Il mazzo di fiori – seconda parte

Eccoci con la seconda parte, la prima la trovate qui. Per il momento mi fermo ma non è improbabile che la possa continuare seguendo un’idea pellegrina che mi ha sfiorato. Dunque non ci saranno altre prosecuzioni e ritenetela conclusa.
 

La segue con l’occhio vigile e lucido, poi con le gambe. La può lasciare correre avanti in tutta tranquillità, perché sa perfettamente dove sta andando. Ludmilla è un libro aperto, come quelli che compra in libreria.

Quando la vede scomparire nell’ingresso dell’azienda dove lavora, accelera il passo, perché deve tornare in ufficio.

La ragazza non si è accorta di nulla, assorta nei suoi pensieri, ma non le era possibile perché ignora l’identità di quella misteriosa persona. Passata la portineria, sale le scale e entra nell’ufficio ancora vuoto. Si siede e osserva il mazzo con cura come se una folgorante ispirazione la guidasse a capire da dove arriva. La carta è anonima, la confezione potrebbe essere di un fiorista qualsiasi.

“Di sicuro non viene da un posto remoto tramite un servizio tipo Interflora. Di negozi di fiori non ce ne sono molti in città. Sono rimasti in pochi. Ma quale sarà?” si domanda, riafferrando il biglietto che era scivolato fuori dalla tasca.

Torna a guardare le rose, che non paiono soffrire la mancanza di acqua. Le sembrano vive, pronte a sorriderle, forse in modo enigmatico.

“Stasera come le porto a casa?” riflette, ricordando che non ha vasi adeguati. Non ci pensa per nulla di lasciarli in ufficio ad appassire.

«Rimane il problema dove collocarli. Comprare un vaso non ci penso proprio. Ma come faccio?» riflette, mentre un brivido le corre lungo la schiena.

“Ciao”.

Ludmilla sobbalza per lo spavento.

“Ti ho fatto paura?” domanda Teresa visibilmente dispiaciuta.

“Ero soprappensiero” risponde sollevando gli occhi.

“Non sei andata a casa?”

“No, non ne avevo voglia. Sono rimasta in città a gironzolare un po’…”.

“E a fare lo Sherlock Holmes!” soggiunse la collega.

Ludmilla arrossisce e non replica.

“Trovato qualcosa?” le chiede Teresa.

“No”.

“Eppure in qualche modo sono arrivati fin qui. Di certo non in volo”.

“Sì ma non capisco il gesto”.

“Un tuo ammiratore segreto!”

“Tanto segreto che non so come ringraziarlo” conclude Ludmilla con una punta di inquietudine.

Le viene un dubbio perché a presidiare la portineria si alternano due gruppi. Quello del mattino stacca alle 14 e quello del pomeriggio stacca alle 22.

“Forse sono arrivati ieri sera” dice in un sussurro, abbandonandosi sullo schienale della poltrona.

“Cosa?” domanda Teresa che non ha ben compreso quello che la collega stava borbottando.

“I fiori”.

“Come sono arrivati?”

“Non lo so ma vado a sentire il secondo turno, quello pomeridiano” dice alzandosi di scatto per precipitarsi fuori.

Arrivata in portineria trova due guardiani differenti rispetto alla mattina.

“C’eravate voi ieri pomeriggio?”

“Certamente. Come tutti i giorni di questa settimana” risponde uno dei due.

“Per caso hanno consegnato dei fiori per Ludmilla Cherchi?” domanda speranzosa.

“Sì. Perché?”

“Ah!” esclama felice. “Chi li ha consegnati?”

“Non saprei dirlo con certezza. Era un ragazzo coi capelli lunghi”.

“Ma no! Hai visto dei film!” esclama il collega. “Era una ragazza talmente magra che avrebbe potuto essere scambiata per un ragazzo”.

“Ma non ha detto nulla?” richiede con la speranza di scoprire qualcosa.

“Solo questo ‘Devo consegnare questo mazzo di rose alla signorina Ludmilla Cherchi’ e io l’ho accompagnata nel suo ufficio, perché pensavo che fosse ancora dentro”.

“Accidenti. Ieri pomeriggio ero in permesso” borbotta delusa.

Ringrazia i due guardiani e ritorna a capo chino in ufficio.

“Allora Sherlock?” le domanda ironica Teresa.

“Ne so quanto prima. E’ venuta una ragazza ieri pomeriggio alle diciotto. Chi sia e da quale fiorista sia stata incaricata non lo sa nessuno” replica affranta e delusa.

“Ha scelto un orario curioso per una consegna” nota con un pizzico di ironia la collega.

“Sì. Insolito e ben scelto per rimanere anonimo. I guardiani, non avendomi visto uscire, hanno pensato che fossi in straordinario e l’hanno accompagnata fino al nostro ufficio, trovandolo vuoto”.

“Per forza! Ero uscita un quarto d’ora prima. Però non sono convinta della casualità della consegna”.

Ludmilla rimane in silenzio e riprende a lavorare, anche se distratta dal pensiero di scoprire l’anonimo ammiratore.

Mentre la ragazza è immersa in mille congetture, un’altra persona sorride beffardamente.

“Immagino che sia in preda di mille dubbi nel tentativo vano di scoprire chi le ha mandato quel mazzo di fiori”.

Una telefonata interrompe le sue riflessioni che riprendono al termine della lunga conversazione.

“Ti conosco troppo bene per fare passi falsi. So quali sono i tuoi orari, quando sei in ferie. Non c’è angolo della tua vita che mi sia ignoto. Ti ho studiata, analizzata. Voglio rendere la tua vita…”.

Un nuovo squillo mette fine a questi pensieri.

Ludmilla alle cinque esce come al solito con un grande mazzo di rose. Prende la Bianchi e posa nel cestino davanti i fiori. Pedala con calma per evitare che cadano per strada.

Una macchina si stacca dal marciapiede e la segue a distanza.

Si muove lenta nel traffico cittadino, quando all’improvviso si ferma di schianto contro il muro del giardino Pareschi.

“É morta!”

“No, respira ancora!”

“Ti dico che è morta!” ribadisce una donna. “Guarda quando sangue esce dalla testa e scivola di lato dalla bocca”.

Sirene e lampeggianti blu appaiono sulla scena. Si fermano e prestano soccorso.

“Servono i pompieri!” dice concitato uno del 118.

Ludmilla pedala tranquilla, ignorando che una macchina la seguiva e adesso è immobile sul marciapiede contro un muro.

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27 risposte a “Il mazzo di fiori – seconda parte”

  1. e poverinoooooo! finale assolutamente a sorpresa con Lud colpevole inconsapevole di uno schianto. ora capisco perchè dicevi che non avresti “indovinato” il finale reale e meno male! 😉
    ti ringrazio davvero tanto per questa tua elaborazione che ti avrà impegnato non poco e che conserverò nei miei ricordi piacevoli. grazie Gianpaolo di cuore (e comunque buttata lì così, la tua idea pellegrina incuriosisce eh! chissà, magari in futuro inaspettatamente ci stupirai ancora con un superfinale del finale :))
    p.s.: finalmente ho avuto un momento per leggere e commentare, ma devo scappare di nuovo, sperando di non schiantarmi io! entro stasera, massimo domattina porto le due parti anche sul mio blog. abbraccio e grazie grazie grazieeeeeeeeeee

    1. In effetti, se proseguirò la storia, quel finale sarà ancora più a sorpresa. Ci devo pensare e trovare un po’ di tempo.
      Spero che tu sia arrivata sana e salva dove dovevi andare.
      Nessun problema!
      Prego

  2. ah, hai giocato un po’ sporco: non hai concluso la storia e non ti sei sbilanciato sull’identità dell’ammiratore misterioso! Mi sembrava che il tuo racconto stesse prendendo una piega un po’ noir: più che un ammiratore, il soggetto misterioso sembrava uno stalker.
    Se mi posso permettere un giudizio sincero: preferisco i racconti “secchi”, che vadano subito al sodo (il racconto stesso, come genere letterario, ti deve colpire un po’ come una pugnalata), mentre a te piace la suspense del racconto pubblicato a puntate e ti piace indugiare in lunghe descrizioni di pensieri e di dialoghi. Inoltre io cerco di infilarci sempre qualche significato simbolico, in modo che ognuno possa leggerci qualcosa di sé, piuttosto che raccontare semplicemente dei fatti.
    Ovviamente io non sono né uno scrittore né un letterato, perciò le mie opinioni lasciano il tempo che trovano, ho solo espresso un parere personale.
    Pensaci, alla possibilità di dargli una “nuova” conclusione.

    1. Forse ho giocato sporco o forse no. Perché? L’idea di come concluderlo il racconto c’è (e c’era anche al momento che ho scritto la prima parte), come avevo in mente chi era la misteriosa figura. Volevo in effetti creare un noir e non è detto che non lo faccia ma avrebbe richiesto alcune puntate supplementari. Quindi ho preferito chiudere qui la storia (in realtà non è chiusa).
      Sì, abbiamo stili distinti. Il tuo è più diretto, il mio più introspettivo. Probabilmente nascono da due temperamenti diversi, da letture differenti, da esperienze di vite diversificate.
      Costruire una nuova conclusione? Sì, sarebbe possibile e l’idea ce l’ho ma al momento preferito questa non soluzione.

  3. Sigue en suspendo la narración*****pero me encanta el estilo de la escritura****
    y sigo pensado que paso en realidad con el ramo de flores*****
    mi cariño******

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