L’estate di San Martino si fece rispettare con sole e temperature miti dopo le giornate uggiose dei defunti.
Laura organizzò la nuova spedizione verso il Borgo per sabato 7. Ci sarebbero stati tutti, anche i due nuovi acquisti. Il punto di ritrovo fu nuovamente Bologna sotto casa con l’esclusione di Mattia, che li avrebbe aspettati a Castel del Rio. I primi ad arrivare furono Giacomo e Betta e dopo poco Eva e Marco.
Emma e Ernesto sbirciavano dalla finestra la figlia e chi stava arrivando.
“Ernesto, vedi anche tu?” domandò delusa, notando l’arrivo di Giacomo con una ragazza.
“Cosa, Emma?” rispose incerto, perché non aveva ben compreso quello che la moglie gli voleva trasmettere.
“Cosa? Non vedi anche tu che Giacomo è in compagnia di una ragazza?” continuò innervosita dalle parole del marito.
“Beh! Cosa c’è di strano? Sarà la sua morosa” replicò ingenuamente, sorpreso dalle parole della moglie.
Emma scosse il capo, perché Ernesto era irrecuperabile. «Però si è consolato in fretta … La Laura non la capisco. Prima tutte dolcezze con Giacomo, adesso lo vede arrivare con una ragazza come se niente fosse. Quasi una normalità. I giovani di adesso non sono più quelli di una volta».
“Ernesto, torniamo dentro. C’è poco da vedere”.
“Emma, nostra figlia è nostra e ce la dobbiamo tenere” ribadì con forza, perché non comprendeva tutta quell’ansia della moglie, come se volesse sbarazzarsi della figlia in fretta.
«Quel Giacomo .. poi chi è?” si domandò senza trovare una risposta, mentre tornava a immergersi nella lettura di Stadio.
I ragazzi, saliti sulla macchina di Marco, leggermente più spaziosa della Panda di Laura, si avviarono verso l’appuntamento di Castel del Rio.
“Laura, tu sarai la navigatrice” disse Marco, facendola accomodare sul sedile accanto al suo. “Istruzioni chiare e concise senza tentennamenti”.
“Non stiamo facendo un rally” replicò sorridente, mentre allacciava le cinture. “Stiamo andando semplicemente a Castigliocello a trovare il Borgo per parlargli e informarlo che presto tornerà a vivere”.
Giacomo, sistemato tra Eva e Betta, rise sommessamente alla battuta della ragazza, mentre pensava alla visione del trollo di corteccia. «Chissà se ci apparirà così anche a noi» rifletté ironicamente.
“Facciamo la solita sosta da Dino?” propose Eva poco l’uscita da Bologna.
“Chi sarebbe Dino?” chiese incuriosita Betta, pensando a un altro compagno d’avventura.
“Aspetta e vedrai” aggiunse Giacomo tutto serio e impettito.
“Chiediamo il permesso alla navigatrice” propose Marco, ridendo sotto i baffi.
“Uffa!” rispose sbuffando. “Per me va bene”.
“Allora, Betta, conoscerai anche Dino”.
“Ma chi è?” domandò ancora una volta.
“Un po’ di mistero tiene viva l’attenzione” le rispose Giacomo sorridente ponendo le braccia sulle spalle delle due compagne di viaggio.
“Ho capito … anzi non ho capito ma non fa nulla. Lo conoscerò quando vi fermerete” disse la ragazza che voleva porre fine al quel dialogo un po’ surreale, come se volessero prendersi gioco di lei.
Fatta la sosta da Dino, recuperato Mattia a Castel del Rio posteggiarono le macchine nello spazio prospiciente il greto del Santerno, che appariva più minaccioso di due mesi prima. Si avviarono su per la ripida salita che portava al Borgo, dopo aver passato il ponticello che univa le due rive.
“Siete un bel numero” sentì sussurrare Laura.
“Il Borgo ci ha riconosciuti!” esclamò contenta la ragazza.
“Chi?” domandò ingenuamente Betta.
“Uffa! Siamo alle solite! Io sento la voce del Borgo e voi niente!”
Giacomo strinse la mano alla ragazza come per dirle «Non dire più nulla, altrimenti si scatena come una furia».
Betta si strinse nelle spalle e continuò a camminargli di fianco, mentre alle loro spalle Eva e Marco salivano più lentamente, indifferenti alla foga di Laura.
“Mi pare di udire qualcosa …” disse Mattia che fino a quel momento era stato silenzioso.
“Cosa?” domandò trepidante Laura.
“Non ho afferrato bene tutte le parole. Ma mi pare di aver intuito che ci avrebbe parlato di lui e della sua storia”.
“Dunque anche tu ha sentito qualcosa” aggiunse sollevata la ragazza.
Il gruppo proseguì la salita nel più assoluto silenzio, mentre il fiato dei sei ragazzi sembrava condensarsi sopra di loro e si ascoltava il rumore affannoso dei loro respiri, perché l’erta era veramente ripida. Un vento pungente si insinuava nelle pieghe della giacca a vento di Giacomo che rabbrividì. La giornata, pur essendo soleggiata, era fredda perché si avvertivano i quattrocento metri di altitudine. Il sudore tendeva a gelare sul volto dei ragazzi, che portavano sulle spalle gli zaini.
Arrivati all’arco che permetteva l’ingresso al Borgo si fermarono per rifiatare e per ripararsi meglio, perché il vento sembrava una lama di ghiaccio che raschiava i loro visi e che si infilava sotto i vestiti. Il terreno era una crosta gelata dura come l’acciaio e scura come il carbone.
“Entriamo?” domandò Laura col viso emozionato.
“Sì” rispose Betta che si guardava intorno, vedendo lo sfacelo di quello che restava in piedi.
“Mi raccomando” disse la ragazza rivolgendosi ai nuovi. “Fate attenzione. E’ pericoloso entrare negli edifici”.
“D’accordo” replicò Mattia avviandosi a seguire Laura.
La ragazza guidava il gruppo che in fila indiana la seguivano evitando pietre e detriti crollati dalle case.
“Se udite il Borgo parlare, ditelo subito” aggiunse senza voltarsi indietro.
Camminavano in silenzio, quando Giacomo esclamò “Il Borgo ci chiede di radunarci nello spiazzo davanti alla chiesa. Vuole parlarci”.
Se i capitoli avessero un titolo questo dovrebbe chiamarsi: Gap generazionale. I genitori che guardano stupiti le dinamiche del gruppo e le apparenti contraddizioni, senza però essere partecipi a pieno di esse. Tra timori e sussieghi materni e un più spiccio comportamento del padre. Questo come succoso intermezzo di un viaggio che non é solo verso un luogo, ma anche verso se stessi. Un “verso di se” che sembrava sepolto dagli anni e con l’età e che con pazienza riemerge e spinge i personaggi a ricercare quello spirito fanciullo, che li ha percorsi.
Spirito di ricerca, di stupore, di attenzione e compassione verso chi ha ancora la voglia di rimettersi in gioco e non vuol perdere l’occasione.
C’é da chiedersi se il Borgo farà un discorso corale oppure ha una parola speciale per ciascuno.
Per intanto mi siedo sottovento
Furbo il nostro Cape. Si siede controvvento così le spifferate se le beccano gli altri…
Ottima analisi. I vecchi, si fa per dire, osservano stupiti e sgomenti come siano cambiati i tempi, i giovani si muovono secondo dinamiche a volte imprevedibili, a volte strane ma pur sempre secondo una logica tutta particolare.
Veramente sto sottovento. Comunque il focus é che non sempre riusciamo a leggere i tempi per quel che sono. Nel senso che con il tempo cambia la nostra personale sensibilità a cogliere le inevitabili mutazioni del pensiero. Se quello giovanile é mutevole e sempre in movimento, giusto perché in costante ricerca di un assetto, quello dagli … anta in su tende ad uniformarsi. Sarà l’esperienza, saranno i colpi della vita, ma più trascorre il tempo e più i fermenti si smorzano e c’é più un senso di condivisione su certi aspetti comuni del sentire sociale.
Le eccezioni che possono confermare la regola ci sono e meno male.
Il tempo modifica la percezione di quello che ci sta intorno ma rimangono intatti i nostri pensieri. L’esperienza, i colpi della vita affinano le nostre capacità percettive e sensoriali ma quello che pensavamo da giovani rimane lo stesso uguale. Quello che cambia è la società, il modo che essa percepisce valori e idee. Questo determina lo scontro fra generazioni. Quello che per noi …anta rappresentano dei valori fondanti, per gli … enti o …enta non valgono più.
Credo che cambino anche certe cose che pensavamo da giovani. Forse non tutte e non in maniera così evidenti. Sarà che il cambiamento non sempre é profondo, a volte é solo l’atteggiamento che teniamo nei confronti di cose e persone.
Sì ecco é l’atteggiamento; per il resto ciò che é fatto rimane, nel bene e nel male. E’ il nostro fardello, un eredità che non sempre potremo lasciare e che non sempre sarà apprezzata.
Sorrido nel pensare che ciò che é fondante per gli … enti o gli …enta odierni, riuscirà ciarpame o quasi per coloro che li seguono.
E’ una giostra infinita e non se ne verrai mai a capo.
Profonda saggezza in quello che scrivi. Pochi anni fa davo del matusa a chi mi precedeva negli anni. Ora sono io a essere onorato di questo titolo. La ruota del tempo gira inesorabile
Ben detto. Rimango basito quando e per fortuna le volte sono rare per ora, mi si rivolge dandomi del lei.
Sarà che ho dato del lei per una vita, sentirmi apostrofare col tu mi dà un prurito insostenibile.
Giusto. Un po’ di parità ecchediamine.
🙂
E s’!
🙂
Grazie
Cape è Cape 🙂
Da parte mia, sono sempre più affascinata dalla personalità di Laura, sebbene in qualche modo tema per lei, per la sua salute mentale, intendo.
Ottimo.
Un caro abbraccio.
Concordo con te. Cape è Cape.
La salute mentale di Laura? No, è forte come una roccia.
Un caro abbraccio
Laura non vuol essere considerata la navigatrice del gruppo, in senso metaforico e letterale, ma credo che per certi versi lo sia davvero, emozioni comprese.
Un abbraccio e al prossimo capitolo
Lucia
Certamente Laura tende a guidare il gruppo, anche se non si reputa tale.
Grazie per seguirmi in questa fatica.
A presto
Gian Paolo
Finalmente si torna al Borgo, anche se il tempo non è proprio accogliente
La compagnia è bella, e Laura non è solo il navigatore ma è soprattutto la guida spirituale
Non ti perdo d’occhio e ti dico: bravo, bravo, bravo
Bacioni
Mistral
Si torna al Borgo. Certo che il periodo invernale limita molto. Ma uno spicchoio di sole stimola la nostra comitiva.
Sono un sorvegliato speciale, a quanto pare.
Un abbraccio forte
Gian Paolo
Ogni Borgo ha un’anima che parla a chi lo sa ascoltare…bellissimo questo episodio in cui si mescolano sensazioni e realtà in un amalgama sospeso tra fantasia e sogno.
Un abbraccio e un sorriso, mentre aspetto il seguito
Cerco di dare un’anima a questo Borgo, realmente esistente ma ridotto a un ammasso di detritti.
Ricambio sorriso e abbraccio