Il mazzo di fiori – parte trentottesima

Ferrara, ore 23 del 28 settembre

Ricardo aspetta il rientro dei suoi uomini con un pizzico di ansia. Spera che tutto proceda liscio come l’olio, senza intoppi. Nel frattempo estrae dal cassetto i due fogli dove ha condensato gli aspetti principali degli omicidi. Il killer ha un nome, anzi due, anche se sa che sono fasulli e cancella ‘Killer‘ che sostituisce con ‘Albanese/Borghese‘. Ride, perché sa che non corrisponde al vero. Poi elimina la parola ‘COMPLICI’ che sovrascrive con ‘FIACHEGGIATORI‘. Sicuramente il tunisino Ben Hamman lo è ma rimangono nell’ombra altre persone. “Quante?” si domanda. “Certamente tre. Una è un suo poliziotto, che annota di seguito a quello del tunisino. Un’altra è quella che ha ricevuto la soffiata e ha avvertito il killer. Il terzo non lo so, ma c’è. Questo o questa è un semplice fiancheggiatore oppure è il mandante?” Scuote il capo. Ludmilla gli ha detto che la fuga da Lecce è stata causata per una donna. “Che sia la mandante?” cancella il nome di Maria Russo dal foglio di Teresa Lopiccolo. Mette Miss X di fianco a Mister X su entrambi i documenti. “Il mandante è lo stesso” si dice, mentre sta eseguendo la correzione.

Si appoggia allo schienale per riflettere ancora una volta. “Perché il killer, ucciso Teresa Lopiccolo, non se ne è andato? Poi uccide Carlo Inzoli. Non subito. Forse perché è il fratello di Anna, la donna fuggita con Antonio Lopiccolo? Oppure perché era diventato un testimone scomodo e quindi pericoloso?”

Fissa il soffitto come per trarre un’ispirazione ai suoi dubbi. Un pensiero è sempre fisso nella sua mente. “Perché anche dopo l’uccisione di Carlo Inzoli non è sparito? C’è voluta una nostra indagine sui soggiorni, perché abbandonasse in fretta e furia la città. Dunque aveva un terzo compito da svolgere. Ma chi è la prossima vittima?”

Come un lampo squarcia l’oscurità, adesso conosce chi è il terzo obiettivo. Sta per preparare la terza scheda, quando sente bussare alla porta.

“Avanti” grida, deponendo la penna.

“Ciao, Paolo” dice Tommasi, facendo capolino.

“Ben tornato, Robbie!” esclama soddisfatto e rilassato Ricardo. “Racconta tutto. Sono curioso di conoscere gli esiti delle ricerche”.

Il poliziotto si siede di fronte al commissario ed estrae un notes, dove sono appuntati gli eventi della notte. Sono quasi le tre ed entrambi hanno gli occhi cerchiati dal sonno.

“Ho visitato per primo il casale di località Volpe sulla provinciale, perché lo ritenevo il meno probabile. Infatti il posto era freddo. Il cancello, che chiude lo stradello all’ingresso delle persone, non è stato aperto di recente. Polvere e qualche ragnatela non denunciavano la sua apertura. L’abbiamo aggirato e l’impressione è stata confermata. Per terra solo tracce di mezzi agricoli e neppure troppo recenti”.

“E’ stata una vostra imprudenza avvicinarvi. Avete contravvenuto alle mie disposizioni” lo riprende bonariamente Ricardo.

“Nessuna imprudenza. Era chiaro che il casale fosse disabitato. Se ci fosse stato il minimo dubbio, non mi sarei avvicinato”.

Il commissario sorride, perché conosce Tommasi e la sua prudenza. Fa un cenno con la testa per invitarlo a proseguire.

“Quello in via delle Bonifiche si è dimostrato più interessante e abbiamo rispettato alla lettera le tue direttive. C’erano tracce recenti di un auto in uscita sull’asfalto. La strada bagnata, come se avesse piovuto, ha conservato l’impronta di una ruota che puntava verso la provinciale. Sullo sterrato c’erano diversi segni di varie macchine, alcune più vecchie, altre più recenti. Abbiamo scattato diverse foto e abbiamo evitato di calpestarle. Secondo me la casa è vuota, Ho lasciato due uomini al riparo di un gruppo di alberi per sorvegliarla. Dopo essermi fatto riaccompagnare qui, ho rimandato l’auto da loro. Lo so, lo so che dovevo consultarti ma il pericolo era minimo” disse anticipando la reazione di Ricardo.

“D’accordo. Hai fatto bene a mettere sotto sorveglianza il casale ma la prossima volta niente colpi di testa”.

“Mi faccio riaccompagnare là e aspetto l’alba con loro?” chiede l’ispettore.

“No. Mi servi qui piuttosto. Organizza per la mattina… Veramente tra poche ore” esclama il commissario, osservando l’orologio. “Dicevo. Organizza l’uscita di un elicottero e di una seconda squadra, che dovrebbe raggiungere il luogo, partendo dalla campagna alle spalle del caseggiato. Blocca l’uscita sulla strada per evitare fughe ma anche chi volesse entrare. Se non ci sono segni di movimento all’interno fai avanzare gli uomini con cautela. Metti posti blocco intorno. Poi tienimi informato sugli sviluppi”.

“Ho capito il messaggio. Mi attivo subito” replica Tommasi, prima di uscire.

Ferrara, ore 21 del 28 settembre

Vito arriva con qualche minuto d’anticipo sull’orario convenuto. Muore dalla voglia di fare sesso con Antonia. Si sente eccitato e la serata promette bene.

“Ciao” dice la donna aprendo il portone del cassero di via Porta Mare.

“Ciao” risponde l’uomo, che la segue nell’ingresso.

In silenzio si siedono nel salotto al piano terra. Lui le prende le mani con passione.

“Calma, calma! Prima due chiacchiere. Poi il resto, se sei stato bravo” gli dice con freddezza, sottraendosi all’abbraccio.

“Cosa vuoi sapere?” le chiede deluso nella voce.

“Quel Ricardo sembra un mastino. Non molla la presa”.

“E’ il migliore. Il questore non lo vede bene ma lui porta a casa i risultati”.

Antonia resta in silenzio. Riflette su queste parole, perché l’hanno turbata. Aveva programmato tutto con molta pignoleria ma non aveva messo nel conto questo commissario rognoso. Non può permettersi di uscire allo scoperto e chiedere attraverso amicizie influenti che il questore lo cacci. Anche Vito è una potenziale minaccia ma al momento è una preziosa fonte di informazioni.

“Ma questo Ricardo com’è? E’ sposato? Ha qualche fiamma? Insomma prova a farmi capire di che pasta è fatto” cinguetta in maniera fasulla.

“Ricardo? E’ single. Nessuna storia alle spalle né al presente…”.

“Ma avrà amici, suppongo” lo interrompe la donna.

“Amici? Non direi! In pratica vive in questura, anche se tiene casa nel quartiere di Arianuova” risponde ridendo Vito. “Alcuni poliziotti lo adorano e si getterebbero nel fuoco per lui. Altri, tra cui anch’io, non lo possono vedere. Farebbero salti di gioia qualora sbagliasse una mossa. Ma purtroppo…”.

“Ci sono altre novità sull’uomo dai nervi d’acciaio?”

“No. Ricardo è uscito con la sua squadra poco dopo la mia telefonata e non è più rientrato”.

“Quindi non sai nulla” gli chiede delusa, perché sta sprecando una sera senza ottenere nessuna informazione utile.

“Di certo niente. Correva una voce che fosse riuscito a mettere il sale sulla coda dell’uccellino fuggiasco. Ma erano solo illazioni. Se ci fosse riuscito, l’avremo visto rientrare con lui, come ha fatto col tunisino”.

Antonia ha un brivido. Sa che un africano, un tunisino o marocchino non ne era sicura, fiancheggia l’organizzazione per alcune operazioni logistiche. Non era al corrente che fosse finito in stato d’arresto. Vede il poliziotto eccitato, troppo secondo il suo punto di vista e decide di chiudere la serata. Vito sta diventando una zavorra a questo punto che rischia di affondare tutto il progetto.

L’uomo si avvicina come ha fatto tante altre volte ma Antonia si alza di scatto, innervosita.

“Andiamo” gli dice con tono perentorio.

“Ma Ntonia…” tenta di supplicare Vito.

“Ti ho detto che andiamo. Non mi va di replicare due volte un ordine”.

Escono in silenzio e si separano. Lei fa un largo giro prima di rientrare. Deve assolutamente parlare con suo padre emettere fine alla relazione col poliziotto.

Patrime, imu chiutire la ucca te furnu, ca se ite lu dindinieδδu1” dice Antonia al telefono.

Lu dindinieδδu tra nnu picca nu canta cchiùi2” risponde il padre.

Ferrara, ore 9 del 29 settembre

Ricardo con gli occhi cerchiati dalle due notti insonni si presenta poco dopo le nove al Caffè del Corso per l’appuntamento con Ludmilla. E’ in leggero ritardo e trova Lopapa e la ragazza già seduti a un tavolo che lo aspettano.

“Fatti i bagordi” lo punzecchia il procuratore.

“Sembri uno zombie” dice di rincalzo la ragazza.

“Volete come aperitivo, che vi mandi a fanculo?” risponde il commissario un po’ stizzito, sedendosi con loro.

Una grassa risata seppellisce queste battute un po’ stantie. Il caffè nero e bollente, le chiacchiere piacevoli hanno il potere di far riprendere un minimo di lucidità e buon umore a Ricardo.

Finita la colazione, il terzetto si trasferisce nell’ufficio di Lopapa.

“Allora, Ludmilla, cosa ci racconti?” comincia il commissario, ansioso di tornare nella propria stanza a dirigere le operazioni della caccia al killer.

“Maria… la madre di Teresa, ieri sera si è aperta con me, parlando della sua vita, di Antonio e del suo ritorno a San Cataldo”.

“Bene. Una bella esposizione chiara e concisa” chiede il procuratore.

“La famiglia di Maria è benestante ma non ricca e avrebbe desiderato un marito diverso per lei. Però a diciassette anni ha perso la testa per il bell’Antonio, un uomo ricco di fascino e abile parlatore. A vent’anni si sono sposati, nonostante la madre fosse contraria. Secondo lei, perché era gelosa. Antonio era un tombeur de femmes, specialmente tra le giovani ninfette leccesi. Lui era più vecchio di quattro o cinque anni rispetto a Maria. Stranamente rimase fedele alla giovane moglie finché quattro anni dopo non rimase incinta di Teresa. Durante quei nove mesi le avventure extraconiugali non si contarono più e lei ha dovuto fronteggiare molti genitori inferociti nei confronti di Antonio. Era sempre in bilico tra mollarlo e rimanere fedele alla promessa fatta in chiesa ma non trovava la forza di chiudere per sempre. Due anni dopo la nascita della figlia avvenne il fatto che sconvolse la loro vita. Lui conobbe Antonia una ragazzina di soli diciassette anni, figlia di un boss del Salento. Iniziarono una relazione che un anno dopo culminò con la loro fuga. Sei giorni dopo Antonio ricomparve e ordinò alla moglie di preparare il bagaglio. Abbandonarono in fretta e furia di notte la casa di San Cataldo e si diressero verso il nord. Dopo alcuni mesi riuscirono a depistare i sicari del padre di Antonia e si fermarono a Ferrara…”.

“Ma come si chiamavano il genitore di Antonia?” domandò Ricardo.

“Maria era confusa sul nome. Gli sembra che avesse il nome dell’abitante di una grande città. Milanese, Genovese o Romano ma poteva essere anche al plurale. Non ne era sicura. Non so se effettivamente avesse dimenticato quel nome o fingesse solo. Non posso esservi d’aiuto su questo” rispose Ludmilla.

“Prosegui” le disse Lopapa.

“A Ferrara Antonio sembrava aver messo la testa a posto, finché sette anni fa nella loro casa non arrivò una compagna di Teresa, Anna Inzoli. Diventò inquieto, sembrò tornare l’uomo che circuiva le ragazze, finché l’anno dopo non scomparve con la ragazza. Io ignoravo fino a ieri mattina che Carlo avesse una sorella e che questa fosse fuggita di casa con un uomo che poteva essere tranquillamente suo padre”.

Ludmilla tace come per rifiatare o per riordinare le idee, mentre Lopapa comincia a parlare un po’ causticamente.

“Non mi sembra che siano informazioni così strabilianti. Sì, qualche utilità hanno ma sono più i buchi che le certezze”.

“Non sono d’accordo” afferma con forza Ricardo. “Mi dà un quadro d’insieme che completa le notizie che già conosciamo”.

Il procuratore ride all’uscita del commissario. Scuote la testa ma non aggiunge altro.

“Ma Maria cosa ha fatto?” domanda Ricardo alla ragazza.

“Nulla. Ha aspettato per due anni che il marito tornasse come le altre volte” risponde Ludmilla.

“Dunque non era la prima volta?”

“No. Le scappatelle duravano poco un giorno o due ma Antonio ritornava sempre. Chiedeva perdono e Maria glielo accordava. Però quest’ultima volta non avvenne questo. Sparì e basta. Lei decise di tornare a San Cataldo, perché era certa che non l’avrebbe più rivisto”.

“Sono testuali sue parole?” la incalza il commissario.

“Sì. Mi detto questo ‘Ntininu, nu tornerà più. E’ morto‘. Però c’era tristezza nei suoi occhi. Teresa invece non ha voluto tornare. E’ rimasta a Ferrara nonostante la madre fosse contraria”.

“Ma come ha vissuto la figlia senza lavoro e senza supporti economici?”

“Non lo so e nemmeno Maria lo sa. Però credo che menta su questo punto. Penso che lei sia convinta che si sia prostituita o che lo facesse anche prima. Non si dà alla figlia della zoccula solo perché non l’ha seguita nel viaggio di ritorno” conclude Ludmilla.

“Dimmi. Antonia. L’ha descritta Maria?” domanda Ricardo.

“Sì. Ha detto che era una bella ragazza che faceva innamorare tutti. Sfrontata e decisa. Arrogante e sicura per l’appoggio paterno. Era una donna capace di alimentare la vendetta anche dopo molti anni. Lei ha ricordato un episodio avvenuto prima che loro fuggissero. Un ragazzo di qualche anno più vecchio è stato ucciso dai sicari del padre, perché aveva disonorato la figlia. Per Maria è stato lui a toglierle la verginità ma poi si era defilato e Antonia aveva giurato vendetta. Un bel tipino!” conclude la ragazza.

“Ma Maria sa cosa ha fatto la bella Antonia mentre loro erano nascosti a Ferrara?”

“Di preciso no ma al suo ritorno a San Cataldo aveva sentito alcune voci”.

“Cosa di preciso” la stimola Ricardo.

“Da prendere con cautela quello che dirò. Secondo una vicina, Antonia dopo la scappatella con Antonio fu allontanata dal paese. Sparì per qualche anno. Si vociferava che fosse rimasta incinta e fosse andata in Svizzera a partorire. Quanto di vero ci possa essere, non lo so ma l’unica certezza è che è rimasta via per diversi anni. Poi qualche tempo dopo si è sposata e si è trasferita col marito in altra città. Quando? Maria ha parlato di circa quindici anni prima”.

“Veramente interessante. Altre informazioni su Antonia?” le chiede il commissario.

“Non so se sono utili” replica Ludmilla.

“Tu dille, poi deciderò se sono utili oppure no”.

“Antonia, sempre secondo questa vicina, ha mantenuto stretti rapporti col padre, che era un pezzo grosso della Sacra Corona Unita del Salento. Quanto sia attendibile questo, non lo sa nemmeno Maria, perché non risulta che Antonia dopo il matrimonio sia ritornata pubblicamente a Lecce. Il padre per contro effettivamente controlla quella porzione di territorio con mano ferma. Maria aspetta con impazienza poter tornare a San Cataldo”.

“Ma la donna ha qualche idea dove si possa essere rifugiato il marito?” le chiede Ricardo.

“No, nessuna idea. Glielo ho chiesto più volte e la risposta è stata sempre ‘Nu ssacciu‘. Per me lo ritiene morto fisicamente e non virtualmente, vittima della vendetta di Antonia”.

“Per me è ancora vivo. Braccato ma vivo. I cacciatori non sanno esattamente dov’è e lo stanno cercando” dice convinto Ricardo.

Lopapa è rimasto in silenzio fino a quel momento, ascoltando il dialogo serrato tra Ludmilla e il commissario. Non è molto convinto che quella sia la pista giusta per catturare killer e mandanti, anche se deve dare atto a Paolo che finora le sue intuizioni sono giuste.

“Però ho una mezza idea chi possa essere Antonia. Nessuna certezza, anzi probabilmente è una fesseria” sbotta la ragazza, cogliendo di sorpresa sia il commissario sia il procuratore.

“Tu prova a dirlo” le ordina Lopapa.

“Da voci di corridoio in ufficio, la solita radio serva, ho sentito dire che Chiumento, il nostro responsabile del personale, ha sposato anni fa una donna bellissima ma autoritaria che le mette corna a bizzeffe. Non è che lui sia uno stinco di santo. Sempre secondo queste malelingue, lei non è di Ferrara e affermano che viene dal tacco, come definiscono in modo spregiativo la Puglia. Quindi tempi e origini possono coincidere. Inoltre Chiumento ha assunto di persona Teresa in maniera poco chiara. Quindi se la moglie fosse Antonia, potrebbe aver orchestrato una vendetta trasversale, sapendo che era la figlia dell’uomo che l’ha sedotta e abbandonata” conclude Ludmilla.

“Non male come soluzione del caso” afferma Ricardo, “Però di ma e di se ce ne sono troppi. Visto che brancoliamo nel buio, potrebbe essere una pista da verificare”.

“Io andrei” dice Ludmilla osservando l’ora. “Altre domande?”

“No” risponde Lopapa.

“Nemmeno per me. Grazie, Ludmilla. Sei stata veramente in gamba a far parlare Maria” aggiunge Ricardo.

“A proposito. Maria quando potrà tornare a San Cataldo?”

Il commissario guarda con sguardo interrogativo il procuratore. Per lui potrebbe partire domani o dopodomani al massimo ma vuol lasciare la decisione a Carmelo.

“Penso che martedì sia la giornata giusta” dice con tono neutro Lopapa.

“Ciao!” esclama la ragazza, mentre li saluta con la mano.

1Trad. Padre, dobbiamo chiudere quella bocca, perché si vede l’ugola

2Trad. L’ugola non canterà più

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38 risposte a “Il mazzo di fiori – parte trentottesima”

  1. Ci siamo…E sempre scritto con un’ attenzione per luoghi da te sicuramente, penso, conosciuti, vista appunto la tua precisione nel parlarne. Se poi sbaglio dimmelo tu. A presto caro Gian Paolo, un abbraccio. Isabella

  2. Da questo capitolo e nei restanti tre, poi cala il sipario, ho pensato per rendere più chiari gli avvenimenti di indicare località, orario e giorno. Spero che ne possa trarre vantaggio il lettore.

  3. Ma quant’è brava questa Ludmilla, ha trovato più informazioni lei del commissario e company! 😉
    buon onomastico anche da parte mia, seppur sul concludersi del dì 🙂

  4. Quel Chiumento essendo Responsabile del Personale conosce com’è logico gli orari e i periodi di ferie dei propri dipendenti e il mazzo di fiori venne consegnato proprio quando nessun dipendente era presente nel luogo di lavoro. Ludmilla casualmente aveva anticipato di un quarto d’ora il normale orario di uscita dal lavoro ma questo solo gli addetti al rilevamento delle presenze potevano saperlo, neppure i guardiani dell’edificio se n’erano accorti credendola ancora in servizio a svolgere lavoro straordinario.
    Quindi Chiumento potrebbe essere il coniuge di Antonia e Antonia la madre di Teresa Lopiccolo.
    O no? 🙁
    Comunque Ludmilla è un’eccellente investigatrice, riuscire a far parlare con dovizia di particolari Maria Russo non dev’essere stato facile. E Maria Russo sa bene che il marito Antonio è ancora vivo.
    Pfuiii … com’è difficile districare la matassa!
    Adesso la curiosità è alle stelle, ci stai tenendo tutti sulle spine 😉
    Bellissimo racconto.
    ‘notte
    Affi

    1. Affi, ottima ricostruzione con eccelente logica. Non dico nulla per non anticpare il finale. Ancora due capitoli poi il gran finale.
      Ho reso torbide le acque?
      Dolcissima notte, Affy
      Un abbraccio
      Gian Paolo

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