I tre desideri – parte seconda

Dopo una giornata di sole e di emicrania spacca cervello ho preso la strada del ritorno. In macchina non sono riuscita a distogliere il pensiero dal terzo desiderio che con abile gioco di parole si faceva desiderare. Arrivata a casa, mi sono domandata se il mal di testa fosse sorto al momento del risveglio o per colpa del genio della lampada. Il quesito è rimasto senza risposta ma non ho risolto il dilemma nemmeno nel sonno. Dunque sono due gli aspetti da definire nella settimana che sta facendo capolino: il terzo desiderio e il motivo dell’emicrania.
Dunque se per il terzo desiderio troverò una maniera per estrarlo dalle pieghe della mente, per l’altro quesito irrisolto qualcuno dirà che in una donna il mal di testa è una normalità come se facesse parte della sua natura. Eppure per me è un’eccezione, perché non ne ho mai sofferto fino a quella domenica mattina! Ho sperato che la notte portasse via con sé questa fastidiosa e depressiva emicrania ma non è stato in realtà il risultato auspicato. Mi sono risvegliata il lunedì mattina con ancora questa antipatica cefalea e mi sono detta ‘Pessimo inizio di settimana‘. Cosa posso farci se sono fatta così.
Durante la colazione, che di norma mi fa cominciare col piede giusto la giornata, non riuscivo a percepire i sapori, perché sono mischiati con i due pensieri fissi, che mi sto trascinando da ieri.
“La settimana non si prospetta favorevole” mi sono detta, mentre mando giù l’ultima sorsata di caffè. E in effetti non si può dire che sia stata esaltante col senno del poi.
I giorni si sono susseguiti monotoni e uguali tra loro, se non fosse stato per Martina e Mario, gli amici di una vita, per Enrico e Deborah, gli amici virtuali sul web, i quali con la loro presenza mi hanno illuminata e rasserenata.
Se domenica non sono riuscita a precisare il terzo desiderio, ci sono arrivata oggi, dopo aver ascoltato la storia di Martina, dopo avere parlato con Mario, dopo avere letto le parole di saluto di Enrico su twitter e la poesia di Deborah sul blog.
Oggi è venerdì e tra due giorni tornerò in riva al lago con la speranza che il genio della lampada si faccia vivo e non mi tenga il broncio. Domenica scorsa ci siamo lasciati con un po’ di ruggine, perché ho messo in dubbio le sue capacità professionali. Eppure doveva comprendere il mio modo scettico di ascoltarlo, perché era la prima volta che mi capitava di parlare con uno della sua specie. E’ vero che c’è stata in passato la storia di Aladino e della lampada magica che strofinandola esaudiva tutti i desideri. Però domenica il genio non è uscito dalla lampada ma è apparso all’improvviso sulla mia spalla. A mia discolpa devo ammettere che l’emicrania che mi trapanava il cranio era il peggio che mi potesse capitare per una che non ne ha mai sofferto.
Caro Genio della lampada, nota la finezza della g maiuscola, sono una ragazza che ama il mondo e lo vive reale e virtuale. Quindi quando mi sei apparso, mi hai destabilizzato. Avevo delle certezze che i personaggi delle favole vivono solo lì. Però tu comparendo in maniera fisica mi hai resa dubbiosa che voi, protagonisti immaginifici dei libri, siate fisicamente come me”.
Era questa più o meno la chiacchierata che gli volevo fare tra due giorni scarsi ma in un lampo di genio ho fulminato la lampadina delle idee per la troppa foga nella quale ci ho messo per esprimere il famoso terzo desiderio. Dovrò sostituirla, sperando di averne una di scorta.
Procediamo con ordine, perché il lettore si sta spazientando e perché pretende chiarezza, che in questo momento mi manca. Dunque dicevo: ho ascoltato un racconto di Martina l’altro ieri e ho cominciato a ruminare su quanto avevo udito. In realtà, dovrete perdonarmi ma a volte sono troppo impulsiva, la narrazione è avvenuta a spizzichi e bocconi, in più rate e l’ho dovuta assemblare per renderla completa. Non mi pareva vero che potesse succedere una storia simile. Sono stata tentata di non crederle e ho espresso i miei dubbi ieri sera a Mario, mentre prendevamo un aperitivo al Sushi Bar. Questo è il locale più in della movida cittadina. Per avere un posto in piedi si deve sgomitare e talvolta non ci si riesce nemmeno. Giovedì sera, a me piace fare la trasgressiva in questa giornata che nessuno ama. Giovedì sera, come quasi tutti i giovedì sera, salvo impedimenti, io e Mario c’incontriamo al Sushi Bar e non dobbiamo sgomitare per avere un posto dove chiacchierare. Il locale è regolarmente vuoto, se vuoto si può concepire, quando nessuno sta in piedi in attesa e tutti i tavoli sono occupati. Io prendo il mio Negroni, lui un Aperol Spritz. Tutte le volte diciamo di cambiare ma alla fine ordiniamo sempre queste due bevande con arachidi e altre porcherie che non fanno bene alle nostre arterie. Ma non divaghiamo. Gli dico quello che Martina mi aveva detto la sera prima.
Volare in formazione, forse è il volo che pratichiamo in un luogo virtuale. Ognuno di noi vola solitario e in silenzio nella sua vita quotidiana ma, quando incontra gli altri in questo spazio senza dimensioni e senza tempo, si sente in formazione e comunica senza neanche guardare o toccare, proprio come fanno gli uccelli, si «sentono»‘.
Inizialmente mi sono messa a ridere, suscitando l’ira di Martina, che ha cambiato argomento. Poi mentre prendevo sonno, ho capito che non dovevo ghignare ironica. Il concetto era terribilmente serio ma ormai la frittata era fatta e non potevo di certo telefonarle alle due di notte per scusarmi dell’inopportuna risata. Avrei rischiato, anzi avrei avuto la certezza di prendermi un vaffa grande come una casa di sei piani. Dunque ne ho parlato con Mario, che mi ha appoggiato una mano sul braccio e mi ha detto: “Forse Martina voleva raccontarti una storia ma tu l’hai gelata con quella risata infelice”. Sì, gli risposi. Martina aveva iniziato a parlarmi di un ragazzo conosciuto sul web e poi aveva virato su quella frase, che a ripensarci bene contiene molte verità. “Beh” ha aggiunto Mario. “Telefonale e chiedile scusa”. Già fatto stamattina ma si è chiusa a riccio, quando ho cercato di domandarle del ragazzo. Ha finto di non avere capito la mia domanda. “Beh! E tu rifargliela. Vedrai che ti risponderà! Ma devi apparire senza incertezze di essere una donna seria e curiosa e non la solita impertinente che sembra voler prendere per i fondelli le persone”. Lui ha ragione sempre, mi capisce al volo e ride, quando faccio le mie battute spiritose, che non devono essere molto efficaci, perché gli altri mi mandano senza mezzi termini e tranquillamente a quel paese.
Stamattina ho seguito il suo consiglio e ho telefonato a Martina, chiedendole nuovamente scusa per mercoledì, perché ho riso sguaiatamente su un’affermazione molto seria. “Mi volevi parlare di …” ho cominciato, mentre sorseggiavo il caffè. “Sì, di Davide…” rispose con un sospiro. Mi sono sentito felice, perché non aveva ringhiato e non mi aveva detto ‘vaffa‘. E comincia a raccontare di questo ragazzo, conosciuto sul web, che vorrebbe vedere e toccare di persona. Sentendo queste parole il terzo desiderio prende una forma e diventa qualcosa di più di una chimera irraggiungibile. Finalmente un raggio di sole è entrato nella mia mente a dissolvere l’emicrania che per tutta la settimana mi aveva fatto cattiva compagnia.
Adesso ho delle certezze corroborate dalla chat con Enrico, che mi ha proposto il poeta che ama. Per descrivere il senso del silenzio usa delle parole meravigliose, almeno questo sembrano alle mie orecchie.
Quello spirito gentil ch’entro mi rugge
s’attarda, latita, segue l’onde del tempo
e s’allontana

Non ho avuto il coraggio di chiedergli chi aveva scritto quei versi, per non apparire un’analfabeta della poesia. Però gli devo domandare chi è, perché mi risuonano nella testa come un’onda melodiosa.
Stavamo parlando del silenzio, di come nell’immensità di questo sgorga spontaneo la creatività. Non ho osato contrastarlo, perché affermare, che il silenzio mi mette paura, lo mette di cattivo umore. Ci tengo a Enrico. E’ un compagno virtuale discreto e puntuale. Non manca mai al nostro appuntamento serale. E così è stato anche ieri sera, dopo il rientro dal Sushi Bar.
Dopo quei pochi versi del poeta che non ho riconosciuto ha continuato a parlare di silenzio, di creatività, di voler trasformare gli ideali in atti compiuti, reali e concreti. Mi ha confidato che sta scrivendo qualcosa, che va a strappi.
Ho tradotto ieri notte le ultime memorie, gli ultimi desideri, le ultime parole costruite intorno a idee ed ideali. Ma in questo momento, nel fresco e silenzioso isolamento della sera, sento fluire lontano lo spirito creativo” mi ha detto.
L’ho consolato, perché l’ispirazione può nascere nel silenzio della notte ma può svanire un istante dopo.
Il terzo desiderio assume la sua forma precisa. Adesso so cosa dire.

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52 risposte a “I tre desideri – parte seconda”

  1. Impiega un po’ di tempo a” costruire “il terzo desiderio, ma per nostra fortuna ci diletta con i suoi pensieri e la sua simpatia.
    Piaciuta davvero, soprattutto il tocco di poesia
    Sempre grande e bravo
    Bacioni
    Mistral

  2. Buongiorno, Gian Paolo!
    E sono ancora più contento che la mia squadra gli auguro l’anima,
    Steaua Bucarest,
    di andare oltre, di raggiungere anche UCL FINALE! 🙂
    STAR ha raggiunto due volte la finale di Champions League! 🙂
    Prima volta nel 1986 con l’FC Barcelona 2-0 invinso che 🙂 🙂 🙂
    dopo un tiro di rigore da 11 metri
    una seconda volta, con potenti e intitolato tuo campione
    AC MILAN che ha vinto 4-0 🙁 🙁 🙁
    Grazie per la visita, commento e auguri! 🙂
    A mia volta, vorrei che tutte le squadre italiane che giocheranno in UCL su EL,
    successo e una delle squadre giocheranno in UCL
    UCL di raggiungere la finale con la Steaua Bucarest
    e di ottenere che sarà meglio che! 🙂 🙂 🙂
    Un fine settimana felice! 🙂 🙂 🙂
    Con sincera amicizia,
    Aljosha.

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