Il Borgo – Capitolo 47

Laura guardava l’ingresso come se percepisse l’arrivo di una persona conosciuta e attesa da tempo. Aggrottò le sopracciglia, storse la bocca e parlò.

E’ invecchiato il Borgo” disse, rivolgendosi a Mattia, come se fossero solo loro due fermi davanti all’arco che immetteva nella cittadella.

Non mi sembra” affermò il ragazzo, mentendo. «Non vedo e non sento nulla. Solo il verso di un uccello che non conosco. Ma no posso gridarlo ai quattro venti. Devo stare al gioco» rifletté mentre aspettava che la ragazza proseguisse.

Ha delle rughe più profonde sul viso e gli occhi hanno perso lucidità” proseguì come ispirata. “Ci fa segno di entrare”.

Mentre Laura diceva ad alta voce queste parole, Teresa ridacchiando bisbigliò nell’orecchio di Alba.

E’ via di testa”.

Povero Mattia” replicò l’amica.

Lorenzo osservò con occhio professionale lo stato delle mura esterne e scosse il capo.

Rispetto alla foto di settembre sembra che le condizioni del Borgo si siano deteriorate e non di poco. Rimetterlo in sesto sarà più laborioso di quanto preventivato ma si può fare” disse rivolgendosi a Matteo che era fermo al suo fianco.

Non me ne intendo ma mi fido della tua esperienza in materia. I miei occhi scorgono solo muri rovinati e tante erbacce”.

Vedi bene, amico mio!”

Betta e Giacomo parevano disinteressati a quello che dicevano gli altri, continuarono a parlare di loro, a cercare di chiarire gli ultimi dissapori.

Marco sorrise nell’ascoltare le parole della ragazza.

Laura ha cominciato il suo show. Parla col Borgo come se fosse una persona in carne e ossa” sussurrò a Eva, che scosse il capo in segno di rimprovero.

Ragazzi” disse Laura, girandosi verso il gruppo fermo dietro di lei. “Il Borgo ci invita a entrare. Siamo i benvenuti”.

Con passo deciso si avviò verso l’ingresso.

Il gruppo la seguì in silenzio, che era rotto dal fischio del vento tra le rovine.

Mentre con cautela aggiravano nuovi cumuli di pietre e di legno marcio, Alba bisbigliò alcune parole alla compagna, che stava accanto a lei.

Mi pare di percepire dei suoni, come se qualcuno parlasse. Provo strane sensazioni tra questi muri diroccati. Sembra quasi che mi osservino”.

Teresa la guardò sorpresa.

«Sembra una malattia contagiosa. Quella pazza parla come se il Borgo fosse una persona reale. Questa qui avverte delle strampalate impressioni» ragionò prima di rispondere.

Sei sicura?” le chiese col tono di chi dubita delle facoltà mentali di una persona.

Certissima” rispose sicura.

Io non sento niente. Solo il sibilo del vento, il fischio di un uccello sconosciuto e i nostri passi. Per il resto vedo solo pietre ricoperte di muschio e tante erbe cresciute selvatiche tra i ruderi. L’unico odore è di muffa, di stantio e di marcio” concluse scuotendo il capo.

Alba sollevò le spalle come segno di disappunto e rimase in silenzio senza replicare.

Arrivati nello spiazzo più largo davanti al castello, Laura con un segno della mano fermò il gruppo, che si dispose alle sue spalle.

Ci vuole raccontare qualcosa” disse la ragazza, invitandoli a tacere.

Benvenuti, ragazzi” esordì il Borgo, facendo segno di disporsi in circolo.

Non tutti capirono l’invito, che la ragazza ripeté.

Teresa faticava a rimanere seria, mentre Alba pareva rapita, persa in un altro mondo.

Betta s’era chetata e si stringeva a Giacomo, anche se la sua mente vagava altrove.

Voglio raccontarvi una storia, non più vecchia di cinquant’anni fa. A quell’epoca il Borgo era ancora abitato da poche persone, ormai vecchie che non desideravano allontanarsi dalle loro case”.

Un colpo di tosse interruppe la narrazione, come per richiamare l’attenzione di alcuni, che parevano presenti solo fisicamente.

C’era una persona anziana di oltre settant’anni che viveva sola nella casa alle mie spalle”.

Alba allungò il collo per inquadrarla ma immediatamente riprese ad ascoltare il Borgo.

Diceva sempre che, finché respirava, lei sarebbe rimasta lì, anche se fosse rimasta l’unica e l’ultima abitante di questo posto. Si chiamava Ersilia… Ersilia Morelli. Era piccola, fragile come il vetro ma lo spirito era forte come la roccia. Era l’agosto del 1960 e dal comune di Fiorenzuola arrivò l’ordine di abbandonare la frazione entro il mese di settembre. Molti si disperarono e piansero al pensiero di lasciare le loro case. Qualcuno radunò le misere cose che possedeva, le caricò su un carretto e si trasferì a Moraduccio, la borgata che si intravede in basso. Altri resistettero e promisero battaglia…”.

Laura pensò all’imponenza delle rovine e all’apparente resistenza del luogo allo stato di incuria, nonostante gli oltre cinquant’anni di abbandono. Per un attimo smise di seguire il racconto del vecchio che descriveva come gli ultimi abitanti se ne fossero andati

Rivide quegli istanti sotto lo sguardo dell’impavida sentinella della chiesa, ormai ridotta a un cumulo di macerie. Con la vista, che scrutava le antiche dimore, che apparivano con gli interni ormai quasi tutti crollati, la sensazione di assoluto squallore svaniva e subentravano fantastiche immagini degli antichi abitanti. Questi erano all’opera a sormontare pietre su pietre, a curvare gli archi per ricostruire le loro abitazioni. Tuttavia le bastava girare con lo sguardo intorno e si accorgeva che il futuro di questi antichi e quasi magici edifici era lì, davanti a lei, inesorabilmente impresso su quei sassi che per tanti anni avevano dato rifugio e certezze agli uomini che vi avevano abitato.

Questi pensieri alimentarono dentro di lei il furore di cominciare da subito a rimuovere pietre e recuperare quegli spazi senza ulteriori attese.

Mentre era immersa in queste riflessioni, Teresa la osservava e scuoteva il capo.

«Ci vuol far credere che una mitica figura stia parlando a noi. Ma non si vede e non si ode nulla, a parte i nostri respiri e il sibilo del vento. Pare come se fosse preda di allucinazioni sotto gli effetti di una potente droga. Eppure non dà l’impressione di essere una tossica. Ha suggestionato pure Alba».

Mattia si osservò intorno e scrutò i visi dei compagni. Salvo un paio che parevano assorti nell’ascoltare, il resto mostrava sul volto scetticismo e una specie di insofferenza.

«Io stesso sono scettico e non riesco a percepire nulla. Quindi comprendo chi lo mostra in maniera palese. Fingo di ascoltare ma non posso mostrare la mia impazienza, perché voglio evitare nuovi litigi».

Il 30 settembre arrivarono i carabinieri per convincere gli ultimi a partire. Solo Ersilia rimase ferma nella sua decisione. A nulla valsero le blandizie del brigadiere, né le minacce del delegato comunale. ‘Io resto qui. Piuttosto muoio tra queste quattro mura ma non mi trasferirò mai altrove’ disse battagliera. Tonino con le lacrime sul viso portò fuori dall’uscio le poche cose che possedeva. ‘Sono pronto? Disse senza voltarsi in dietro. ‘Peppe” apostrofò il brigadiere volgendosi verso l’appuntato. ‘Raccogli quelle valigie e mettile sulla campagnola’. L’uomo si mosse incerto verso il fuoristrada dei carabinieri per seguire gli ultimi ricordi. ‘Signora’ proseguì il militare. ‘Faccia la brava. Non può restare qui. Il sindaco ha disposto lo sgombero del paese. Non mi costringa…’. Ersilia lo guardo con gli occhi fiammeggianti. ‘Da qui non mi muovo’ replicò decisa e risoluta a mettere in atto i suoi propositi. ‘Signora, non mi costringa a usare la forza. E’ meglio per entrambi’ disse con tono dolce e fermo il brigadiere. ‘Qui sono nata e qui voglio morire’. A uno a uno anche gli altri seguirono l’esempio di Tonino e a capo chino raggiunsero le campagnole dei carabinieri. Il sole stava tramontando come la pazienza dei militari stava scemando…”

Mentre il vecchio proseguiva nel suo racconto, Betta diede leggermente un colpo di gomito a Giacomo.

Vieni. Andiamo a vedere le condizioni della chiesa. Qui non facciamo nulla”.

Di soppiatto i due ragazzi si defilarono per raggiungere la chiesa, ridotta a rudere, senza tetto e coi muri parzialmente crollati.

Ci sarà da lavorare” disse la ragazza, osservando col magone lo sfacelo. “L’intonaco è praticamente scomparso. Dei vecchi affreschi rimane qualche pallida traccia sulle pietre rotolate a terra”.

Credo che tu abbia ragione” confermò Giacomo, stringendola. “Ci sarà da rimboccarsi le maniche”.

… Ersilia fu caricata a forza sulla camionetta. Lei e le sue poche cose. E il Borgo rimase solo”.

Un gelido silenzio, appena scaldato dal sole di aprile, scese fra i ragazzi al termine del racconto del vecchio, che pareva essere esausto.

Marco si era allontanato per scattare nuove inquadrature da comparare con le vecchie.

Lorenzo prese la parola per porre qualche domanda al Borgo.

Da una precedente visita ha detto di ricostruire il castello, le mura esterne e la chiesa. Per le abitazioni lasciava il campo libero. Credo per omaggiare Ersilia sarebbe bello ripristinare la sua ultima abitazione. A proposito di lei non si sa come sia finita?”

Il Borgo scosse il capo.

Dei vecchi abitanti non conosco come siano finiti e dove riposino ora. Ersilia fu l’ultima persona che vidi. Poi il vuoto, il silenzio, l’abbandono all’incuria e allo sfregio del tempo”.

Dette queste ultime parole, se ne andò, sparendo tra le case diroccate.

Bene ragazzi!” affermò Lorenzo. “Il compito che ci attende non sarà facile. Però penso che possiamo farcela”.

Si rivolse a Eva per chiedere alcune spiegazioni.

Il progetto depositato si riferisce solo alle due strutture del Castello e delle sue mura, e alla chiesa con annesso campanile, che pare l’unico in condizioni decenti. Dico giusto?”

Sì, il progetto prevede di recuperare solo questi due manufatti”.

Per le case?” domandò con insistenza.

Nulla. Non avevamo un’idea quale ripristinare. Visto che non sono un numero eccessivo, si potrebbe pensare…”.

E’ preferibile individuarne un paio e lavorare su queste. Poi possiamo passare alle altre” la interruppe Lorenzo.

D’accordo” rispose la ragazza. “Mi sembra ragionevole”.

Mangiamo?” propose Laura, che era rimasta in silenzio fino a quel momento. “Nel pomeriggio individuiamo la seconda casa oltre quella di Ersilia. Così Eva prepara i progetti”.

Ottima idea” si inserì Mattia.

La giornata era stata proficua.

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14 risposte a “Il Borgo – Capitolo 47”

  1. E’ tornato a farsi vivo il Borgo e questa volta davanti ad una platea più nutrita
    La sensitiva Laura tiene tutti o quasi col fiato sospeso
    La storia del Borgo mi ha tenuta incollata insieme ai ragazzi e non sono rimasta affatto sorpresa dalla decisione presa da Ersilia: rimanere fino alla fine dei propri giorni nella sua casa
    Le persone di una certa età, vissute sempre in un posto non amano abbandonare tutto il vissuto della loro vita sulla soglia della loro dipartita
    Un capitolo in cui la sensibilità di alcuni e l’ indifferenza sotto la guida della tua bravura si mischiano molto bene
    Ti leggo e con tanto piacere
    Un forte abbraccio
    Mistral

    1. Ovviamente la storia di Ersilia è di fantasia come gran parte del racconto. Sì, le persone anziane radicate in un certo posto difficlmente accettano le novità dei cambiamenti. Ersilia l’ho pensata in questa ottica.
      Grazie e un bacione
      Gian Paolo

  2. Era intuibile che l’incontro con il “Borgo”, con lo spirito di quelle mura potesse essere considerato da tutti quelli che non avevano avuto il piacere dell’incontro precedente, una situazione irreale. Che Teresa consideri Laura una “fuori di testa” é logica conseguenza di vedere le cose da due opposti punti di vista. Anche i ragazzi rimangono scettici, ma non indisponibili, per ora.
    Tra scetticismo e passionalità i lavori dovranno iniziare e vedremo quanti sono disponibili, in realtà, a realizzare un sogno, e quanti sono quelli che alla realizzazione di un sogno non credono.
    Forse perché non é il loro, quel sogno.

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