Il borgo – Capitolo 1

10 Agosto 2012

Un fuoco vermiglio illuminava i volti di un gruppo di persone che erano riunite nella corte del Castello. La notte era scura per la mancanza della luna ma il cielo nero era punteggiata di innumerevoli stelle, che risaltavano come tanti lumini per l’assenza del riverbero della città. L’aria frizzante dei quattrocento metri dell’Appenino tosco-emiliano accarezzava il viso di quei giovani attorno al falò, che lanciava come una sfida verso l’alto faville che si perdevano nell’oscurità lasciandosi dietro una scia rossastra.

Il frinire delle cicale ricordava che si era nell’estate, mentre piccole falene danzavano intorno alla luce rossa del fuoco pronte a immolarsi per raggiungere la fonte luminosa.

Mattia prese la chitarra sfiorando le corde tese mentre un suono indefinito si spandeva per l’aria.

“Dai suona qualcosa” disse Laura incitandolo ad accordare lo strumento.

“Non conosco nulla. Solo vecchie canzoni e per giunta nemmeno bene” mentì arrossendo senza essere notato dagli altri.

“Che importa” gli replicò Teresa. “Siamo in allegria. Oggi è un giorno speciale. Suona che noi cantiamo in coro”.

“Cosa?” chiese cercando di leggere sui volti dei compagni un titolo, un brano.

Una breve risata risuonò nell’aria come per pungolarlo e nello stesso tempo chiedersi quale importanza poteva avere una sigla.

Giacomo intonò una vecchia canzone del 1966.

«ho in mente te
ogni mattina uoh uoh
ed ogni sera uoh uoh
ed ogni notte te»

“E cosa sarebbe questa lagna?” domandò Betta. “Non la conosco e poi non potremo trovare qualcosa di recente che conosco anch’io? Almeno la posso cantare pure io”.

Mattia sorrise. Era una canzone molto orecchiabile, vecchia più di loro, che non erano ancora nati quando spopolava nei jukebox e sui vinili a 45 giri. Un flash lo riportò indietro nel tempo, quando aveva scoperto quella vecchia musica che l’aveva stregato e appassionato negli anni seguenti. Aveva trovato per caso nascosti in una vecchia scatola di scarpe una pila di dischi graffiati e polverosi e un involucro di plastica arancione che funzionava con due pile enormi, corrose e scoppiate nel loro alloggiamento.

“Cosa sono questi?” chiese a suo padre.

“Sono 45 giri della nostra gioventù. E quello è il mangiadischi ..”

“Mangiadischi? Ingoia i dischi triturandoli?” replicò sorpreso e ridente.

Suo padre gli spiegò con pazienza come funzionava.

“Metti un disco in questa feritoia e ascolterai la musica. Negli anni sessanta non c’erano mp3 o ipod, né altre diavoleria moderne. Si usava il mangiadischi e si ballava sulla spiaggia attorno al falò”.

Mattia scovò in cantina un vecchio e polveroso impianto hi-fi Pioneer con la piastra per ascoltare i vinili e travasò sull’uscita Cd-Rom tutti i dischi contenuti nella scatola. La qualità di riproduzione del suono era ovviamente scadente: fruscii, distorsioni e rumori di fondo quasi sovrastavano musica e voce. Con pazienza certosina ripulì i vari Cd con un programma software e li caricò sul suo mp3, che portava sempre con sé. Rimase stupito dalla qualità delle musiche italiane e straniere con band e cantanti del tutto sconosciuti ma famosissimi in quegli anni ruggenti, come ebbe modo di scoprire attraverso Google e su YouTube.

Da quel giorno si dedicò a cercare nei mercatini e sul web vecchie incisioni che erano sempre nuove per lui. Si sentiva come un esploratore alla ricerca di nuove specie d’animali. Nel suo caso era vecchie musiche quasi dimenticate sotto il peso degli anni.

Stimolato dall’uscita di Giacomo cominciò a pizzicare le corde della chitarra per riprodurre la musica e accompagnare lo stonatissimo compagno nella performance canora. Il gruppo ascoltò in silenzio i due ragazzi, mentre tentavano di dare un briciolo di plausibilità alla canzone.

“Come si chiama?” chiese Eva che canticchiava il motivetto, che era anche l’unico che i due conoscevano.

“Io ho in mente te. Equipe 84. Anno 1966” disse Mattia.

“Mai sentiti!” esclamò Marco stupito. “Ci credo. Chi sa dov’ero! I miei genitori forse non si conoscevano nemmeno. Anzi muovevano i primi incerti passi”.

Il ragazzo, deposta la chitarra, cominciò ad armeggiare con suo inseparabile mp3. “Ecco. Questa è la canzone vera. Non quella che abbiamo storpiato” disse alzando al massimo il volume, mentre nel silenzio della montagna si diffondeva la musica.

“Tutt’altra cosa rispetto alle vostre lagne” disse ridendo Sandra. “Non male, non male”.

“Se coi vostri smartphone, andate su Youtube e ricercate anni 60, troverete una quantità industriale di video con canzoni di quell’epoca ..”.

“Vedo che sei spiritoso. Il massimo che otteniamo dallo smartphone è una telefonata alquanto disturbata. Per il resto nebbia fittissima in val Padana” replicò allegramente Matteo.

“Mentre ascoltiamo la musica seria, prendiamo quelle bottiglie che abbiamo conservato per la fine del lavori e brindiamo” aggiunse Alba, alzandosi.

“Sì, sì! Ottima idea” dissero in coro alcuni di loro.

Un flop squarciò il silenzio della notte, mentre un fiotto di spuma uscì dalla bottiglia.

L’allegria era padrona del campo, mentre i dieci ragazzi si abbracciavano e bevevano lo spumante appena fuori dal caldo.

Una lunga notte li stava aspettando.

//

0

19 risposte a “Il borgo – Capitolo 1”

  1. L’inizio è molto soddisfacente, specie per chi come me ama la musica degli anni Sessanta e Settanta. Poi naturalmente ci sarà molto altro, come da frase finale.
    (A me dell’Equipe piace “Un anno”, versione italiana di un classico dei Traffic).
    Un caro abbraccio.

    1. Spero che il resto mantenga le premesse. Le canzoni anno sessanta e settanta le adoro. Ho scelto questa perché mi ricordano quando con gli amici e le amiche la cantavamo, stonatissimi.
      Un caro abbraccio

  2. Un nuovo racconto! questa volta lo seguo dall’inizio (quello precedente lo recupero strada facendo)… io avevo il mangiadischi arancione e conservo dei 45 giri dei Beatles come una reliquia!
    primo capitolo che è solo un assaggio… aspetto il seguito! 😀

    1. Anch’io ho un mangiadischi arancione con le pile enormi corrose dal tempo e una scastola di 45, vecchi con le copertine consunte.
      Si, il primo capitolo introduce la storia.
      Il secondo capitolo è già pronto.

    2. Anch’io ho un mangiadischi arancione con le pile enormi corrose dal tempo e una scastola di 45, vecchi con le copertine consunte.
      Si, il primo capitolo introduce la storia.
      Il secondo capitolo è già pronto.

  3. Vediamo se questo racconto riesco a seguirlo…… l’inizio mi piace, parla di canzoni, e di cantanti che hanno fatto parte della mia vita, che ho fatto conoscere alle mie figlie proprio attraverso il mangiadischi arancione che aveva fatto seguito al “Gelosino”….

    1. Chi sa perché ma il mangianastri arancione spopolava. Il Gelosino lo usavo per registrare le lezioni all’università. Quello è finito in discarica con l’ultimo trasloco.

  4. Si inizia alla grande con musica e allegria
    Anch’io mi diletto (anzi meglio dire la strimpello) a suonare la chitarra.
    La musica quando entra nell’ anima non ha età.
    Dell’ Equipe amo molto : “Casa Mia”
    Abbraccione
    Mistral

  5. Ho cominciato a leggere il racconto dal 2° capitolo e curiosa sono andata a ritroso a cercare il 1°, è carina l’atmosfera e l’idea del borgo da salvare. Sai quanti paesini, un po’ ovunque ma soprattutto in Toscana, se li sono comprati interamente i tedeschi? Se Laura ce la fa, sarebbe un bel riscatto per la nostra storia arroccata sui borghi.
    Mi piace molto e lo seguirò,
    ciao e un abbraccio
    Pan

    1. Qualcuno li ha censiti, pare che superino i 5000, su wordpress c’è un blog dedicato a loro ma molti di questo borghi fantasma stanno cadendo a pezzi.
      Laura è come un moderno Don Chisciotte che sfida l’abbandono.
      Il borgo che sarà oggetto delle sue attenzioni sta a cavallo tra Toscsana e Romagna, anzi si parte dalla Romagna si sconfina in Toscana e si ritorna in Romagna. Il tutto in un paio di chilometri di strada per raggiungerlo.
      Spero di non deludervi.
      Una caro abbraccio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *