Capitolo 2 – L'attesa

Il giorno seguente Goethe si alzò di buon’ora, perché voleva tornare là, all’atelier.
Era rimasto colpito dalla delicata bellezza di Angelica e dalla naturale modestia della più famosa pittrice di Roma.
Uscì dalla locanda, dove alloggiava, nei pressi di Castel Sant’Angelo e con passo svelto s’incamminò verso via Sistina, dove era lo studio.
Le vie erano già animate da molti carrettieri, che portavano le loro merci al mercato, e dovette fare attenzione per non finire sotto le ruote dei loro carri.
La giornata era bella, come poteva esserlo solo a Roma in quel periodo: un cielo terso con qualche nuvola sparsa in qua e in là, un tiepido sole autunnale, l’aria frizzante del mattino.
Si fermò lungo il tragitto ad ammirare qualche vestigia dell’antica Roma, fece qualche schizzo sul blocco che portava sempre con sé.
La camminata gli aveva messo appetito e allegria, perché tra non molto sarebbe tornato nello studio di Angelica. Sull’angolo della strada un venditore ambulante aveva aperto un piccolo banco di frutta fresca, dove sostò per comprare qualche mela rossa da mangiare prima di arrivare.
Ripensava all’incontro di ieri che aveva acceso dentro di lui la passione.
Lei, ” disse sottovoce “ lei … è una giovane donna attraente e famosa, che è desiderata da tanti uomini ed invisa a tante donne. Lei gradisce la mia compagnia? Lei…” continuava a parlare da solo mentre di tanto in tanto mordeva la mela che aveva in mano, “Lei ha accettato il mio invito perché io sono Goethe o perché le piaccio?”
Parlava ormai ad alta voce tanto che i rari passanti mattinieri guardavano quello straniero avvolto nell’ampio mantello e con il cappello chiaro a falde larghe in testa come se fosse un matto scappato dal manicomio.
Non capivano nulla di quello che diceva: «Sie ist eine junge Dame. Sie ist eine berühmte und bekannte Malerin ihrer Zeit….». Scuotevano la testa e commentavano in romanesco il comportamento di quello strano individuo che camminava ad ampie falcate e urlava parole incomprensibili.
Goethe continuava, come se quei passanti ignoranti fossero dei fantasmi, blaterando in tedesco sempre più ad alta voce. «Mein ist das geträumte Glück. Angelica, wo ist Sie? Warte mir, ich komme früh!»
Più parlava, più affrettava il passo, più attirava gli sguardi incuriositi della gente per strada. Era un crescendo del quale non si rendeva conto, immerso nel suo mondo di immaginazione e di desiderio.
 
Angelica, come al solito, indugiava nel letto, dove dormiva ormai da tempo sola, pigramente, complici i primi freddi autunnali che non la invogliavano ad uscire dal caldo tepore delle coperte, mentre ripensava all’incontro del giorno precedente alquanto strano col grande poeta.
Famosa e ricercata non c’era nobile o ricco o prelato, che non desiderasse essere ritratto da lei, come molte donne giovani o vecchie che venivano nel suo lussuoso atelier per essere dipinte sulla tela. Queste provavano una sincera e forte invidia verso di lei che pareva avere trovato l’elisir della eterna giovinezza, perché la sua bellezza non era appassita con l’età. Aveva innumerevoli corteggiatori tra i quali poteva scegliere a piacimento ma in questo periodo preferiva rimanere sola. Quando incontrò Goethe, lo vide come un bell’uomo giovane e famoso.
Le era piaciuto da subito senza un motivo preciso, perché vedeva qualcosa che le mancava nel matrimonio. Erano solo sensazioni non quantificabili che galleggiavano nella mente senza precisi riferimenti.
Era strano il suo atteggiamento mentale perché sentiva un’attrazione che non era né sessuale, né fisica: era un qualcosa di indecifrabile che neppure lei riusciva a concretizzare. Il fascino, uno stato indefinito e impalpabile, che aveva esercitato su di lei, l’aveva accompagnata durante la cena serale ed anche dopo senza lasciarle tregua. Era uno stillicidio di sensazioni che pungevano come mille spilli, facendo vagare in qua e in là la mente, estraniata dal corpo.
Durante notte aveva dormito in preda all’agitazione sognando lui, che le stava accanto nel letto. Più di una volta aveva allungato una mano sperando di trovare il suo corpo, ma si era svegliata stringendo solo il lenzuolo. La voglia, il desiderio era cresciuto di pari passo con la stanchezza della notte insonne rimpiangendo di avere rimandato al giorno dopo l’invito.
Perché sono stata così sciocca? Perché non ho accettato l’invito all’osteria? Perché ..” si domandava mentre sentiva il leggero fruscio delle lenzuola sulle braccia e sul viso, “Perché ho avuto paura di andare? E se oggi non venisse, cosa dovrei inventare per vederlo comparire? Se non venisse più, perché io l’ho respinto, come potrei richiamarlo vicino a me? Ha fascino, è discreto, è giovane e robusto”.
Angelica stava ripetendo ad alta voce questa sequela di perché, quando udì il bussare discreto alla porta “Entra pure Maria, sono sveglia” disse rigirandosi sotto le coperte. “Signora, la porta è chiusa a chiave” le rispose la governante.
La pittrice, uscita dal caldo abbraccio del cuscino, mentre rabbrividiva, apri la porta, lasciando entrare la donna con la colazione.
Maria, avvicinatosi al tavolino nel centro della stanza, posò il vassoio che teneva in mano, liberò le finestre dai pesanti tendaggi, favorendo un bel raggio di sole che inondò la stanza. Quel lampo di luce costrinse Angelica a chiudere gli occhi per un attimo, mentre rapida riguadagnava il caldo del letto. L’incanto della notte era strappato, mentre a malincuore doveva uscire dalle lenzuola per affrontare la nuova giornata.
La stanza era ampia con un grande letto a baldacchino al centro, un grande camino di fronte. In un angolo c’era un inginocchiatoio sotto il quadro della Vergine Maria con Gesù, dove tutte le sere prima di coricarsi recitava le preghiere.
Tra le due finestre stava un tavolo rettangolare rustico e semplice, dove faceva colazione alla mattina, mentre tra il letto e il camino c’era una comoda poltrona, da dove poteva ammirare il quadro che amava di più in assoluto il San Girolamo di Leonardo da Vinci. La stanza aveva al suo interno altri due vani: uno serviva come bagno e l’altro come guardaroba spogliatoio, ciascuno riscaldato da un camino.
Maria prese dalla stanza adiacente la pesante veste da camera ricamata di colore cremisi e l’aiutò ad infilarsela, le mise le pantofole di panno foderate con morbido pelo di agnello e sistemò una sedia accanto al tavolo apparecchiato con la colazione.
Accese il fuoco per riscaldare l’ambiente, liberò anche l’altra finestra dalla tenda e silenziosa in disparte aspettò che Angelica terminasse.
Non aveva fame, non provava gioia nel sorseggiare il latte caldo, né il pane dolce sembrava tale, insomma non c’era nessun piacere nel consumare il cibo, diversamente dalle altre mattine. La mente riandava di continuo alla giornata precedente, a quell’incontro tanto stimolante ed eccitante, al timore che non venisse nella giornata odierna nello studio, al pensiero che quell’invito non accettato prontamente non venisse ripetuto.
Maria, vista l’aria afflitta e lo sguardo appannato di Angelica, le chiese premurosa se avesse dormito male nella notte senza ricevere risposta. Cominciò a preparare la stanza da bagno accendendo il fuoco nel camino per riscaldare l’ambiente, a portare brocche di acqua calda e fumante per lavare la sua signora.
Era ormai quasi mezzogiorno, quando Angelica si avviò verso lo studio di Via Sistina, che distava pochi passi dalla sua bella casa posta un poco più in alto sul Pincio da dove si poteva osservare quasi tutta la città.
In quel istante lo vide avvolto nel suo mantello che camminava avanti e indietro davanti al portone che consentiva l’accesso all’atelier.
Ebbe un piccolo mancamento e stava per girarsi e tornare sui suoi passi, quando lui la vide.

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27 risposte a “Capitolo 2 – L'attesa”

  1. Il ritratto del grande poeta e drammaturgo si fa sempre più nitido e preciso; ed è un ritratto che attrae tanto sai dipingerlo bene: forte, spavaldo, sicuro di sé, seppure con alcuni dubbi.
    Sento che questo sarà il tuo racconto migliore.
    Un caro abbraccio.

    1. Grazie per la fiducia ma essendo stato il primo in assoluto scritto dubito che possa essere il migliore. E’ vero che nel pubblicarlo lo sto revisionando, ma sono limature per migliorarlo senza niente di nuovo.
      Un caro abbraccio

      1. Si lo so Gian Paolo 😉
        Scusa ma ne seguo troppi tutti insieme, spero mi perdonerai, poi finisco sempre con il leggerli a notte fonda, ma mi piace molto farlo e credo sia bello far sapere a chi scrive che quello che fa piace!

  2. Bellissimo e incredibilmente… moderno!
    Credo che questo lavoro sia ottimo! Mi ci addentro con curiosità ed entusiasmo!
    Non voglio ripetermi, ma tratteggi in modo sublime le emozioni dei tuoi personaggi, ogni volta è un piacere leggerti.

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