre spalle. Ha tentato inutilmente di depistarli. Ma come ha fatto?’ si domanda, mentre tiene un buon passo nella marcia verso la sua meta.

La giornata è grigia e fredda. Il cielo coperto minaccia pioggia. Nuvole nere gonfie sono spinte dal vento di Mistral, che soffia gagliardo dall’Atlantico, abbassando le temperature. ‘Di sicuro in montagna questo si traduce in neve. Nella pianura in pioggia fredda e gelata’ riflette, mentre spinge il cavallo a divorare la strada che lo separa dalla curia papale.

Sempre in silenzio e sempre pensieroso si ferma per dare respiro al cavallo, che sta correndo senza lamentarsi.

Al vespro con il cavallo, che schiuma dalla bocca, entra in Poitiers per presentarsi al cardinale Caetani, che l’aveva inviato in missione a Bologna da frate Pietro.

Il porporato lo riceve. É scuro in volto per l’assenza del templare. Clemente V si era raccomandato che doveva presentarsi al più presto.

“Vostra Eminenza” comincia il chierico, inginocchiandosi di fronte a lui. “Frate Pietro da Bologna è stato arrestato a Lugdunum da gendarmi del re, che erano agli ordini del cancelliere guardasigilli, Guillaume de Nogaret”.

“E perché non avete mostrato il salvacondotto del papa?” lo rimprovera il cardinale.

“Il cavaliere della milizia di Christi non si fidava e ha provato inutilmente ad allontanarsi ma Hugues de Cambernet l’ha catturato lo stesso”.

“E dove si trova ora?” gli domanda con sguardo inquisitore.

“Non saprei ma ho sentito dire che lo stanno conducendo a Paris”.

Il cardinale lo congeda e medita in silenzio. Non era questo l’epilogo ma muovere le pedine nella tana del lupo è più complicato. Spera che il vescovo di Sens lo possa aiutare. Pietro da Bologna deve svolgere un compito delicato ma deve essere a Poitiers.

Prepara una lettera per il vescovo.

Paris, 8 novembre 1307, ora sesta, anno secondo di Clemente V

Il drappello arriva a Paris e si dirige verso rue Saint-Denis per entrare nel Châtelet, l’imponente edificio grigio, che si staglia sulla Senna sul Pont au Change, che collega Île de la Cité alla sponda destra. Qui ci sono le stanze di Guillaume de Nogaret al primo piano e nelle segrete le prigioni.

Hugues de Cambernet conduce il templare al cospetto del guardasigilli. É inusuale che un umile frate sia interrogato da un personaggio così in alto nelle gerarchie. Questo è il pensiero di Pietro, che si aspettava di finire nelle prigioni del palazzo. ‘Cosa vogliono da me? Quali informazioni sperano di ricavare? Sono un umile frate e lontano dai giochi di potere e dalla stanze che contano. Eppure…’ si dice, mentre viene introdotta in una grande sala.

Pesanti tendaggi cremisi impediscono alla luce di entrare prepotenti dentro. Sulle pareti ardono torce e grosse candele ma la maggior parte dell’immensa stanza resta in penombra. Un brutto e imponente tavolo di castagno sta al centro contornato da sedie di pelle. Su un lato sopra una pedana ricoperta di panno verde sta una specie di trono.

Hugues lo spinge di malagrazia verso quell’enorme sedia che troneggia lungo la parete.

“Inginocchiatevi e rendete omaggio a messer Guillaume de Nogaret” gli intima il cavaliere.

Pietro rimane ritto davanti a quel personaggio. “Non devo rendere omaggio a nessuno. Sono stato condotto qui contro la mia volontà. Non so quale colpa mi viene addebitata” afferma con voce per nulla incrinata dall’agitazione.

Hugues si avvicina e tenta di piegare quel frate, che ritorna sempre eretto. Guillaume ride alla scenetta e con la mano fa cenno al suo sottoposto di terminare quella commedia.

“Voi sapete che i cavalieri delle milizie di Christi sono stati internati perché sono accusati di eresia, sodomia e blasfemia?” gli domanda il guardasigilli.

“Ho sentito delle voci ma nulla più. Io appartengo alla provincia di Lombardia e vivo nella commenda di Bologna. Rispondo al papa e stavo recandomi da lui, quando voi mi avete arrestato” aggiunge Pietro con tono fermo e calmo.

Guillaume lo osserva e comprende che la dialettica non manca a questo frate. Decide di cambiare tattica.

“Voi siete stato condotto qui come testimone delle colpe dei cavalieri del Tempio. Non siete in arresto ma solo ospite” dice con voce melliflua Guillaume.

“Dunque posso andarmene e raggiungere Poitiers?” chiede Pietro col sorriso sulle labbra.

Il guardasigilli coglie la sottile ironia di quelle parole ma non replica come l’istinto gli consiglia di fare. Non vuole fare il gioco di questo templare e lasciarsi trainare su un terreno a lui non congeniale.

“Certamente. Dopo che avete risposto alle mie domande” fa Guillaume sornione, stringendo gli occhi. “Dopo che avete firmato il verbale della deposizione”.

Pietro sposta il peso del corpo sull’altra gamba e rimane in attesa delle domande.

La partita ha inizio.

parte sedicesima

Se vuoi ricevere gli aggiornamenti sottoscrivi il form.

0

0 risposte a “Una storia così anonima – parte quindicesima”

  1. Bellissima questa parte che ci porta a Parigi e ….non si finisce mai di imparare! Ho sempre pensato che la sede papale in Francia sia sempre stata Avignone e invece Clemente V la stabilí a Poitiers.
    Buona domenica ☀️☀️☕️☕️☕️☕️☕️☕️

  2. Hermosa historia! nos lleva a París, después de leerte , creo entender, que la sede papal es realmente en Aviñón! Los templarios sería lo que hoy llamamos… Opus Dei???? Un beso querido amigo!!!!

  3. Il rapporto tra Pietro e il suo cavallo, non è soltanto necessitato dalla situazione; vi colgo una vena di poesia, una cura che denota un animo gentile. I molti intrighi, uniti a vicende storiche, mi invitano a seguire la storia magistralmente scritta. Marisa

  4. Ciao, Gian Paolo !
    Grazie per visita, come e commentare ! 🙂
    Un passaggio MATINALE per leggerti e lasciarti un sincero augurio di una serena MATINA !!! 🙂 🙂 🙂
    Un caro saluto e un grande abbraccio ! 🙂
    Aliosa.

  5. Aiuto Parigi, ma non era Avignone la sede papale? Che figura, sono super ignorante in materia! Sempre impeccabile la tua scrittura! Complimenti e baci

  6. Quale sarà il compito delicato che dovrà svolgere Pietro da Bologna?
    Al momento il frate non conosce il suo destino e tutto sembra complicarsi.
    Io attendo fiduciosa gli ulteriori sviluppi. 😉
    Un abbraccio Gian Paolo

  7. Dai labirinti reali ai labirinti della parola. Pietro da Bologna è coinvolto suo malgrado in una nuova, difficile e presumo pericolosissima sfida. Davvero la fine del post arriva come una mannaia sull’attenzione del lettore, che era completamente assorbita dalla vicenda. Ma la chiusa imponeva lo stacco, il finale dell’episodio non poteva non essere questo. Non vedo l’ora di leggere di questa tenzone di dialettica e abilità verbale. Rinnovo i sempre più entusiastici complimenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *