Il mazzo di fiori – parte ventitreesima

La Nuova Ferrara del 27 settembre 2013

L’incidente di venerdì scorso è stato un omicidio. Colpo di scena durante le indagini

Dal nostro inviato

Un autentico coupe de theatre è stato rivelato nella conferenza stampa di ieri sera dal procuratore Lopapa, che coordina le indagini sull’incidente di venerdì scorso in corso Giovecca. Quello, che rimaneva singolare e incomprensibile, è adesso chiarissimo. Teresa Lopiccolo è stata uccisa da un colpo di fucile sparato da una finestra di un palazzo posto di fronte al Parco Pareschi. Quindi i piccoli misteri, che avvolgevano l’episodio, sono più chiari a cominciare dallo strano interessamento del magistrato di turno, alle indagini del commissario Ricardo, dall’alone misterioso che ha avvolto l’identificazione della donna. Ricordiamo che era priva di documenti e guidava una macchina non sua. Secondo una sommaria ricostruzione dei fatti Teresa Lopiccolo è stata raggiunta alla testa da un proiettile. Nonostante le insistenti domande di noi giornalisti, il magistrato non ha lasciato trapelare molti particolari. Ha glissato sul nome della ragazza bionda che per prima ha identificato la morta. Non ha spiegato quale movente sia alla base dell’assassinio e come l’assassino abbia colpito la ragazza. In conclusioni molte ombre avvolgono ancora il fatto. La reticenza di Carmelo Lopapa ha fatto balenare l’ipotesi che sia un assassinio analogo a quello famoso di Marta Russo. Per chiarezza dei lettori si riassumono in breve gli avvenimenti. Fu un caso che monopolizzò i media nazionali e nonostante l’iter giudiziario sia stato concluso con delle condanne definitive, già scontate, qualche dubbio è rimasto sia nella conduzione delle indagini sia nelle conclusioni. Una giovane donna, Marta Russo, una studentessa di giurisprudenza de La Sapienza di Roma, fu uccisa da un colpo di pistola, mentre camminava con un’amica in un vialetto interno alla Città Universitaria il 9 maggio 1997. Il proiettile fu sparato da una finestra dell’ateneo e si disse che il motivo era stato di simulare un delitto perfetto. Le indagini furono complesse e con parecchi colpi di scena per l’assenza di un movente certo. Solo dopo testimonianze, ritrattazioni e coinvolgimento di professori, usciere e segretaria si arrivò all’incriminazione di due giovani assistenti e alla loro condanna. I processi furono esplosivi fino alla conferma definitiva della pena in Cassazione nel 2003. Ci si domanda se il magistrato facesse riferimento al quel famoso caso, mentre esponeva i fatti. Adesso aspettiamo gli sviluppi o nuovi colpi di scena. Per il momento tutto è avvolto nella nebbia.

Il commissario accompagna Ludmilla e Maria Russo nell’abitazione della ragazza. Il tragitto si svolge in silenzio. Si ascolta solo il respiro delle due donne e il rombo della potente Alfa.

Arrivati sotto casa, Ludmilla, giocando d’anticipo, invita Ricardo a salire. “Sali” gli dice. “Ti offro un aperitivo”.

Il commissario annuisce e le segue. Il procuratore gli aveva suggerito di visitare l’appartamento ma la ragazza gli ha agevolato il compito. Aperta la porta, si fermano presso un basso muretto di pietra a vista, che separa la sala da pranzo dal minuscolo ingresso.

“Venite avanti” dice Ludmilla, facendo strada verso il divano. “Questa è sala, salotto, studio. Insomma dove vivo praticamente, quando sono in casa. Lì c’è la cucina. Non è grande ma vivibile. E là camera da letto e bagno. Quella porta finestra conduce a un ampio balcone”.

“Piccola ma confortevole” precisa Ricardo, che osserva con occhio professionale tutto quanto. Nota una stampante HP Officejet in un angolo e riflette che non può averla usata per fotocopiare le pagine del taccuino di Teresa. I suoi uomini lo avrebbero scoperto immediatamente ma hanno confermato che apparentemente le pagine non sono state aperte e poste su una fotocopiatrice. “O le ha fotografate oppure le ha ricopiate manualmente. Oppure le ha semplicemente lette. Quindi ha fatto bene Carmelo a non accettare la sfida della perquisizione” ragiona alla vista della stampante.

“Prendi qualcosa?” si informa premurosa Ludmilla, che ha osservato con attenzione dove si posa lo sguardo del commissario.

No. Devo tornare in ufficio. Per qualsiasi evenienza mi potete contattare a questo numero” dice, porgendo un biglietto da visita. “Giorno e notte. Qualsiasi volto sospetto o persona sconosciuta, che vedete aggirarsi nei paraggi, me li dovete segnalare. Niente colpi di testa o indagini personali. Per precauzione una squadra in borghese sarà sempre appostata nei paraggi e vi seguiranno come ombre”.

Ludmilla rabbrividisce, perché intuisce di essere in pericolo.

“Ma perché?” domanda, conoscendo già la risposta.

“C’è un pericoloso killer in libertà e prendiamo tutte le cautele possibili. Non aprite la porta senza accertarvi che sia una persona nota. Ti consiglio di cambiare strada per recarti al lavoro e le abitudini mattutine per qualche giorno”.

Poi rivolgendosi a Maria Russo, le dice: “Signora, domani verrà un’agente in borghese a prenderla. Sarà il suo angelo custode. La segua senza timore. La accompagnerà ovunque lei voglia recarsi”.

Dette queste parole Ricardo prende la strada del ritorno, lasciando sole le due donne.

“Signora…” comincia Ludmilla.

“Mi chiami Maria” replica decisa.

“Maria, venga. Le mostro la camera dove riposerà”.

“Ma no!” esclama. “Mi basta quel divano. Non voglio disturbarla oltre misura, cambiando le sue abitudini. E’ già stata fin troppo gentile ospitarmi”.

“Nemmeno per sogno! E’ ospite e gli ospiti vanno trattati con tutti i riguardi” si schernisce la ragazza. “Se ha necessità del bagno per darsi una rinfrescata, le porto asciugamani e accappatoio puliti. Faccia come se fosse a casa sua”.

“E’ molto gentile. Spero di sdebitarmi con lei, se mi viene a trovare a San Cataldo”.

Ludmilla sorride, mentre va a prendere il necessario per il bagno.

Mentre Maria si dà una rinfrescata, la ragazza è in cucina a preparare qualcosa per la cena.

“E’ presto. Lo so” borbotta mentre è affaccendata ai fornelli. “Ma oggi ho saltato il pranzo e lo stomaco reclama cibo. Mi domando perché lunedì scorso la madre di Teresa abbia mentito, affermando di non conoscerla. Devo capirlo. E’ un atteggiamento strano e incongruente”.

Sente la donna uscire dal bagno e la chiama in cucina.

“Io ho fame. Oggi ho saltato il pranzo. Ho preparato qualcosa di veloce. Spaghetti aglio e olio, formaggi freschi e stagionati, insalatina da taglio con rucola e olive verdi. Il pane è quello di ieri, che ho riscaldato nel microonde”.

“Grazie” mormora Maria, sedendosi a tavola.

Parlano poco, qualche battuta. Pensano a rifocillarsi. Entrambe sono da molte ore a digiuno e, calato lo stress, avvertono i morsi della fame.

“Prende un caffè?” le domanda Ludmilla, che, placati i crampi allo stomaco, ha ritrovato la parola.

“No, grazie” risponde pronta.

“D’accordo” dice, mentre inizia a riempire la moka. Deve trovare il modo di introdurre gradualmente la domanda che ha in mente dal pomeriggio. Non vuole sprecare il momento di rilassamento della donna.

“Ha abitato a Ferrara. Dove?” le chiede Ludmilla, dopo aver acceso il fornello.

“Sì. In Carlo Mayr” risponde con un sospiro.

“In pieno centro!” esclama sorpresa la ragazza. “Anch’io avrei voluto stare in centro ma era tutto terribilmente caro!”

“Era una vecchia abitazione, umida e poco confortevole. Fredda d’inverno e rovente d’estate. La sua è calda e accogliente e non dista troppo dal centro”.

Ludmilla le scocca un bel sorriso. “Un piccolo condominio con sei appartamenti” riflette pensando a dove abita. “Tre per piano. Un po’ di verde comune ma molta tranquillità. Poche macchine in transito. Solo quelle dei residenti nella zona ma appena due chilometri per arrivare al Castello. Non posso lamentarmi”.

La conversazione langue tra parole banali e frasi scontate. Ludmilla non riesce a dirigere il dialogo verso la domanda che la sta assillando. Maria Russo si tiene distante dall’argomento Teresa. La ragazza si pone qualche quesito. “Non pare addolorata dalla morte della figlia, anzi tutt’altro. E’ come se si fosse liberata da un peso. Un atteggiamento ambiguo e poco consono alle circostanze. Poi parla come se non fosse mai stata sposata oppure fosse vedova. Dal poco che si era lasciata sfuggire Teresa, mi pare di ricordare che il padre se ne è andato di casa poco prima che la madre facesse ritorno al paese di origine. Anche questo è un comportamento che lascia perplessi. Ne devo parlare con Ricardo. Non mi sembra in linea con il naturale dolore per la perdita di una figlia”.

Sono rimaste in silenzio, mentre Ludmilla rifletteva su Maria. Poi decide di rompere gli indugi.

“Lunedì, quando le ho telefonato, mi ha riconosciuto come la collega di Teresa?” domanda senza troppi giri di parole.

“Sì” risponde asciutta.

“Eppure mi ha dato una risposta negativa” insiste la ragazza.

“No. Ho detto semplicemente che non c’era nessuna Teresa a casa mia” replica con durezza.

“D’accordo ma poteva chiedermi il motivo della telefonata”.

“Per me Teresa non esiste più da sei anni” dice con voce indurita dall’odio.

Ludmilla sussulta. Non si aspettava quel tono di astio nei confronti della figlia. Tace e non riesce a reggere lo sguardo carico di rabbia della donna. Le fa paura.

“Capisco” afferma la ragazza, che adesso si spiega l’assenza di dolore in Maria.

“Se non le dispiace, io mi ritirerei in camera. Sono molta stanca” esterna con tono imperioso.

“Certamente. Il viaggio, lo stress della giornata odierna taglierebbero le gambe a chiunque” risponde, alzandosi per accompagnarla nella stanza da letto.

Prende la camicia da notte, un cuscino e plaid da usare per la notte e ritorna sul divano. Riflette e ragiona su l’ultimo scambio di battute. Pensa di essere stata troppo diretta nelle domande ma le risposte sono state illuminanti.

“E’ una donna fredda e rancorosa. Anzi vendicativa nei confronti di chi le usa degli sgarbi o che pensa che siano tali” si dice in silenzio, fingendo di osservare il televisore acceso ma muto. “Quando ha deciso di tornare a Lecce e Teresa non l’ha seguita sei anni fa, l’ha cancellata. E’ vero che non ha detto questo esplicitamente ma ‘Per me Teresa non esiste più da sei anni‘ è troppo eloquente per essere interpretato in maniera differente. Credo che ne debba parlare con Ricardo. Non so cosa abbia detto a Lopapa ma la durezza del tono metteva più di un brivido. Posso fidarmi di lei oppure rischio qualcosa?”

Osserva l’ora. Sono le dieci di sera e decide di mettersi a dormire.

“Magari!” riflette. “Magari se riuscirò a prendere sonno!”

Spegne le luci ad esclusione di una lampada da pavimento. Cerca di dormire, si agita, si sveglia. E’ un’agitazione continua tra incubi e sogni, tra risvegli e e brevi sonni. Guarda l’ora. “Appena mezzanotte” borbotta assonnata, quando sente squillare il campanello di ingresso.

Si sveglia completamente in preda all’ansia. Accende la luce e si guarda intorno smarrita. “Aveva ragione Ricardo!” esclama angosciata. “Chi sarà? Chiedo chi è oppure fingo di non aver sentito?”

Afferra il telefono e il biglietto col numero da chiamare. Non fa in tempo a leggerlo che squilla minaccioso. Risponde.

“Lo so che sei in casa. Non mi sfuggirai” dice una voce dalla chiara inflessione meridionale.

Il sangue gela nelle vene, mentre osserva sgomenta il display.

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24 risposte a “Il mazzo di fiori – parte ventitreesima”

  1. Oddio! Il mistero si infittisce! L’uomo al telefono è quello che la segue? Presumo di sì, ora Ricardo deve proteggere Ludmilla 🙂 Buona giornata, un abbraccio!

  2. Pauraaaa! 🙁 … quella voce con quel tono minaccioso al telefono … 🙁
    La faccenda è adesso ingarbugliata assai. Hai presente un gomitolo di lana dopo che ci hanno giocato cinque gatti? Ho scritto “Presente” la trama si è impossessata già di me! 😉
    Se avessi il numero chiamerei il Ricardo …. Ludmilla deve essere messa al sicuro, temo per lei, per la sua incolumità.
    Non avrei mai immaginato che un mazzo di fiori potesse scatenare tutto questo … e non finisce qui!
    E comunque aspetto buone nuove, ti lascio un abbraccio
    n.b. ne sta uscendo un ottimo racconto, fidati! 😉

  3. Sempre più mistero….la mamma o meglio madre vista la freddezza che emana mi lascia perplessa….ma sarà proprio quello che sostiene di essere? Mahhhh
    Aspetto con impazienza! Il seguito

  4. Il caso di Marta Russo trovo abbia parecchie analogie con il film ”Nodo alla gola” di Hitchcock con James Stewart, dove uno studente ricco e benestante uccide un amico pensando di aver commesso il delitto perfetto . Per quanto riguarda il racconto, m’ incuriosisce sempre più la figura di Maria con quell’odio represso, verso chi ? Ti abbraccio caro Giampaolo. Isabella

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