Capitolo 40

A Isabella l’uomo sembrava più vecchio di lei, perché aveva notato capelli e barba grigi. Però non ne era certa per via della scarsa illuminazione. Era alto di statura, molto più di lei, di questo ne era sicura, perché aveva una corporatura minuta e bassa. L’aspetto era di una persona imponente e ieratica, che incuteva soggezione più che paura. Il vecchio, come l’aveva battezzato in assenza di un nome, indossava una tunica bianca a sacco che gli copriva anche le braccia. Due mani bianche, lunghe e affusolate fuoriuscivano dalle ampie maniche. Si sedette in silenzio alla sinistra della donna e fece un cenno col capo a un misterioso dominus. Si chiese a chi era diretto quel messaggio silenzioso. Non era riuscita a indovinarlo.
“Che significato ha quel gesto misterioso?” si domandò curiosa e nel contempo preoccupata perché non comprendeva cosa stava succedendo.
L’uomo si alzò e con voce forte e possente pose una domanda alla comunità che lo stava ascoltando senza quasi fiatare.
“Chi è la prescelta? Dov’è la giovane fanciulla vergine e pura, regina della festa?”.
Ci fu uno scoppio di ilarità contagioso, che ruppe il solenne silenzio., come se la battuta fosse uno scherzo del destino e non una domanda seria
“Una giovane fanciulla vergine e pura? Semplice utopia, maestro! Forse una bambina lo è ma qui non ci sono bambine. Lo eravamo forse appena nate ma la verginità ora è un lontano ricordo” replicò una voce femminile. Un nuovo scoppio di risate accompagnò la boutade.
“Allora chi è la prescelta per la cerimonia?” ridomandò quello che avevano chiamato maestro. Tutti come se fossero stati comandati da un misterioso filo alzarono il braccio verso Isabella.
“Ecco l’eletta” replicò volgendosi di lato e prendendole la mano per mostrarla a tutti. “Si dia inizio alla festa” disse mentre si sedette senza lasciarla. Due servi le posero sul capo una ghirlanda di fiori profumati come simbolo della regalità.
Lei rimase perplessa, perché era stata designata sulla base di qualche motivo oscuro e del tutto sconosciuto a lei. Le parve una decisione presa a sua insaputa con un rituale che giudicava singolare. Non comprendeva il significato di quella incoronazione e dei motivi per i quali sedeva accanto al cerimoniere. Forse avrebbe capito più avanti cosa si pretendeva da lei e quale ruolo avrebbe ricoperto nella cerimonia. Un attimo di ansia e paura attanagliò la mente ma subito si rassicurò, perché, se ci fosse stato qualcosa di pericoloso, Giacomo l’avrebbe protetta.
Uno squillo di trombe e un rullo di tamburi avviarono la festa.
I musici allietarono gli invitati, mentre i servi erano affaccendati a servire i commensali. Piatti scarsi e poveri, molta acqua e poco vino. La luna rossa salì verso il cielo impallidendo mentre illuminava il giardino coi suoi raggi sempre più luminosi. Le luci erano appena soffuse, lasciando i visi e spazi in ombra.
Isabella mangiò con calma lo scarso cibo che tuttavia era gustoso e raffinato, domandandosi i motivi di tanta parsimonia. Ai convivi ricordava vivande e libagioni in abbondanza, anzi fin troppo. La curiosità si faceva largo dentro di lei. Prima quella strana domanda del tutto inutile e retorica, poi l’indicazione caduta sulla sua persona, lei che era sicuramente la più anziana del gruppo e non era una fanciulla vergine e pura da molto tempo. Infine un convivio che assomigliava più a una cena di quaresima che a un convito estivo. Erano tutti motivi di riflessione per Isabella.
“Cosa riserverà il resto della serata? E in particolare a me. Messer Giacomo ha parlato di una festa. Questo vecchio di una cerimonia. Per il momento ho quasi digiunato con scarse libagioni come se tutto dovesse seguire un preciso copione di astinenza. Il mio consorte l’ho intravvisto fugacemente senza che si mostrasse apertamente, come se si volesse nascondere. Forse non vuole dimostrare interesse verso me e mettermi in imbarazzo. Certamente dama Eleonora che sta di fronte a lui è una bella donna, giovane e piacente, che farebbe impazzire qualsiasi uomo. Dovrò gareggiare duramente con lei per riconquistare i favori del mio consorte, anche se messer Giacomo dice che non è nulla per lui. Però è qui e non mi ha degnato di uno sguardo”.
La luna raggiunse lo zenit mentre i suoi raggi rendevano più visibili oggetti e persone, ricoprendoli di una patina d’argento.
Notò che il vecchio aveva fatto un movimento circolare col capo come per dare inizio a qualcosa. Non comprendeva cosa sarebbe avvenuto tra qualche istante, finché silenziosi due paggi vestiti con una tunica bianca non l’affiancarono e le fecero segno di seguirli. Isabella era incerta ma l’uomo le prese la mano facendola alzare.
Raggiunse un’ampia sala dove stava un immenso letto a baldacchino e due poltrone. In silenzio la spogliarono e cominciarono a cospargere in ogni punto del corpo ungenti e creme profumate. Provava brividi di piacere ma anche imbarazzo perché quelle mani maschili la toccavano e la frugavano senza ritegno. Pur non essendo la prima volta che le capitava, in questa occasione provava un misto di impaccio e piacere e doveva mordersi il labbro per non lasciarsi sfuggire gemiti di passione, mentre il rossore colorava le guance. Indossata una tunica bianca di lino e infilati dei calzari leggeri di foggia orientale, adesso era pronta per tornare tra i commensali.
Ripreso il posto a capotavola, osservò che molti degli invitati indossavano una veste simile alla sua e a quella del vecchio, mentre altri si avviavano verso la casa. Isabella si chiese nuovamente per quale motivo tutti indossavano un identico abito Nessuno diceva nulla, tutto si svolgeva in silenzio senza musica o suoni e con la sola luce lunare. Immersi un’atmosfera rarefatta e singolare, gli altri parevano sereni e rilassati, almeno questo era la sensazione che provava. Le donne avevano in mano uno strano oggetto, che emetteva dei suoni particolari, a forma quadrata con delle lame. Piccoli bagliori argentati brillavano nel buio. Era agitato senza una sincronia particolare mentre il timbro era indistinto e non assomigliava a nessuno strumento musicale che conosceva.
“Quale valore simbolico ha questo agitare uno strumento musicale da parte delle donne?” si chiese, comprendendo che la cerimonia stava prendendo il via. Un rullo di tamburi accompagnò l’ultimo commensale che riprendeva il suo posto. Le luci erano spente, la luna illuminava la scena. Sulla tavolata spoglia e ricoperta da una tovaglia bianca c’erano strani luccichii come piccoli bagliori. Gli unici suoni erano quelli provenienti dallo strano oggetto che agitavano incessantemente le donne.
Isabella si osservava intorno sbigottita e impaurita per l’atmosfera magica carica di tensione.
Il vecchio sollevò una coppa che brillava sotto i raggi lunari, alzandosi in piedi. Notò la presenza di una uguale dinnanzi a lei, mentre l’uomo senza proferire parola la invitava col capo a sollevarla. Quando lo fece, anche gli uomini eseguirono il medesimo gesto, mentre le donne continuavano a muovere quell’oggetto che brillava argenteo.
Si chiese se doveva berne il contenuto, incerta sul da farsi. Questa strana cerimonia le dava sensazioni non ben definite e le metteva una certa angoscia. Tutti erano in attesa che lei lo vuotasse e aspettavano solo questo momento. Appoggiò incerta le labbra sul bordo metallico freddo. Il liquido le appariva di colore grigio argento. Sorseggiò diffidente ma aveva un gusto gradevole che le scaldava la gola. Vuotò il calice e lo levò istintivamente verso la luna. Tutti compirono il medesimo gesto quasi all’unisono.
Percepiva strane percezione, mentre un calore saliva dallo stomaco al viso. Le paure svanirono, l’euforia le contagiò la mente. Le sembrò di essere diventata lieve come una piuma, poi tutte le luci si spensero.
“Hanno spento le luci o sto svenendo?” si chiese in un attimo di lucidità, mentre sentiva delle robuste mani che la sollevavano.
Isabella fluttuava leggera come se fosse su una barca che scivolava silenziosa sull’acqua. Suoni indistinti, mani, lampi di luce. Una cacofonia di sensazioni disparate la pervadevano senza che lei riuscisse a metabolizzarle. Frammenti del passato si mescolavano nel presente come se fossero parte del futuro che non conosceva ancora. Strani ricordi che sfumavano, senza essere ricordati, persi nel silenzio della mente, affollavano la testa.
Quando riaprì gli occhi, si trovò nella stanza dove poco prima era avvenuta la cerimonia della vestizione. Le sembrò che fossero passati pochi attimi dal momento che la luce degli occhi si era spenta. Era sul letto avvolta nella tunica bianca di lino, composta come un sudario di morte. La testa girava, facendole perdere il senso dell’equilibrio come se dovesse cadere in un abisso nero e pauroso. Uno stato di confusione mentale non le consentiva di percepire esattamente cosa stava avvenendo intorno a lei. Sentì sollevare il capo mentre del liquido dolce cercava di passare attraverso le labbra serrate, colando lentamente verso il collo.
“Bevete senza timore”. Era una voce suadente che le ordinava di aprire la bocca.
E poi nuovamente sparirono luci e pensieri.

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26 risposte a “Capitolo 40”

    1. No. Più semplicemente sono problemi di scripts che impediscono al browser di attivare il Ilike this.
      Ci sono blog dove non riesco a impostarlo, perché alcuni scripts non sono attivati dal mio firefox.
      Comunque prendo atto del like

  1. Non oso più chiedere scusa al mio ospite per le lunghe assenze da questo roamnzo (?) che si fa ogni volta più denso in qualità e numero di personaggi.
    I capitoli precendenti hanno mostato come l’amore viene declinato in molti modi. Come da una bruciante passione si possa passare a ragionare sul perché di un amore come quello tra Laura e Alfonso. La passione di lui, ferale, riesce ad essere imbrigliata dall’amore di lei, che lo ama non per ciò che rappresenta, bensì per ciò che é nella sua essenza.Alfonso non sa sottrarsi e neppure una doverosa lontananza riesce ad effievolire quell’amore tra i due.
    Amore che é mal compreso dalla madre e splendido é il duetto tra le due donne.
    La madre che confessa la tribolazione cui si é piegata e l’accoglienza sincera della figlia a quel dolore. Anzi lo vedrei più come un dono di amore filiale.
    Capisce i perché di quelle scelte, ma altrettanto fermamente dichiara di non appartenere a tali scelte. Ama per amare e non per trarne un profitto. e tutto ciò che otterrà lo otterrà per la sua capacità di donarsi in maniera sincera e libera. Un conflitto generazionale intenso ed anche uno spaccato di vita, che non si discosta da certe situazioni contemporanee.
    Anche Giacomo affronta il tema amoroso, ma da maschio.
    Inizia segnando definitivamente il territorio, costringendo la moglie quasi a subire il fatto che lui é il Dominus.
    Conduce anche un sottile e quanto mai sgradevole gioco con lei.
    Non la umilia, ma corre lungo quel confine. Riafferma il potere sulla casa e sulla famiglia, cose e persone e sembra che ne goda e in più sta assumendo tutte le caratteristiche del cortigiano perfetto. Padrone tra le mura casalinghe, ma attento a ciò che sucede a corte e a ciò che verte sulla corte stessa.
    L’esempio della festa, quasi esoterica, é sintomatico, anche se questo suo affannoso proporsi potrebbe essere una lama a doppio taglio. In fondo non conosce a menadito Isabella e questa potrebbe ancora giocare carte importanti.
    Decisamente una lettura eccellente.

    1. Ho letto il tuo lungo, gradito e articolato commento e non posso aggiungere altro che la tua analisi è perfetta.Laura e Giacomo sono due personaggi diversi ma hanno un filo conduttore unico. Osservare la realtà con occhi differenti e proporsi in maniera diversa sui temi comuni.
      Isabella? Forse ci saranno novità ma non voglio anticipare nulla, lasciando il lettore sospeso e curioso di conoscere gli sviluppi futuri.

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