Mazapègul prese sottobraccio Deborah per condurla nel vivo della festa.
La ragazza lo osservò con attenzione. Era sicura che fosse Alex.
”Ma tu sei Alex?” gli domandò la ragazza.
Un’allegra risata fu la prima risposta.
“No. Mi son qui dla bretta rossa” le rispose il folletto.
Sul viso di Deborah passò rapido lo sconcerto. Eppure era certa che sotto quelle spoglie si celasse Alex. Non rispose e continuò a camminare di fianco a lui.
“Sei una bella ragazza e stasera ti faccio compagnia” disse Mazapègul con fare galante.
“E se non accettassi?”
“Te ne pentiresti. So essere perfido, se voglio, con le ragazze riottose” disse con tono minaccioso.
Deborah finse di non aver ascoltato la risposta intimidatoria e domandò preoccupata, non vedendo alle loro spalle i due compagni: “Ma gli altri due, dove sono?”
Mazapègul alzò le spalle. “Non lo so. E non me ne frega nulla. Mi basta la tua presenza”.
Deborah non si sentiva tranquilla. Ricordava quello che Alex aveva raccontato, mentre erano seduti sulla panchina.
“Ad bëll òcc! ad bëll cavéll!” esclamò il folletto dal berretto rosso, passando una mano tra i capelli ambrati della ragazza.
Non rispose nulla, perché non aveva afferrato bene il senso dell’affermazione. La parola òcc l’aveva compresa ma l’altra no.
La folla era aumentata intorno a loro e il frastuono impediva di parlare a bassa voce. Si sentiva più distesa in mezzo a quelle persone che si muovevano da una bancarella a un’altra, da una cartomante a un’altra. Però quel senso di sicurezza svanì in fretta. Nessuno sembrava prestare attenzione a loro.
“Perché non destiamo sorpresa? Una ragazza che gira con un essere che pare l’incrocio tra una scimmia e un gatto non è oggetto di curiosità?” si disse, osservandosi intorno.
Le pareva che fossero trasparenti come fantasmi. Si disse che non era possibile. Scosse la testa e seguì a fatica Mazapègul, che pareva il gatto delle sette leghe. Vide una coppia di ragazzi che litigavano. Si avvicinò per ascoltare, dimenticandosi del folletto.
“Mi hai offesa” disse la ragazza rossa in viso per il caldo e la foga del litigio.
“Non mi pare” replicò secco il ragazzo, strattonandola.
“A te non pare mai nulla” fece, tentando di liberarsi dalla sua presa.
“E quando ti avrei offesa?”
“Non negare! Facevi gli occhi dolci a quella ragazza che camminava con quell’essere vestito in modo strambo!”
Deborah rimase in silenzio. “Dunque mi vedevano!”
“Ma quale? Non vedo nessuna ragazza con i ricci biondi”.
“Vedi che l’hai vista! E osi anche negare! Lo sai che sono gelosa!” disse, mentre una lacrima scendeva sulla guancia.
“Ma non ho visto nessuno. Né il ragazzo strambo, né la ragazza! Ero con te e mi bastavi”.
“Non mi freghi ancora! Non è la prima volta che lo fai!”
“Lo giuro sulla tua testa…”
“Lascia perdere la mia testa! Non voglio perderla per i tuoi spergiuri”.
Deborah avvertì una mano che si insinuava sotto il braccio.
“Vieni. Lasciali litigare. Prima di domani avranno fatto la pace” disse Mazapègul.
“Ma la causa del litigio ero io!”
“E con questo? Li conosci?”
“No!”
“Appunto. Litigano per nulla!”
“Ma gli altri due?” domandò la ragazza di nuovo.
“Si sono appartati” rispose il folletto con un smorfia significativa.
Deborah avvertì smorzarsi suoni, luci e voci della festa e si ritrovò nella stanza d’albergo. Le sembrava di vivere un incubo, sballottata tra un mondo e l’altro. Le pareva essere una fragile navicella in balia dei marosi e pronta al naufragio da un momento all’altro.
Raul si era svegliato e nel buio parlava con voce alterata.
“Perché te ne vuoi andare? Non è ancora l’alba”.
“Appunto. Non è l’alba. Sono stanca di stare chiusa qui dentro” disse Gina, appoggiata alla testiera del letto.
“Vuoi tornare alla festa?” fece il ragazzo, accarezzandole una spalla.
“No. Voglio tornare a Cattolica” rispose stizzita, allontanandosi dal ragazzo.
“Ma stavamo passando una nottata piacevole”.
“Per te sarà piacevole ma per me è sgradevole!”
Raul si alzò di scatto e, presi i vestiti della donna, glieli getto, dicendo: “Vestiti. Tra cinque minuti siamo di partenza”.
Gina restò immobile. Cominciò a piangere sempre più forte.
“Ora frigni anche?” fece con tono ironico, mentre infilava i jeans.
“No. Mi stai trattando male. Perché?”
“E come ti dovrei trattare?”
“Con più dolcezza, cercando di capire le mie esigenze”.
“Dimmi cosa vuoi fare?”
Il ragazzo si stava spazientando. I cambi di umore della compagna lo stavano infastidendo. Non andava bene mai nulla.
“Non lo so. Mi sento confusa” disse la donna.
Alla luce di un abat jour Raul osservò Gina. Si domandò cosa cercava da lui. Rimase in silenzio. Si udiva solo il respiro di entrambi. A singhiozzo quello della donna, regolare quello del ragazzo. Prese una decisione. Si tolse i jeans e tornò nel letto, dopo aver spento la luce.
“Non ho voglia di fare all’amore ma di parlare” disse con un soffio Gina.
“Bene. Di cosa parliamo?” fece Raul rassegnato.
“Non saprei. Di qualsiasi argomento”.
Il ragazzo sbuffò. “Uffa. Non vuoi fare sesso. E va bene. Vuoi parlare ma non conosci l’argomento della discussione. E va bene. Stiamo in silenzio?”
Gina non rispose ma riprese a piangere silenziosamente.
“Sembrava avere il fuoco tra le gambe ma era un bluff” si disse Raul, sistemandosi per riprendere a dormire. “Mi hai fregato una volta. La prossima, se ci sarà, le tue voglie te le cavi da sola” e cercò di addormentarsi.
Deborah faticava a comprendere cosa volesse o cercasse Gina. “Raul, nonostante l’età, si è dimostrato più maturo di lei. Gina, un donna sposata con figlio, ha provato l’emozione dell’avventura per poi pentirsi. Vuole restare ma nello stesso tempo desidera andarsene! Vorrebbe fare sesso ma lo rifiuta”.
Con questi pensieri nella testa sentì Mazapègul che la chiamava.
“Vieni. Ti offro lo zucchero filato”.
“Cosa? Lo zucchero filato? E cosa sarebbe?” chiese Deborah con voce sorpresa.
“Questo” e le porse un bastoncino sul quale era avvolto una soffice schiuma rosata.
Deborah lo prese con circospezione. Lo osservò con attenzione. Lo avvicinò al naso per sentire l’odore. Le pareva buono ma non si decise ad assaggiarlo.
“Sei diffidente! Non contiene un veleno mortale! É dolce e sa di fragola” fece Mazapègul sorridente.
“Ma no! Semplicemente non conosco questa specialità”.
“Ma dove vivi?”
“A Milano”.
“E lì non conoscono lo zucchero filato?”
“No. Almeno io non sapevo che esistesse!”
“Assaggialo!”
Deborah ne strappò un piccolo pezzo con un morso deciso e lieve. Avvertì il gusto della fragola in bocca e quello dolciastro dello zucchero.
“Ma come lo fanno?” domandò curiosa.
“Con quella macchina. Un cucchiaio di zucchero, una polverina al gusto di fragola e il bastoncino si avvolge di questa soffice schiuma” le descrisse sommariamente il procedimento.
La ragazza si fece più ardita e strappò altri lembi dallo stecco con metodica precisione. Era intenta a gustare questo dolce morbido e appiccicoso, quando ebbe un sussulto. Stava di nuovo seduta sulla panchina accanto a Alex e discutevano del teschio che teneva sulle ginocchia. Le sembrava che tutti gli avvenimenti intercorsi tra la prima chiacchierata e questa non ci fossero stati.
“Alcuni credono che i teschi siano in tutto tredici e dal momento in cui verranno riuniti insieme, inizierà un nuovo ciclo per il genere umano. Sembra che essi contengano delle informazioni sul destino dell’umanità e che in loro presenza accadano fatti inspiegabili” stava raccontando il ragazzo.
“Visto che ne sei così affascinato te lo regalo! Tieni, così siamo contenti entrambi. É già impacchettato per bene!” diceva Deborah, sorpresa nel pronunciare queste parole.
“Ma va! Non crederai mica a tutte queste fandonie!”
La ragazza non reagì, rimanendo in silenzio, mentre Alex riprese a parlare.
“Ah,ah,ah! Lo sanno tutti che sono delle leggende metropolitane e che i teschi sono dei falsi risalenti all’ottocento o al massimo ai primi del novecento”. “Fiuuu! Menomale, un po’ mi consoli”.
Il ragazzo continuò a raccontare, mentre lei ascoltava con interesse.
“Dunque ci sono diversi teschi di cristallo in circolazione” domandò curiosa.
“Direi di sì. Almeno tre. Quello del British, quello di Mitchell Hedges e un altro in un museo francese. Ora sono quattro col tuo” affermò Alex con fare misterioso. “A spanne direi che è un teschio genuino il tuo”.
La ragazza sorrise, scuotendo la testa. “Questo è una copia che vale cinquanta euro! Se fosse autentico, varrebbe una fortuna”.
Deborah lo osservò con attenzione. “Ma tu chi sei? Come mai conosci tutte queste storie sul teschio di cristallo?”
La ragazza, passato un primo momento di spaesamento, riprendeva il controllo della sua mente.
“Pensi che sia… un ciarlatano, che racconta storie assurde, spacciandole per vere?”.
“No. E’ che mi incuriosisce comprendere i mille misteri di questo oggetto. L’ho comprato da una donna che prima svanisce nel nulla e poi ricompare in maniera altrettanto misteriosa. Una chiromante mi legge i tarocchi e mi prediche che sarei caduta per terra. Anzi tra le tue braccia. Tu mi stai raccontando una storia fantastica di altri tre teschi. Credo che sia sufficiente per stimolare la curiosità!”
“Tutto qui?”
“E ti pare poco?” replicò Deborah basita.
“Questo è nulla rispetto a quanto apprenderai dal resto della storia”.
Se vuoi ricevere gli aggiornamenti sottoscrivi il form.
will have to start this one today
will there be more of this story?
Thanks, Doris. You are a loving reader.
allora!!! a presto 🙂
Ciao
ciao …
Intrecci su intrecci e storie diverse che si intrecciano nei post….ho molta simpatia per Mazapègul, lo ammetto 😀
Un abbraccio, caro, e a presto per nuove sorprese!
Mezapègul è un folletto molto amato in Romagna.
un abbraccio
A Deborah non resta che fidarsi del folletto Mezapègul che si direbbe a conoscenza di molte cose.
Non resta che attendere lo sviluppo del racconto, godendoci del buon zucchero filato 😉
un abbraccio grande
Certo che lo zucchero filato è dolce ma Deborah è alquanto frastornata.
Replico l’abbraccio grande
Entrelazas historias magistralmente!!!! pues esperemos el final de esta historia!!!Solo tango un problema…. ainsss no me gusta el algodon dulce!!!!!! jajajajaj un abazo enorme, amigo mio y si…sueño con un mundo mejor, eso me alivia el alma, pero la reaidad la vivo cada dia con los pies en la tierra, solo cuando medito….sueño,,,,,,,,,,,,,,,,
Gracias Lili, un gran soñador! Sus palabras son como el algodon dulce.
Un fuerte abrazo
Me encanta la hitoría como la expone entralazada con los personajes
situaciones***y lugares****
Mazapegul,es un personaje muy cariñoso**
y como a Deborah me gusta el duce de algodón***
nosotros lo llamamos copo de algodón
mi cariño
querido amigo******
Gracias, Mirta, por sus amables palabras y por su constante atención a mi mensaje.
Un fuerte abrazo
Ci si perde in questo strano, fantastico e bel racconto
Personaggi che ruotano magistralmente nel mistero del teschio
Il folletto non solo attira simpatia ma aumenta la suspense
Grande Gianpaolo, bravissimo
Un simpatico abbraccio
Mistral
Per il momento , seppur a fatico, sono riuscito a giostrarmi tra i vari episodi. Poi non lo so.
Grazie e bacini, Mistral
Un abbraccio
Gian Paolo
Sempre ricco di idee! Buona serata,65Luna
Ci provo!
Dolce notte
E andrai avanti alla grande!
Un caro abbraccio.
Lo spero ma non è certo!
Un caro abbraccio
E’ certissimo!
Questi folletti…fanno follrggiare…;)
E noi con loro! 🙂
*folleggiare (i cellularetti invece fanno impazzire :P)
Quindi affidati ai folletti! 🙂
Quanti personaggi entreranno ancora in questa storia? 🙂 Adoro i folletti, ne ho un po’ a casa ed e’ “grazie” ad uno di questi che mi trovo in giro per il mondo….. roba da non crederci!!!!
Mi fa ppiacere che il tuo ‘folletto’ ti fa conoscere il mondo!
Auguro a te, al tuo folletto e a tutti quelli che ti stanno vicini uno spensierato fine anno e che il 2015 sia prodigo di serenità, letizia e prosperità.
Buon anno