“Un tempo Castiglioncello era un importante nodo strategico di passaggio dalla Toscana alla Romagna imolese. Merci e persone transitavano da lì e pagavano pedaggio. Poi vennero aperti nuovi varchi, nuove strade con un effetto devastante. Il Borgo perse la sua importanza e cominciò il declino che portò in breve a diventare un piccolo posto di dogana tra il Granducato di Toscana e gli Stati Pontifici di Romagna. Nel settecento la via che passava di qua era diventata una mulattiera quasi impraticabile perché le merci e le persone usavano la nuova strada più comoda sulla destra del Santerno, quella che passa per Moraduccio, dove potete ancora ammirare nella sua magnificenza il posto di dogana …”.
“Ma voi cosa avete fatto? Non avete provato a ribellarvi all’isolamento che vi strangolava?” chiese Betta, attenta nel seguire il filo del discorso.
“Cosa potevamo fare? Ci hanno tagliato fuori come alcuni secoli prima avevano fatto piombare nell’oblio la strada del passo dell’Osteria Bruciata, che non dista molte miglia rispetto a noi. Un valico agevole e basso ma con una triste fama”.
“Il passo dell’Osteria Bruciata?” domandò curioso Mattia, che si ricordava vagamente di una leggenda che gli avevano raccontato molti anni prima. Era abbastanza conosciuta nell’imolese ma a lui interessava poco o niente, tanto da averla dimenticata.
“Non so molto di questa storia truce e misteriosa” ammise il vecchio. “Conosco bene quelle del Borgo ma degli altri posti so solo quello che ha trasportato il vento nel suo vagabondare tra valli e crinali. Quindi sarà pieno di lacune il mio racconto. Si narra che esistesse un’osteria, eretta in cima a un passo agevole da percorrere per ospitare i viandanti in viaggio verso la Romagna. I poveretti erano attesi da un triste destino dopo aver percorso la strada che porta dalla vallata del Sieve a quella del Santerno. Vedevano finalmente nell’osteria un posto dove rifocillarsi e riposare. In realtà avrebbero fatto meglio a passare oltre, perché durante la notte venivano uccisi e le loro carni usate come cibo per gli altri pellegrini …”.
“Diamine!” esclamò Marco. “Bel posticcino davvero per passarci la notte! Accogliente e ospitale come pochi. Capisco anche perché venne distrutta dal fuoco. Mi sa che è meglio girarci al largo. La storia è truculenta e poco edificante”.
Uno stanco sorriso illuminò il viso del vecchio che piegò la testa per annuire alle affermazioni del ragazzo.
“Sembra quasi un film dell’horror quello che abbiamo ascoltato” aggiunse Laura, che si strinse ancor di più a Mattia.
Erano tutti scossi da questa leggenda narrata in maniera seppur frammentaria ma dai contorni violenti, quando arrivò a spezzare la capa di tensione una domanda di tutt’altro genere.
“Ma la chiesa che sta alle nostre spalle a chi è dedicata?” domandò Betta.
“Venne edificata sul finire del diciottesimo secolo. Era detta del Poggio, perché da lì si poteva osservare la vallata del Santerno. E’ dedicata ai Santi Giovanni e Paolo. Il 26 di giugno era gran festa per il Borgo e i suoi 83 abitanti. Ma ora è in completo sfacelo. Rimane in piedi solo il campanile”.
“Ma nessuna storia dei suoi abitanti?” chiese Laura, che era rimasta in silenzio nell’ascoltare quella voce che pareva giungere da molto lontano.
“Di loro ne avremo tempo di parlarne. Vi chiedo di riportare in vita il castello e la chiesa. Per le abitazione scegliete voi. Ora vi lascio ai vostri discorsi e mi ritiro tra questi muri ridotti a macerie”. Con queste parole si allontanò lentamente e sparì tra cumuli di pietre.
I ragazzi rimasero per diversi minuti in silenzio, mentre ciascuno di loro metabolizzava le parole del Borgo. Si era mostrato invocando il loro aiuto, aveva narrato alcune vicende del luogo e aveva accennato a storie oscure, efferate e sanguinarie. Ormai avevano assunto pubblicamente il ruolo di salvatori e dovevano onorarlo al meglio.
Fu Giacomo a rompere quel silenzio carico di tensione, cominciando a ragionare ad alta voce.
“Il Borgo assomiglia a un trollo di corteccia e mi è apparso stanco, affannato. Il castello sarà un bel impegno ma la chiesa molto di più. Poi c’è la cinta muraria, crollata a terra in molti punti da rimettere in sesto. Per le case ci penseremo in un secondo tempo. Ma ci riusciremo?”
“Perché dubiti?” domandò irata Laura. “Non vedo il problema. Durante i prossimi mesi metteremo a punto i piani di recupero e chiederemo le necessarie autorizzazioni”.
“Pensavo a Castel del Rio come punto di riferimento, ma in realtà dobbiamo puntare su Fiorenzuola, sperando che qualcuno ci dia ascolto” aggiunse Eva, che ragionava in termini professionali. “Oggi devo prendere qualche misura e qualche schizzo sul quale lavorare nei prossimi giorni”.
“Ti darò una mano” disse Mattia, staccandosi da Laura. “Credo che dovremo metterci subito al lavoro, perché presto ci sarà buio. Non mi piace aggirarmi con le ombre della sera incipiente tra questi ruderi che paiono crollare da un momento all’altro”.
“Hai ragione” concordò Betta, alzandosi. “Mi dai una mano Giacomo nel sopralluogo in chiesa?”
“Io scatto qualche altra fotografia seguendo le vostre indicazioni” concluse Marco.
“E io che faccio?” domandò Laura delusa per essere stata quasi esclusa dai vari progetti.
“Vieni con noi” le disse Mattia. “Ci sarà da tenere attrezzi e metri per le misure. Una mano in più farà molto comodo”.
I ragazzi si sparpagliarono per il Borgo senza mangiare a misurare, a fotografare a prendere appunti e schizzi, finché il sole non calò all’improvviso sull’orizzonte e le ombre si allungarono maligne tra le pietre.
“E’ ora di mettersi in marcia per tornare nel mondo civile” affermò Laura, chiamandoli a raccolta.
La giornata era finita, mentre il Borgo apparve fugacemente per salutarli.
“A presto, ragazzi” disse prima di sparire inghiottito dal buio.
Entriamo decisamente nel vivo di questa enigmatica e affascinante storia!
Un caro abbraccio.
Speriamo. dopo tanti preamboli …
Un caro abbraccio
Il Borgo è un po’ sinistro, e al posto dei ragazzi, io, non mi farei coinvolgere più di tanto
La tua bravura, però, riesce a fare miracoli e non seguirti è quasi impossibile
Aspetto con piacere e un pizzico di apprensione
Un abbraccio grande
Mistral
Ma no! Il Borgo è un vecchio stanco e solo che racconta storie di confine.
Grazie per i complimenti, sempre graditissimi
Un bacio
Gian Paolo
Come tante volte il tuo racconto fila tra leggenda e attualità. Coinvolgendo un passato certificato e quello più incline alle leggende, con un presente … ben presente soprattutto nelle azioni dei ragazzi.
Adesso che sta prendendo forma e l’idea si fa più concreta bisognerà vedere quali saranno i ruoli che si assicureranno i ragazzi, ciascuno per se e le dinamiche che ne usciranno.
Mesi impegnativi i prossimi.
Saranno mesi impegnativi ma deve passare un lungo inverno e quello del 2010 lo fu.
Speriamo per loro che sia solo metereologico
L’attesa logora come leggerai …
L’attesa logora soprattutto quando credi di non aver abbastanza tempo, o comunque hai un rapporto conflittuale con esso.
Vedremo, anzi leggeremo curiosi.
Lo diceva sempre anche Belzebù Andreotti.
Uno che la sapeva lunga
Non per niente è campato per novant’anni. Ieri sera si twitter ho letto questo commento dopo la condanna di Mister B. «Mi sa che Andreotti sta ghgnando da lassù”. Forse non ha avuto il coraggio di dire dall’inferno.
Ne avrà ben donde, forse.
Anche perché c’è stato uno solo “Divo Giulio”.
Gli altri … sono gli altri del Marchese del Grillo.
E’ incontestabile.
Concordo con te anche se a volte mi era insopportabile.
insopportabile é vero, ma per tanto tempo é stato necessario, se non indispensabile.
Diciamo che era il meglio tra quei politici
Certo quello che ha avuto l’occhio più lungo o forse il senso della misura meglio sviluppato.
certo
😉
E’ pronto il nuovo!
….rivo !!!
..spetto!
fatto
visto
yeah
Uh!
🙂
affascinante e intrigante
essere dove questa leggenda porta i ragazzi
ottimamente
un saluto!
Grazie, Doris. Thank you