I giorni trascorrevano tra lunghe attese e passioni ardenti, mentre Angelica si consumava nel fuoco dell’amore.
Il ritratto di Goethe procedeva a rilento, perché, come altri lavori erano rimasti incompiuti sul cavalletto, era distratta dall’innamoramento verso il poeta. Quando non lo vedeva comparire col suo mantello bianco e l’immancabile cappello a tesa larga, provava angoscia perché temeva di non rivederlo più.
“Perché mio amato non venite? Dove siete?” si struggeva la donna incapace di comprendere queste fughe, questa assenze senza conoscere dove fosse, senza comprenderne i motivi. Lui scompariva per diversi giorni nel nulla, mentre lei seduta sul divano sperava di udire i passi del poeta salire i gradini, bussare deciso alla porta e vederlo apparire nello studio. Però non era quello che sperava, mentre le lacrime bagnavano il viso. Poi come era scomparso inghiottito dal nulla, così ricompariva come se l’assenza non ci fosse stata senza che lei avesse il coraggio di chiedere. «Dove siete stato, mio amato? Perché non avete avvertito che per qualche giorno non sareste venuto da me?»
Qualche settimana più tardi, il poeta esclamò, alzandosi dalla sedia di raso rosso. “Questo ritratto non mi rende giustizia. Appaio triste e dimesso. Distruggetelo. Non lo voglio più vedere!”. Quindi decise di non posare più per Angelica, che non osò ribattere. Lo coprì con un velo e lo mise in un angolo buio dell’atelier.
Goethe aveva a Roma molti amici tedeschi e tra questi il più assiduo era Tischbein, con cui spesso trascorreva le serate all’osteria a bere in compagnia di donne per lo più sconosciute. Amavano entrambi mescolarsi col popolino per partecipare a feste di strada, anche se non riuscivano a capire il romanesco. Sentivano una forte attrazione verso queste manifestazioni molto disinibite e grossolane, dove si beveva vino e ci si accompagnava con popolane libere e disinvolte.
Angelica entrò in crisi, perché si sentiva trascurata, perché aveva notato come alla mattina Goethe era distratto, assonnato come se avesse passato la notte insonne e talvolta odorava pesantemente di vino e di fumo.
Il poeta aveva cominciato a frequentare con continuità una certa Faustina, conosciuta in una osteria di Monte Servello, dove serviva ai tavoli. Aveva preso l’abitudine di trascorrere la notte con lei, come Angelica scoprì attraverso amici comuni, quando venne a conoscenza delle sue frequentazioni notturne e dei suoi tradimenti. Era un rapporto basato tutto sul sesso e sull’aspetto venale, perché pagava le prestazioni notturne, senza provare il minimo sentimento verso di lei.
“Mein Gott!1 Cosa devo fare per riconquistare l’attenzione di Wolfgang? Sono forse diventata inguardabile o indesiderabile? Lo ascolto con pazienza mentre mi legge ad alta voce quello che scrive, poi preparo degli schizzi per illustrarne l’opera. Non mi bacia più, mi tratta con freddezza. Non siamo stati più intimi da quella sera di alcune settimane fa”, Angelica si lamentava ad alta voce sdraiata sul divano, dove aveva trascorso quella sera indimenticabile.
Questi pensieri la portavano a trascurare i lavori, a forme di apatia indolente senza che riuscisse a porvi rimedio. I lavori tardavano a terminare tra le proteste dei committenti, che avrebbero voluto una maggiore celerità nella consegna dei quadri.
“Abbiate pazienza” diceva loro quando bussavano al sua porta reclamando il ritratto commissionato qualche mese prima. “Sono oberata da molti impegni. Cercherò di finirlo nelle prossime settimane”.
Sapeva che il comportamento non era corretto, ma l’ispirazione e la voglia di completarli era a livelli bassissimi. Doveva ritrovare la propria determinazione chiudendo con Goethe, almeno per un certo periodo di tempo.
Così una sera prese la decisione di lasciarlo fuori dallo studio, finché non avesse finito il ritratto della baronessa de Kruederer col figlio Paul. La baronessa col marito Alexis, ambasciatore di Russia a Copenhagen, era giunta a Roma nell’autunno del 1786 e aveva voluto farsi ritrarre dalla celebre pittrice insieme al figlio. Però l’arrivo di Goethe aveva di fatto bloccato il completamento del quadro, che doveva essere finito entro i primi giorni del 1787, perché il soggiorno romano della baronessa stava terminando.
Così due giorni dopo la decisione di non vedere il poeta fino al completamento del quadro, sentì bussare alla porta dello studio, che era chiusa a chiave. Sapeva che era Wolfgang, che si era assentato, come era solito fare, senza dare spiegazioni, perché aveva riconosciuto il passo e il modo di bussare, ma decise di non rispondere, come se non ci fosse.
Goethe, pensando che fosse ancora a casa, si diresse là per chiedere alla governante notizie di Angelica.
“Sono andato nello studio, ma ho trovato la porta sbarrata e nessuno rispondeva al mio bussare. Sapete dove si trova la vostra signora?” chiese il poeta a Maria.
“Mio signore, Angelica è nello studio, intenta nel suo lavoro. Deve finire un quadro rapidamente, perché la committente sta per partire” rispose la governante al poeta, che in preda all’ira ritornò all’atelier.
Bussò con energia e disse con voce alterata e perentoria: “Angelica so che siete qui! Aprite immediatamente!”
Angelica con le lacrime agli occhi non degnò di una risposta quel bussare frenetico, continuando a lavorare.
Goethe visibilmente adirato continuò a bussare e in uno scoppio d’ira la minacciò: “Se non aprite immediatamente, non mi vedrete mai più!”
La donna decisa più che mai a rispettare la promessa fatta con se stessa continuò a dipingere, mentre le lacrime sempre più copiose rigavano il suo delicato viso.
Il poeta, stanco di stare fuori dalla porta e colpito nel suo orgoglio di uomo, uscì dal portone scuro in volto e ancora più stizzito, borbottando oscure minacce: “Mi avete messo alla porta come l’ultimo dei vostri servi, ma io non verrò più a cercarvi. Anzi non frequenterò più il vostro studio. Vi state comportando come una donna che cerca un uomo più giovane per sentirsi ancora giovane e piacente. Siete stata una grande delusione per me!”
Ad ampie falcate tra lo svolazzare del mantello si diresse verso la zona delle osterie per annegare la sua ira nel vino e a sollazzarsi con Faustina certamente più accondiscendente di lei.
Angelica, avendo sentito che si era allontanato, diede sfogo alla sua disperazione e solitudine piangendo a dirotto: “L’ho perso per sempre! Gli ho chiuso la porta in faccia e lui se ne è andato via. Io devo finire questo quadro senza vederlo prima. L’avevo promesso a me stessa e devo mantenerla, anche se l’ho perduto per sempre!”
Lavorò intensamente per tutta la giornata tra crisi di pianto e determinazione nel mantenere la promessa.
All’imbrunire il quadro era ormai quasi concluso, domani avrebbe portato gli ultimi ritocchi e poi l’avrebbe consegnato alla baronessa.
Con calma ripulì i pennelli e le mani, ripose i colori, sistemò sommariamente la stanza e si preparò per uscire, quando sentì dei passi familiari.
S’irrigidì e aspettò che lui fosse dinnanzi alla porta, nel frattempo pensava intensamente: “Esco? Apro la porta e lo faccio entrare? Rimango qui, chiusa dentro aspettando che se ne vada?”
Aspettò il bussare, la voce che conosceva da tempo, ma non sentiva nulla di tutto questo. Percepiva che stava lì ritto dinnanzi alla porta, aspettando che lei aprisse per farlo entrare.
Il panico si impossessò di Angelica, paralizzandola nei movimenti e nelle parole: “Ach du Lieber Gott!2 Cosa devo fare? AVE MARIA, gratia plena, Dominus tecum. Benedicta tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui, Iesus. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc, et in hora mortis nostrae. Amen”.
Il tempo si era fermato e non passava mai: lui fuori dalla porta in silenzio, probabilmente adirato e furioso, lei dentro la stanza intimidita e decisa.
Capitolo 8 – I giorni successivi
1“Mio Dio!”
2Espressione tipica tedesca equivalente a Oh mio Dio!
Questa è la parte che mi è piaciuta di più!!!
Piace anche a me. Ogni volta che la rileggo aggiungo e tolgo qualcosa
Il miglior capitolo.
Inizialmente, il grande Poeta mi è quasi diventato odioso, dato che il suo comportamento lascia assai a desiderare, non solo a causa del tradimento ma anche perché ama sfoggiare i suoi versi e nel contempo disdegna il lavoro di lei.
Se, però, alla porta ci fosse lui…
Ancora una volta dimostri grande competenza storica e capacità di analisi.
Un caro abbraccio.
Goethe era molto vanitoso, come potrai capire tra un capitolo o due. Non riusciva a mantenere un rapporto stabile con le donne,
Grazie per i complimenti
Un caro abbraccio
I like this.
Thank you
sono impaziente di leggere il prossimo ;)…..
Domani leggerai il proseiguimento
Molto irruento il caro Poeta , e ben hai sottolineato il disagio della povera Angelica 🙁
Hai ragione.
vediamo come prosegue.
Ci sono uomini che non sanno dire di no ad una “sottana, ferendo così cuori di chi sta
con pazienza e dedizione ad aspettare
Uomini così con tutto il rispetto (Artisti o non), non mi piacciono
Grande capitolo
Bravo
bacioni
Mistral
In effetti quegli uomini vedono solo sesso e nient’altro. Credo che siano da evitare, da prte delle donne.
Baci
Gian Paolo
Ahhh! ti sei superato GianPaolo, questo post è perfetto! !!!!!!!
Quanta forza d’animo ha Angelica, ogni sua reazione è centrata, realistica al massimo!
cherto che… quanta ira ingiusta e cattiveria, in Goethe! da schiaffi 🙁 !
Grazie, Bianca per i tuoi complimenti. Goethe è veramente da prendere a schiaffi