La notte di San Giovanni – parte ottava

dal web
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“Li deve tenere sempre uniti” cominciò a parlare.
“Perché?” domandò Deborah, attenta alle parole della donna.
“Non porti delle domande inutili. Questi due oggetti sono nati insieme e insieme devono stare”.
La ragazza rimase in silenzio, mentre percepiva che la festa stava andando verso il culmine.
“Stanotte si celebra la festa di San Giovanni Battista. Un festa esoterica che coinvolge i sensi. Il sole è al suo culmine e da domani inizia a discendere fino al punto più basso rappresentato dal 27 dicembre, il giorno di San Giovanni Apostolo. Tra i due Giovanni esiste un legame, oltre che temporale, anche umano”.
Deborah non riusciva a seguire la narrazione dell’anziana signora. Si chiedeva cosa legassero queste parole alla festa senza riuscire a trovarne una ragione.
Deborah si trovò proiettata su un piroscafo in mezzo al mare. Vedeva solo acqua, ovunque si girasse. Scese sottocoperta, seguendo Anna, che con il suo teschio di cristallo, custodito gelosamente in una bisaccia. La ragazza non vedeva l’ora di sbarcare a Portsmouth. Durante la traversata da Belize all’Inghilterra più di una volta temette di non vedere la terraferma. Erano incappati in un paio di burrasche niente male. Il cielo livido e gonfio di pioggia si confondeva col mare spumeggiante, mentre l’imbarcazione sembrava salire e scendere come se fosse mossa da una mano invisibile.
Anna soffriva di mal di mare ed era verde per i conati di vomito che la squassavano. Però non lasciava per un istante il dono degli indios. Deborah era affascinata dal quel teschio lucente, che pareva dotato di luce vita propria.
Dopo lunghi giorni, che non finivano mai, udì la ragazza gridare ‘L’isola di Wright!’. Immaginò che avesse avvistato una terra emersa che avrebbe messo fine a quel lunghissimo viaggio. Era così. Dopo un giorno riuscì a calpestare qualcosa che non era pavimento del piroscafo. Era smarrita in una città portuale del tutto sconosciuta. C’era la frenesia e il clima tipico delle città di mare. Seguì come un’ombra Anna. “Guai a perderla di vista” si disse Deborah. Non passò nemmeno un giorno che fu di nuovo in viaggio.
Mike noleggiò una macchina per farsi condurre a Londra. La figlia era impaziente di conferire col direttore del British Museum e chiedergli un parere sul reperto.
“Fa attenzione, Anna” le disse il padre.
“Perché?”
“Il teschio possiede, secondo uno sciamano messicano, uno sguardo ipnotico e dei poteri soprannaturali”.
Deborah rabbrividì, perché aveva avuto delle strane sensazioni. ‘Avrei fatto bene a buttarlo. Anzi a regalarlo così com’era a Alex’ rifletté, mentre la voce senza variazioni della donna continuava a parlare dei due Giovanni.
Si ritrovò in una Londra che non conosceva, molto diversa da quella vista l’anno precedente. Qualche automobile, molto differenti da quelle che era abituata a vedere, e carrozze con pariglie di cavalli. Anche le persone erano curiosamente simili a certe immagini di fine ottocento. Si chiese dove fosse capitata.
Immersa in questi pensieri, seguiva la coppia, mentre ascoltava la voce di Mike, che narrava un’antica leggenda Maya.
“Secondo questa tesi, come mi ha raccontato uno sciamano messicano, nel mondo esistono tredici teschi di cristallo. Tredici è un numero magico per loro. I teschi misurano tutti tredici centimetri e sono stati foggiati da un unico blocco di quarzo. Sono a grandezza naturale e racchiudono misteriose formule sul cui significato se ne sono perse le tracce”.
“Se ne esistono tredici, allora ne dobbiamo scoprire altri dodici” disse Anna, mentre varcavano la soglia del museo.
Mike non rispose subito. Erano arrivati al British Museum. L’idea era quella di fare periziare il teschio, che la ragazza teneva stretto al petto dentro una bisaccia di tela grezza.
Mike, che conosceva il direttore, ottenne di farsi ricevere senza troppe formalità e senza dover perorare la propria causa.
“Ciao, Mike. Di ritorno dallo Yucatan?” gli domando James Powell, il direttore.
“Sì, Jim. Un posto meraviglioso e ricco di reperti maya straordinari. Lady Richardson-Brown ne ha delle casse piene”.
“Bene. Spero che ce ne faccia dono di qualcuno” disse il direttore poco convinto. Conosceva quanto la Lady fosse attaccata al denaro e quei reperti valevano svariate sterline d’oro sul mercato dell’antiquariato. Aveva saputo per vie indirette, che la spedizione era stata più costosa del previsto. Quindi dubitava che si mostrasse generosa nei confronti del museo.
“Non credo che siate venuti solo per farmi una visita di cortesia” aggiunse James, che aveva intuito che ci fosse ben altro oltre rivedere un vecchio amico.
Una secca risata di Mike anticipò la sua risposta.
“Sei un vecchio volpone! Non ti sfugge nulla. Sì, sono venuto per far periziare questo oggetto”.
Poi girandosi verso Anna, suggerì silenziosamente di mostrare il reperto.
Deborah ascoltava senza perdere una parola di quel dialogo. Lo comprendeva poco ma non le sfuggiva nessun dettaglio.
Con calma e una certa titubanza la figlia di Mitchell-Hedges tolse dalla bisaccia il teschio di cristallo e lo mostrò al direttore.
“E’ una copia?” domandò il direttore.
“Perché?” rispose sorpreso Mike. Era sicuro che il suo fosse autentico. Era a conoscenza che il museo ne possedeva uno, anche se non l’aveva mai visto di persona. Era intenzionato a confrontarlo col loro.
“L’originale è nella stanza dei reperti strani e inquietanti”
“Reperti strani e inquietanti? Non ero a conoscenza di questa sezione nascosta e misteriosa del tuo museo”.
“Sì, devi sapere che ci sono oggetti che sembrano dotati di luce o vita propria e non riescono a legare con gli altri. Così abbiamo creato una sezione del museo, dove vengono collocati e li mostriamo raramente al pubblico. Per alcuni sono visibili solo agli studiosi” spiegò con dovizia il direttore.
“Come mai lo escludete alla visione dei visitatori?”
Mike non era stupito che il reperto non fosse visibile a tutti, conoscendone la storia. Però finse meraviglia alle parole del direttore.
“Sono successe cose strane e inquietanti, quando era nella sezione dei reperti delle civiltà precolombiane. Aveva ottenuto uno straordinario successo. Sembrava essere la stella cometa dell’intera sezione. Poi sono cominciate eventi poco spiegabili e allarmanti. Qualcuno del pubblico è caduto in catalessi, altri si sono fatti dei tagli inspiegabili. Un visitatore è finito in clinica psichiatrica. Così per evitare guai e richieste di risarcimento, abbiamo preferito toglierlo dalla sala e confinarlo tra gli oggetti da non mostrare al pubblico ma solo agli studiosi”.
“Ma il teschio ha continuato a produrre problemi?” domandò Mike, che trovava conferma sulla pericolosità dell’oggetto.
“Problemi?” esclamò James, spalancando gli occhi.
“Sì, mi chiedevo se, una volta relegato in una sala chiusa a ricoprirsi di polvere, avesse continuato a creare grattacapi a chi la frequentava”.
“I guardiani sono terrorizzati, quando entrano per le pulizie. Uno di loro è caduto da una scala, mentre stava cambiando una lampada. Per poco non ci rimetteva l’osso del collo”.
“Ho capito che è meglio nasconderlo in una cassa” disse Mike per nulla scosso dalle informazioni ricevute.
“Io farei attenzione, perché non è detto che non possa costituire un pericolo per voi e per chi frequenta la vostra casa” replicò James.
“Possiamo vederlo?”
Il direttore ci pensò un attimo prima di rispondere.
“Perché siete così curiosi di vederlo?”
“Ci piacerebbe verificare se è uguale a questo, che un capo indio ci ha donato” rispose Mike.
“Bene. Quello che è esposto qui, al British, si muove all’interno della teca dove è custodito. I suoi occhi fanno una tale impressione che gli addetti alle pulizie hanno esplicitamente richiesto che venga coperto, mentre loro sono dentro” soggiunse il direttore nella speranza di far cambiare idea all’amico e a sua figlia.
“Suggestioni” affermò Mike, che si alzò per seguire l’amico.
Deborah si riscosse dalla visione ed era pentita di aver comprato quel teschio. Se erano autentiche le affermazioni che aveva ascoltato, doveva preoccuparsi e non poco.
L’anziana signora continuava la sua narrazione che aveva al centro i due San Giovanni.
“San Giovanni Battista è definito il Giovanni che piange, mentre l’Evangelista il Giovanni che ride. Nelle credenze popolari il primo è la misericordia di Dio che impersona il discendente, il secondo la lode di Dio, alla quale viene attribuito l’ascendente. Esattamente il significato del 24 giugno e 27 dicembre”.
Deborah annuì senza memorizzare quanto stava ascoltando.
La sua mente vide una stanza d’albergo.

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25 risposte a “La notte di San Giovanni – parte ottava”

  1. Come sempre ti leggo con piacere. E leggo sempre due volte per poter cogliere le sottigliezze che mi sfuggono alla prima lettura. un abbraccio e buona serata

  2. La historía sigue con suspenso , la he leído dos veces
    y me atrapa***me gusta ese forma de escribir dónde se enlanza el presente y el pasado
    cuántas cosas nuevas han pasado en este capitulo*
    mi cariño***buen amigo*******
    buenas noches*****

  3. Sono affascinata da questo tuo racconto ma anche un po’ intimorita dal teschio
    Cosa nasconde?… Malefici o “benefici”?…
    Non ti perdo di vista e, i due Giovanni, mi ” interessano”
    Un grande abbraccio
    Mistral

  4. Sarà mica colpa del teschio se non mi arrivano più le tue notifiche? 🙁
    Ho provato una certa inquietudine nel leggere questo capitolo, in particolare sul terrore che incutono i teschi ai guardiani e a tutti coloro che ne vengono a contatto.
    Grande mistero avvolge questa trama ed ho grande curiosità sia verso i due Giovanni che nel pensiero di Deborah sul ricordo di una stanza d’albergo.
    Sai bene come coinvolgere il lettore lasciandolo sospeso … sul più bello! 🙂
    Un racconto intrigante, mi piace sfogliare i suoi capitoli. 😉
    Dolce serata anche a te
    Affy

  5. Sempre avvincente questa storia sui teschi.Ma lo è per come riesci tu ad attirare l’attenzione. Leggerò le altre puntate, anche se arrivo tardi non ti preoccupare…arrivo. Un bacino. Isabella

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