Era una splendida bambina coi capelli scuri e la carnagione leggermente ambrata come se si fosse dorata al sole. Quel colore metteva in risalto il viso delicato e due grandi occhi azzurri, alquanto singolari nel complesso di quella figura acerba. Quando il primo giorno della Primary School si presentò al cancello del college, la suora guardò male prima lei poi la madre e storse il naso.
“Non si accettano bambine di colore. Avete sbagliato ingresso. Più avanti c’è la scuola pubblica” disse con tono acido sbarrando il passo.
Patricia la fulminò e senza aprire bocca avanzò trascinando Annie Valentine per guadagnare il grande portone.
“Dove credete di andare?” proseguì aspra e dura.
“Nel St. Therese’s College. Ora fattevi da parte, perché devo entrare” rispose fiammeggiante la donna. “Se non vi sbrigate, domani andrete a spazzare i corridoi”.
L’alterco, che stava radunando una piccola folla di curiosi, non sfuggì alle attenzioni di Madre Marie, la superiora, che accorse immediatamente.
Annie Valentine era frastornata, perché non comprendeva tutto quel trambusto. Avrebbe fatto volentieri a meno di andare a scuola ma la madre le aveva spiegato che era un posto dove avrebbe conosciuto altre bambine e imparato a leggere e a scrivere. Però il primo impatto non era quello che le avevano descritto i genitori. Suore altezzose, bambine che arricciavano il naso vedendola.
“Che sta succedendo?” chiese Madre Marie, osservando prima la consorella poi la donna di colore.
“Nulla” rispose calma Patricia. “Questa suora” e la indicò col capo “mi ha sbarrato l’accesso senza motivo, impedendomi di accompagnare Annie Valentine Cook, mia figlia, di entrare regolarmente a scuola, alla quale è iscritta”.
Il nome le suscitò un ricordo e un lampo nella mente. Era la figlia di un commodoro della Royal Navy, che a Plymouth era conosciuto e stimato, soprattutto adesso che infuriava la guerra e con l’Inghilterra sotto attacco, un personaggio importante da trattare con tutti i riguardi.
“La prego di scusare sorella Agnes, che non l’ha riconosciuta. E’ un onore avere nel nostro college la figlia del commodoro Cook” disse mettendosi da parte e fulminando con un occhiataccia la suora guardiana, per nulla convinta del proprio errore.
Non fu l’unico episodio sgradevole che Annie Valentine conservava nella mente di quei lunghi sette anni trascorsi in questa scuola esclusiva e altezzosa tra angherie e piccoli soprusi che dovette subire da suore e campagne.
Con immenso sollievo salutò tutti nell’agosto del 1947 quando per l’ultima volta varcò quel cancello che le erano apparse come le sbarre di una prigione dorata. Adesso era una splendida ragazzina di tredici anni dal seno acerbo e dalle movenze feline e suscitava l’ammirazione dei coetanei e le invidie delle altre ragazze magre e dal viso deturpato dall’acne giovanile.
La rigida educazione religiosa del college lasciarono un’impronta indelebile nel suo carattere ingenuo e aperto. Mostrava una fiducia nel suo prossimo spontanea e sincera, senza ravvisare malizie o fraintendimenti. Questa semplicità nel carattere la rendeva vittima di sottili tranelli, nei quali cadeva quasi senza accorgersene.
Quando nel dicembre dello stesso anno salpò coi genitori per fare ritorno nell’isola di Antigua, la sua spensierata innocenza fu oggetto di molte attenzioni da parte di uomini che avrebbero desiderato possederla. Sembrava più matura della sua età, come se fosse una ragazza di qualche anno più vecchia. Sarebbe caduta nella rete di queste persone se i genitori non l’avessero tenuta continuamente sotto controllo.
A diciotto anni era diventata una splendida fanciulla corteggiata da moltissimi uomini. Era un fiore da cogliere ma non era ancora arrivato il momento di recidere il gambo. Lei era ancora indecisa a chi donarsi per prima, non vedeva inganni nelle loro attenzioni ma un sottile gioco di corteggiamento.
“Le suore mi hanno insegnato di mantenermi pura fino al giorno del matrimonio” si diceva mentre sdraiata sulla sabbia bianca della spiaggia di Deep Bay si dorava al sole di giugno. “Mi domando per quale motivo dovrei conservarmi casta. Sento un forte richiamo verso gli uomini. Loro mi ronzano attorno fastidiosi come calabroni. Ma tutto questo mi eccita e mi stimola eroticamente”.
Era luglio 1955, quando seduta sul molo del porto di St. John’s vide sbarcare da una nave da crociera un ragazzone biondo, alto come una guglia della cattedrale. Rimase affascinata, lo seguì con lo sguardo finché non sparì tra la calca della folla. Stanca e annoiata riprese la strada di casa, mentre il sole picchiava duro. Non pensava più a quel ragazzo, quando all’improvviso lo incrociò su High St. Ebbe un tuffo al cuore, si fermò per osservarlo con cura mentre camminava spedito con una piccola valigia verde.
“Dove sarà diretto?” si chiese, sperando che le chiedesse qualche informazione.
Come se un sottile filo avesse guidato i pensieri dell’uomo, lui si fermò alla ricerca di qualcuno. La vide ferma sul marciapiede e si avvicinò.
“Mi scusi” cominciò posando la valigia per terra. “Saprebbe indicarmi dove si trova Green Bay Hotel? Mi hanno dato le indicazioni ma credo di essermi smarrito”.
Annie Valentine non rispose immediatamente come se fosse stata colpita da un’improvvisa afasia, poi si riscosse sfoderando un sorriso luminoso, mostrando una dentatura perfetta e candida.
“Se vuole, l’accompagno. Le spiegazioni sarebbero complicate”.
“Grazie volentieri” rispose, riprendendo la valigia in mano.
Così iniziò quell’avventura con John, un gallese galante ma rude e infingardo, che le fece conoscere i segreti del sesso. Annie Valentine si sentì attratta da lui a prima vista e perse ogni senso delle proporzioni. Non riuscì a distinguere le bugie, anche evidenti, che raccontava dalle verità che non volle mai accettare. Il loro rapporto fu tumultuoso nonostante l’opposizione netta di Patricia, che aveva intuito la vera natura del gallese.
“Lascialo” le disse un giorno di settembre sua madre. “Ti sta nascondendo la verità su di lui e la sua famiglia. E’ un bugiardo nato. Ci evita come la peste, perché sa che smaschereremo le sue presunte verità in un batter d’occhio”.
“Pat” disse la ragazza, che chiamava sempre sua madre col nick. “Lo amo e lui ama me. Mi ha chiesto di sposarlo. Se fosse per lui anche domani”.
“Bene” rispose sorridente come se la gatta che era in lei avesse avvistato il topolino col quale giocare prima di ucciderlo. “Invitalo domani sera a pranzo. Io e tuo padre saremo lieti di accoglierlo come futuro genero”.
Annie Valentine riferì a John quello che aveva detto sua madre.
“Alle otto di domani sera. Sarai puntuale?” gli domandò premurosa.
“Puntualissimo. Sarà un vero piacere incontrare i tuoi genitori” replicò sorridente e gentile.
Il giorno dopo era sparito. Si era volatilizzato. Nessuno sapeva dov’era, nemmeno gli amici più fidati. Qualcuno affermò d’averlo visto sul traghetto notturno verso la Giamaica, altri imbarcarsi su una nave diretta verso il continente. John non si fece più vivo, lasciando Annie Valentine nel dolore più atroce con il cuore spezzato. Pianse per lunghi giorni, nonostante Patricia tentasse di consolarla e farle intuire che tutto sommato le era andata bene, perché quel gallese era un farabutto.
Lei era troppo sincera, troppo passionale per non cadere nei tranelli dei corteggiatori. A volte era persino ingenua nel non credere alle evidenze dei fatti.
Un giorno, aveva circa trent’anni, incontrò un uomo che definì «incredibilmente bello» e se ne innamorò perdutamente tanto che non si accorse nemmeno che era sposato con una donna gelosa e possessiva.
Stava salendo al primo piano per raggiungere il monolocale dove viveva da single, quando Susie, la moglie, l’affrontò decisamente.
“Siete una puttana!” le urlò in faccia sulla prima rampa, afferrandola per i capelli. “Lasciate stare il mio Paul!”
“E perché mai dovrei?” chiese ingenuamente Annie Valentine.
“E’ mio marito ..”
“Tuo marito? Forse avete sbagliato Paul.. Quello che frequento è libero come un uccello ..” affermò cercando di liberarsi dalla presa della donna, che la teneva inchiodata al corrimano.
“Sì, come un uccello in gabbia. E la gabbia dorata sono io” replicò ironicamente.
“Lasciatemi!” urlò avendo il viso contratto da smorfie di dolore.
“Certo!” e la scaraventò giù dalle scale. “E questo è nulla se vi vedo ronzare ancora attorno a Paul”.
L’atterraggio non fu morbido ma nemmeno disastroso, perché era finita su rotoli di corda che le lasciarono solo dei lividi per qualche giorno.
L’uomo, conteso dall’amante e dalla moglie, le telefonò una settimana più tardi.
“Mi spiace” cominciò senza troppi tentennamenti come se non dovesse confessare nulla. “Susie, l’avrai conosciuta, è troppo gelosa ed è capace di tagliarti la gola e di evirarmi, se ti frequento ancora”.
Così per l’ennesima volta fu lasciata.
Annie Valentine sull’amaca, mentre osservava nel crepuscolo della sera il mare appena increspato da spume bianche, si domandava perché arrivata a quarant’anni non era ancora riuscita a trovare un compagno stabile ma solo tanti effimeri fantasmi che comparivano e sparivano senza lasciare tracce.
“Io dono tutta me stessa ma loro mi portano via ogni volta brandelli della mia anima senza chiedermi il permesso. Ormai ne è rimasta solo qualche piccola briciola. Non riesco nemmeno più a piangere, perché le ho esaurite tutte. Vorrei un uomo che mi rispettasse e donasse un pizzico d’amore sincero ma non lo trovo. L’unico era ..”.
Vide una figura che lentamente camminava sulla battigia, illuminata dal sole morente. Questa si fermò e facendosi schermo la mano, la osservava dalla spiaggia come se fosse incerto se proseguire nella camminata o dirigersi verso il cottage di Annie Valentine.
Lei smise di dondolarsi e aspettò ansiosa.
Prese una decisione e si avviò deciso.
“Ciao, Annie” disse.
“Ciao, Jack” rispose.
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No, no, no!
Protesto.
Qui è come la storia di “Alex Alliston”. Se ricordi, l’avevo finita in tre o quattro puntate, poi a seguito di alcuni interventi… diventarono cento.
Questo racconto, assolutamente bello, secondo me va ripreso e ampliato. Esistono tutti i presupposti perché questa divenga la tua opera migliore.
Un caro saluto.
Ti ringrazio per la grande fiducia e le belle parole ma dubito che possa riprenderlo e crearne un racconto lungo.
Ricambio il caro saluto
I like it.
Thank you
Concordo con Alessandra, è un vero peccato mettere fine a questo racconto
Luoghi, avvenimenti e persone descritti superbamente.
La bellezza di Valentine ( sopratutto dell’ anima ) che viene usata senza alcun rispetto sembra
essere senza fine, ma son sicura che non sarà così.
Continua… Io ci sono
Grazie, caro Gian Paolo
Mistral
Mistral, ti ringrazio per l’incoraggiamento ma mi troverei in difficoltà a proseguire, perché l’ambientazione è ostica e ho tanti progetti ai quali vorrei dedicarmi.
Il tempo è tiranno.
Felice serata
Un abbraccio
Gian Paolo
Accidenti, qua con costanza continui a scrivere, scrivere, scrivere. Invidio la tua abilità di scrittura. 🙂
Scrivere mi piace. E’ diventato il secondo lavoro. Il primo? Non far nulla.
Ciao, Pia. Tutto bene? E’ tanto che non t’incrocio.
Ho purtroppo troppo poco tempo per commentare degnamente ma ho letto la storia oggi e la trovo scritta assai bene!
Mi lusingano le tue parole.
Grazie
Un caro saluto G.Paolo e un abbraccio!
Ricambio volentieri, Simona il saluto e l’abbraccio
love your writing skis Paolo, I do want more too
Thank you, Doris. Your words flatter me.
Concordo con quanto sostengono Alessandra e Mistral.
Il personaggio ha tutte le caratteristiche per essere un grande personaggio.
Una donna libera nelle sue scelte, anche ingenuamente immemore dei dolori passati, ma non per questo dimentica della passionalità del carattere.
Se non è possibile avere un sequel corposo, almeno aggiungere una terza puntata giusto per vedere come va a finire tra lei e Jack.
Comunque un racconto ottimo, sotto ogni punto di vista.
A grande richiesta una terza parte .. vedrò questo fine settimana. Scrivere qualcosa di più corposo? Forse ma richiede un’idea di partenza, che non può essere quella di questo racconto.
Allora attendiamo fiduciosi, sicuri che il prodotto finale sarà pari alle aspettative.
🙂
La terza parte è già pronta. Qualche limatura e poi domani o dopodomani sarà pubblicata.
Risponderà alle attese? Non lo so.
Se non risponde … richiameremo.
🙂
E io subisco il rimbrotto…
Assolutamente! Puoi sempre lasciare un messaggio in segreteria
😛
La classica bottiglia in mare va bene lo stesso?
decisamente ha una carica ironica maggiore.
E’ più divertente e poi Annie é o non é figlia di un marinaio?
Si, figlia di un marinaio e una ballerina
Quindi: Rule Britannia …
🙂
Diciamo di sì..
ohhh yheaaaaa
Terza e definitiva ultima parte è uscita pochi istanti fa
Vaad , leggo commnento e poi … doccia
Anche i capehorn si lavano
😛
Mai messo in dubbio ..
😛
Terza e definitiva ultima parte è uscita pochi istanti fa
Si, figlia di un marinaio e una ballerina
E io subisco il rimbrotto…
Scrivi splendidamente, adoro i tuoi racconti. Avrei bisogno di piu’ tempo per poterli leggere tutti non riesco a starti dietro, spero di recuperare al piu’ presto!
Adesso ho rallentato un poco. Un post alla settimana.
Grazie per le letture. I tuoi commenti sono sempre graditi