Ricardo è nel suo ufficio dopo la lunga chiacchierata con Lopapa. Analizza gli schemi del procuratore. Qualcosa non gli torna.
“Ha ragione, Carmelo. Il killer ha usato i fiori come esca. Ma non è sufficiente. Manca qualche tassello” ragiona il commissario.
Riguarda lo schema e scuote il capo perplesso. Riflette provando di crearne uno nuovo.
“Il killer sicuramente è stato ingaggiato dall’esterno. Ma da chi?”
Prova a mettere al centro il sicario e intorno i nomi.
“Tarek, il tunisino. Certamente no. Si è già esposto con la Smart… sarebbe autolesionismo puro. E poi… lo dovrò interrogare. La sua versione zoppica e non è credibile”.
Fruga tra le carte e osserva la fotografia della carcassa dell’auto. Un particolare lo colpisce: il colore. Prende l’immagine e la mette in evidenza. Un primo tassello va a posto. Riprende l’esame delle persone.
“Ludmilla… no. E’ l’esca involontaria con il suo mazzo di fiori. Ma non sono riuscito ancora a collocarlo nel punto giusto. Alex e Felix potrebbero essere ma di loro non conosco nulla. Forse uno di loro è il padre del bimbo che Teresa aspettava”.
Fa una pausa su questi nomi. Si domanda se sono di fantasia oppure sono reali. Scuote il capo. Li accantona per il momento, prima di riprendere l’analisi.
“Maria Russo è una donna enigmatica, fredda. Per quali motivi avrebbe ingaggiato un sicario per uccidere la figlia? Perché è rimasta a Ferrara? Non mi sembra un movente valido. Ci dev’essere qualcosa sotto che ancora non abbiamo scoperto. Carmelo è stato abile nel bloccarla in città e affidarla a Ludmilla senza manifestare il proprio interessamento e renderla diffidente e guardinga nelle risposte”.
Si appoggia allo schienale e intreccia le mani dietro la nuca. Sente squillare il telefono, quello delle emergenze. Lo afferra, presagendo delle nuove rogne.
“Pronto”.
“Ricardo? Ludmilla…”
Sente una voce agitata e immediatamente spinge un pulsante.
“Problemi?” chiede Ricardo, tentando di dare un tono normale alla risposta.
“Problemi? Se telefono vuol dire che ci sono e anche grossi..” dice la ragazza tutta agitata.
“Calmati. E racconta cosa è successo” replica il commissario col tono sicuro di chi ha in pugno l’intera vicenda.
Mentre dice queste parole, un ispettore mette la testa dentro.
“Aspetta a raccontare” le intima Ricardo, mettendo in mute il telefono. “Contatta la pattuglia 103” dice al nuovo arrivato. “Chiedi se hanno notato qualcosa di strano nell’ultima mezz’ora e di’ loro di stare in allerta. Manda un’altra squadra a rinforzo. Non devono usare avvisatori acustici o visivi. Tutto chiaro?”
“Sì”.
“Sono pronto ad ascoltarti, Ludmilla”.
“Mezz’ora fa qualcuno ha suonato alla porta ma abbiamo finto di non esserci. Eravamo impaurite ma sufficientemente tranquille, perché in strada c’è una vostra pattuglia. Poi circa cinque minuti fa ho ricevuto una telefonata anonima inquietante ‘Lo so che sei in casa. Non mi sfuggirai‘. A questo punto sono stata presa dal panico e mi sono messa in contatto con te”.
“Hai fatto benissimo!” risponde Ricardo. “Ora tranquillizzati. La pattuglia sotto casa è stata messa in allarme. State lontane dalle finestre. Anzi se puoi tira giù le serrande senza esporti. Domani verrà a prenderti un paio di agenti in borghese per andare in ufficio. Un’agente in borghese prenderà la tua Bianchi e farà il solito percorso. Notte e stai serena”.
Il commissario riflette sugli ultimi avvenimenti e si chiede il motivo della telefonata, che gli pare ambigua. Prima di proseguire nei ragionamenti, si attiva per avere i tabulati delle ultime telefonate ricevute e fatte da Ludmilla. Spera di ricavare delle utili informazioni. Si interroga se lui e Carmelo non abbiano per caso preso delle strade sbagliate nelle indagini.
“Quali misteri ha nascosto Teresa? Devo scavare più a fondo nella vita della ragazza. E’ rimasta per quattro anni tra il momento della partenza della madre e l’impiego presso R&S senza sostegno economica in apparenza. Come ha vissuto questi anni?”
Prende degli appunti: anagrafe civile, contratto dell’ultima casa, interrogatori dei vicini di casa, esame dei conti correnti. “Ne parlerò con Carmelo” si dice. “Poi valuteremo come procedere”.
Squilla di nuovo il telefono: sono quelli della squadra 103.
“Dimmi, Antonio” risponde sconsolato, perché ipotizza già la risposta.
“Sì, un uomo ha suonato al portone ma non abbiamo compreso quale campanello abbia premuto. Ci siamo messi in allerta…” racconta il poliziotto.
“Ma non avete fatto nulla, immagino! Suppongo anche che non siate in grado di descriverlo, perché c’era buio o eravate troppo distanti?”
“Sì” ammette con voce moscia Antonio.
“Quali erano le istruzioni?”
“Tutte le situazioni sospette devono essere verificate” risponde il poliziotto.
“Invece di starvene al calduccio in macchina, dove sicuramente siete stati già individuati, dovevate pattugliare le vie intorno a turno, cercando di non farvi notare. Sta arrivando una seconda pattuglia. Voi vi spostate dopo l’incrocio e loro faranno quello che non avete fatto voi. Domani mi farete rapporto” dice, chiudendo la telefonata.
Ricardo è di malumore. Una giornata lunga e snervante, senza approdare a nulla di concreto. Si appresta a tornarsene a casa con la speranza che non ci siano altri intoppi prima di domani. Da’ le ultime istruzioni per il giorno successivo. Si domanda se non sta impiegando troppo personale per un caso che non è stato preso in considerazioni dai giornali nazionali. Spera di riuscire a risolverlo, prima che arrivi alle orecchie del questore, col quale ha qualche ruggine in sospeso.
Ludmilla è nervosa. La telefonata con Ricardo non l’ha tranquillizzata per nulla. Avverte un senso di minaccia non ben definito. Si domanda come poteva quell’uomo conoscere due aspetti della sua esistenza: dove abita e il numero di telefono. La voce era sconosciuta e priva di inflessioni dialettali. Fredda come il marmo, precisa come un raggio laser, anonima come buio.
Decide di porre qualche domanda a Maria. E’ rimasta sempre impassibile, né un sussulto di paura, come se si aspettasse quell’intrusione. Ancora una volta percepiva una nota stonata nel comportamento della donna.
“Maria” comincia Ludmilla “quando ha sentito per l’ultima volta Teresa?”
“Non ricordo ma anni fa” risponde atona senza modificare l’espressione del viso.
“Uno, due, tre anni?” insiste la ragazza.
“No sacciu” dice la donna.
Ludmilla abbozza. “Sto fresca se comincia a parlare in dialetto” si dice pensierosa. “Su questo versante trovo un muro invalicabile. Devo cambiare argomento”.
Riflette ma trova solo domande scontate e risposte scontate. Decide di parlare di Lecce, San Cataldo, delle Puglie in generale. Il ghiaccio tende a diventare acqua, l’espressione del viso della donna si distende. Parla volentieri della sua terra.
“Non ho mai visitato la Puglia. La conosco per quanto letto sui giornali e nulla più” dice Ludmilla.
“Vieni a trovarmi il prossimo mese. Ti ospito a casa mia. Non è grande ma è comoda” replica Maria.
“Potrebbe essere una buona idea. Le giornate sono ancora lunghe e soleggiate in generale”.
L’atmosfera è mutata: da gelida a calda. La ragazza ritiene prematuro affrontare l’argomento marito, non la sente pronta a rispondere. L’intuito le suggerisce che forse capire, come l’ex marito le ha lasciate, possa risolvere qualche mistero. Niente di certo, solo sensazioni.
“Se la stagione è buona, puoi ancora fare il bagno e prendere il sole” prosegue Maria.
“Il mare l’ho visto sempre in estate. Qui a Ferrara in ottobre le giornate sono fredde e talvolta c’è nebbia”.
“Sì, lo so. Ho rimpianto tante volte il sole di Puglia” ammette con un filo di malinconia.
“Mi domando il motivo per il quale avete lasciato una terra generosa come la Puglia per finire a Ferrara, più chiusa e poco permeabile ai forestieri” le dice sorniona, cogliendo un attimo di ricordi tristi.
“Ffanculo! Quiδδu cchillu de Ntuninu1!” esclama arrabbiata Maria.
“Quindi è stata colpa di tuo marito, se vi siete trasferiti a Ferrara” dice fingendo di aver capito l’imprecazione. In effetti non compreso nulla ma solo intuito il senso dell’imprecazione.
“Sì! Io non volevo ma lui ha deciso così”.
“Ma Tonino…”.
“No, Antonio”.
“Antonio è morto, dunque?” prosegue la ragazza.
“Macari!”
Ludmilla intuisce che non è morto ma è scappato di casa.
“Mi spiace che sia morto, lasciandovi in un mare di guai!”.
“Figghia mia, non hai capito nulla. Non è morto! E’ scappato con una ragazzina. Cu mmuèri moi moi2!” esclama arrabbiata.
“Oh!” dice fingendo dispiacere. “E’ un vero mascalzone!”
“Anche di peggio! Sapessi dove si trova lo ucciderei con le mie mani!”
Ludmilla le stringe le mani per dimostrare la sua solidarietà. Però non comprende l’astio verso la figlia. “Non può essere solo il fatto che si sia rifiutata di tornare a Lecce. Il motivo deve essere un altro ma credo che sia inutile insistere. E’ già molto che abbia detto questo del marito” ragiona in silenzio, continuando a tenerle le mani.
“Non è mai piacevole essere abbandonati” aggiunge la ragazza.
“Quella spudorata di Teresa è come lui! Crapazzoppa, curciperta e zoccula3. Solo pianti mi ha riservato” esclama, alzandosi.
Ormai è un fiume in piena, pronto a straripare da un momento all’altro. Ludmilla fa un viso triste di circostanza ma in cuor suo spera di capire l’astio della madre verso la figlia.
“Ntuninu è un figghiu de puttana! Ha combinato solo casini e creato dei problemi. Quando doveva essere presente, non c’era mai! Maledetto il giorno che l’ho conosciuto. Sembrava un dio in terra, tanto era bello! E io sono caduto come un fico maturo ai suoi piedi!”
Maria è diventata paonazza per l’ira, mentre la voce si altera su toni striduli.
“Calmati, Maria!” le dice dolce Ludmilla. “Antonio è un uomo da scartare, perché ti ha dato solo grattacapi”.
“Teresa, quella spudorata, è come lui. Solo piangere mi ha fatto!” riprende come se gli inviti della ragazza non li avesse sentiti.
Ludmilla vuole conoscere qualcosa di più di Antonio. Intuisce che è un punto dolente e importante per comprendere qualcosa di più della situazione.
“Ma perché avete lasciato Lecce?” le chiede.
“Siamo scappati! Ecco perché ho dovuto abbandonare la mia casa!” replica stizzita.
“Scappati?”
“Sì, come dei ladri. Vent’anni fa! Scappati di notte!” urla arrabbiata.
Ludmilla le stringe la mano come per farle sentire la sua vicinanza.
“Poi” riprende la donna, “è scappato di nuovo con una ragazzina, una compagna di Teresa! Stu puercu stia cu spia sempre le caruse4! Ci ha abbandonate in un mare di guai. Io sono tornata ma lei ha voluto rimanere. Aveva sempre degli uomini intorno. Una zoccula! Ecco come è vissuta!”
Poi si accascia sul divano, piangendo.
1Trad. Che si faccia fottere, quello stupido di Antonio
2Trad. Che possa morire all’istante
3Trad. Testarda, donna di facili costumi e puttana
4Trad, Quel porco stava sempre a insidiare le ragazzine