Il Mazzo di fiori – parte ventesima

Ludmilla ha il viso in fiamme. E’ irritata, furiosa con se stessa per essere caduta nei tranelli di Ricardo. Si gira. Osserva la persona che viene introdotta nell’ufficio. E’ una figura fragile, vestita di scuro, che tiene stretto una borsa come se fosse tutta la sua ricchezza. Non vede nel viso nessuna ombra di tristezza o di dolore. Si stupisce.

“Perché?” si domanda. “E’ morta la figlia. Eppure nessun segno sul suo volto, come se fosse sollevata per l’accadimento”.

Ricorda la telefonata di lunedì, perché è sicura che era lei a rispondere. Aveva percepito una freddezza quasi crudele nella risposta e a negare di conoscere Teresa. Eppure era sua figlia. Nota come incede con gelida fierezza, mentre si avvicina alla scrivania. Trova spiazzante il comportamento. La segue con gli occhi, mentre si accomoda di fianco.

Non riesce a definire l’età. Sembra vecchia dal comportamento ma ha una figura giovanile. Si sente in confusione. Cerca di mantenere la calma. “Potrebbe avere all’incirca cinquant’anni, visto che Teresa ne aveva trenta. Ma è talmente anonima che anche gli anni lo sono” riflette, osservando il viso e le mani, le uniche parti del corpo che sono in evidenza.

“Buon giorno signora Lopiccolo. Fatto buon viaggio?” domanda cortese Ricardo.

“Sì” è l’unica risposta.

“Desidera qualcosa?”

“No”.

Ludmilla rimane a bocca aperta, perché le sembra che risponda a monosillabi ‘sì, no’, come se non conoscesse altri vocaboli.

“E’ pronta a venire con me e il dottor Lopapa, il magistrato che segue il caso, per identificare il cadavere? Oppure…”

“Sì!” afferma la donna chiudendo il discorso del commissario.

“Ci fai compagnia oppure ci aspetti qui?” domanda Ricardo, rivolgendosi alla ragazza.

“Vengo con voi” risponde prontamente.

Il commissario batte la mano sulla fronte come se si fosse dimenticato qualcosa.

“Che sbadato! Mi dovrete scusare ma mi sono dimenticato di fare le presentazioni. Signora Lopiccolo questa è Ludmilla Presente” dice indicando col gesto della mano la ragazza accanto alla quale è seduta.

La donna si gira e l’osserva in silenzio senza cambiare espressione del viso.

“La signorina Presente era la collega con la quale sua figlia divideva l’ufficio” precisa, nonostante Maria abbia lo sguardo assente.

Ludmilla borbotta qualcosa di vagamente assomigliante a un ‘piacere’, mentre Maria nemmeno quello.

Ricardo comprende che difficilmente riuscirà a farla parlare. Afferra il telefono e chiama Lopapa.

“Carmelo? Sono Paolo…Ricardo” esordisce. Ascolta in silenzio prima di riprendere a parlare. “E’ arrivata or ora la signora Lopiccolo. Tempo di prendere la macchina e siamo lì da te”.

Ancora silenzi seguono le sue ultime parole.

“D’accordo. Viene con noi anche la signorina Presente. A tra poco”.

Si alza e invita le due donne a seguirlo.

Lopapa è seduto nel suo ufficio e sta riordinando le carte con cura meticolosa. Legge il rapporto dei vigili, che è arrivato da poco sulla sua scrivania.

‘…nessun segno di frenata sull’asfalto. L’impatto è avvenuto a metà tra l’angolo di via Coramari e l’arco d’ingresso al parco Pareschi. La Smart ha deviato dalla sua traiettoria bruscamente. Ha sormontato il marciapiede e ha finito la sua corsa contro il muro di cinta del parco Pareschi. Inspiegabili i motivi della deviazione. Forse ha avuto un mancamento. In allegato ci sono fotografie e la pianta in scala del luogo dell’incidente…

Osserva con cura gli allegati. Non gli dicono nulla di nuovo. Sa il motivo di quello che a prima vista ai vigili è apparso strano. La ragazza al volante è morta istantaneamente per un colpo di fucile. Lo sbandamento inspiegabile è da imputare al suo accasciarsi sul volante.

Il commissario ha fatto un censimento delle telecamere in corso Giovecca. Apparentemente le ultime sono all’altezza della sede centrale della Cassa di Risparmio. Forse ce ne una anche qualche decina di metri più avanti. Si ripromette di contattare il comando dei carabinieri, perché appartiene a loro.

Impreca e sbotta con una parolaccia, perché non possono essere di grande aiuto nel ricostruire l’accaduto. “Quando servono, non ci sono mai!”

Le altre carte sono vecchie. Aspetta il responso del perito balistico, del medico legale. Suona il telefono. Sbuffa infastidito.

“Lopapa”.

Ascolta chi lo chiama.

“Ciao, Paolo. Novità? Stavo riordinando le carte. Non riesco a fare un passo avanti. Quando credo di aver capito la dinamica dell’incidente, appare qualcosa che scombussola le certezze. Scusa lo sfogo ma mi sembra di girare a vuoto. Dimmi tutto”.

Rimane in ascolto di quello che Ricardo gli dice.

“D’accordo. Allora ti aspetto qui. Al ritorno vorrei fare due chiacchiere con la signora Lopiccolo. C’è qualcosa che non quadra”.

Con la penna disegna dei cerchi e dei triangoli, mentre ascolta il commissario.

“Non sono molto contento ma va bene lo stesso. A tra poco. Ciao”.

Chiude la conversazione e prova a ricapitolare gli avvenimenti. Su un foglio di carta scrive dei nomi.

Felix con un punto di domanda accanto. Pure di fianco a Alex mette un interrogativo. Presente ‘potrebbe essere un mandante’.

Maria Lopiccolo ‘altro possibile mandante’

Killer ‘chi potrebbe essere?”

Ben Tarek ‘da approfondire’

Mister X ‘ da individuare’

Fa del foglio una pallottola di carta che butta nel cestino.

“Troppi interrogativi. Chi avrebbe avuto interesse a uccidere la Lopiccolo? Bella domanda. Conoscendo la risposta, potrei mettere le mani sull’assassino ed eventuali mandanti”.

Si prepara per uscire e si avvia verso l’ingresso.

Felice impreca per la sua dabbenaggine. Ha rischiato di palesarsi e di finire sotto inchiesta.

“Teresa, quella piccola puttanella, per poco non mi inguaiava con le sue continue richieste di soldi. Minacciava di dire tutto a mia moglie. Affermava che ero il padre del bambino che aveva in grembo. Un’autentica troia! Per fortuna che ora non c’è più”.

Ricorda come la ragazza l’aveva agganciato al bar e come si fosse dimostrata sfrontata.

“Sono uno stronzo patentato! Ci sono cascato come un tordo! Dovevo fare più attenzione! Una, che ti rimorchia al bar e che ti propone di passare la notte da lei, doveva farti scattare qualche campanello d’allarme. Invece, io no! Una, due, tre notti di passione in una casa che ora scopro non era la sua abitazione. Questo mi dà molto da pensare. Perché spacciare per casa sua qualcosa che non era sua?”

Scuote il capo e non riesce a darsi pace. Il suo timore adesso è che possano apparire dei video compromettenti. Sa che non potrebbe fare nulla. Ha lasciato troppe tracce per smentire un suo coinvolgimento nella faccenda.

Sarebbe per lui un disastro. Rischierebbe il posto nell’azienda della moglie, che chiederebbe subito la separazione.

“E’ lei, la megera, che ha i soldi. Se mi lascia, devo andare a dormire sotto i ponti e mangiare alla mensa della Caritas! Addio vestiti eleganti, macchine di lusso e vacanze da nababbo! Però quella ragazzotta dai capelli ricci ci sapeva fare! Altro che quel manichino freddo di mia moglie!”.

Felice riflette amaramente, mentre passeggia nervosamente intorno al castello Estense. Adesso la sua preoccupazione è la collega, quella bionda cavallona che lavorava con Teresa. Gliela aveva indicato l’amante ai primi di settembre. “Quella è …” gli aveva detto, mentre erano al bar a prendere un aperitivo. Il nome era insolito ma l’aveva scordato quasi subito. Il viso, invece, no, quello non poteva dimenticarlo. Un ovale incorniciato da stupendi capelli del colore del grano maturo. “No, l’ho vista molte volte. Quegli occhi chiari, credo azzurri, mi hanno colpito” riflette, mentre attraversa il Castello per l’ennesima volta. La figura non era il massimo per lui. A lui piacevano le donne in carne, dalle curve generose, mentre quella pareva più ossa che altro, a parte il fondoschiena sodo e bello da vedere. Anche le gambe ben tornite e slanciate l’avevano attratto. Però era Teresa la donna che è entrata prepotentemente nella sua vita e ha maledetto quel giorno di marzo, quando l’ha conosciuta.

“Se per caso la troietta si è confidata con lei, sarei fottuto. Sono molto sospette queste lunghe permanenze in questura. Cosa avranno da chiederle?” si domanda, mentre si siede su una panchina dei giardini accanto al Castello.

“Fermarla non posso. Mi tradirei. Se però…”.

Un pensiero gli balena nella testa.

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37 risposte a “Il Mazzo di fiori – parte ventesima”

  1. Felix = sarà Felice? 😯 perdindirindina il groviglio nella matassa si fa consistente non vorrei essere al posto di Lopapa.
    E Alex? sarà un compare di Felix? 🙁
    Fiduciosa attendo buone nuove. 😉
    Capperi se sta prendendo forma questo racconto, è davvero bello!
    Buon inizio settimana, un abbraccio
    Affy

  2. se penso che è nato tutto da un mazzo di fiori anonimo…
    bravo Gian Paolo, vedremo cosa è balenato in testa a Felice e, ancor prima a te 🙂
    buona giornata
    Ludmilla

  3. Anche in ritardo ma arrivo…Certo che sei bravo a tenerci sulle Spine, leggere con interesse tutti gli intrecci e sperare di riuscire a captare qualche particolare per avere qualche indizio ma niente….. Gian Paolo sono sempre più curiosa
    Ti auguro una serena domenica delle Palme
    Un abbraccio
    Trisch

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