Capitolo 36

Giacomo sogghignò ferocemente, perché aveva messo in riga Isabella.

“Non on mi è mai piaciuta fin dal primo incontro. Quell’aria tra l’arroganza annoiata e la sufficienza mi aveva dato ai nervi ma ho dovuto far buon viso a cattiva sorte, non sapendo nulla di questa mia nuova vita. Mi ha sottovalutato. Un errore imperdonabile di valutazione. Ma ora mi servo la vendetta, un piatto da consumarsi freddo. Più che vendetta ho ristabilito le gerarchie” rifletté mentre terminava il bagno ristoratore.

Avvertì che Ghitta era soddisfatta per come stavano procedendo gli eventi.

“Non fatevi illusioni, Ghitta” esclamò mentre sentiva scorrere l’acqua fresca sul corpo accaldato.

“Quali, Messere?” chiese cauta la furba ragazza.

“Lo sapete. Non c’è necessità che ve le spieghi. Avete salvato il posto ma dovete rigare dritta”.

“Cosa significa «rigare dritta»?”

“Che non pensiate di avere privilegi speciali o di parlare a sproposito col resto della servitù. Dovete rimanere quella che ho conosciuto fin dall’inizio. Rispettosa, obbediente e attenta ascoltatrice di quello che si dice di me e di avvertirmi. A proposito. Perché non mi avete informato che madonna Isabella mi attendeva nella mia camera?”

“Non ho potuto. Madonna mi ha detto ..” rispose tentennante, lasciando intendere l’esatto contrario.

“Bubbole. Avete avuto paura e basta”.

“Aveva minacciato di cacciarmi se..”

“E ci sarebbe riuscita se non fossi intervenuto con decisione. Ma ora prepariamoci alla cena nelle sue stanze. Ricordatevi di preparare la camera come vi ho spiegato in ogni dettaglio. Stanotte dorme qua”.

Tirato a lucido e senza troppe arie trionfalistiche Giacomo si presentò puntuale nelle stanze di Isabella.

“Madonna siete uno splendore. Forse in mio onore?” chiese sorridente, vedendola agghindata a festa.

In effetti non l’aveva mai trovata così bella: i capelli raccolti a crocchia con la treccia che le dava un tocco di sobria eleganza, un abito blu con un corpetto bianco attillato e un’ampia scollatura, che mostrava generosamente i seni. Questi parevano esplodere fuori ad ogni movimento del corpo ma rimanevano miracolosamente al loro posto. La pelle leggermente ambrata era liscia come quella di un bambino, mentre emanava fragranze delicate.

“Ha deciso di colpirmi col lato sexy del corpo che usa come arma di seduzione per volgere a suo favore queste schermaglie” rifletté Giacomo, che riuscì a controllare magnificamente voce e fisico. “Non posso cedere al ricatto sessuale. Per me sarebbe la fine”.

Isabella sorrise annuendo con la testa mentre dentro di sé covava rabbia, perché vedeva sfumare i suoi piani.

“Quest’uomo sembra di ghiaccio che nemmeno il sole agostano riesce a sciogliere. Ero sicura che avrebbe ceduto. Invece, impassibile, cortese e galante ha fatto un semplice commento senza grossi entusiasmi più come dovuti che sentiti. Il marchese si sarebbe sciolto in un amen e sarebbe rimasto appeso alle mie labbra per il resto della serata, sbavando e gemendo. E per guadagnare il mio letto avrebbe dovuto sopportare le pene dell’inferno. Giacomo invece non lo riconosco più. Sembra un altro, cambiato, determinato e attento a come si muove. Poi pare che sia ricercato da molte dame. Da quando gli ho assegnato Ghitta, non è più l’uomo che conoscevo. Quella ragazza l’ha stregato, mentre io mi ritrovo le armi spuntate”.

Giacomo si muoveva come un gatto che si divertiva a giocare col topolino. Lo lasciava correre un po’ e poi una zampata lo riportava in balia di lui. Colpi di fioretto, stilettate e fendenti la colpivano da ogni parte senza che lei potesse opporre resistenza. La serata procedeva con Isabella sempre più visibilmente agitata e incapace di ribattere le punture dell’uomo.

“Messere, sapete che sto diventando lo zimbello di Ferrara?” disse con tono accorato la donna.

“Perché, Madonna?” domandò curioso anche se immaginava dove voleva puntare.

“Voi mi tradite con molte dame. La contessa Giulia ..”

“Ah! Ah! Forse il marchese di Stellata vi manca di rispetto quando passa dal vostro letto?” replicò sornione.

Isabella avvampò nelle guance che divennero rosse per la collera e lo stupore. Non si aspettava quell’affermazione, perché le visite era discrete. Nessuno si era accorto della relazione. Almeno questa era la sua convinzione ma evidentemente si era sbagliata.

“Ma che dite, Messere! Il marchese di Stellata è un amico comune e non ha mai mancato di rispetto verso la mia persona ..”

“Un amico? Ma se è da anni che non lo saluto. Forse è venuto sotto questo tetto senza passare a salutarmi?”

“No, no. Rispondevo alla vostra ..” farfugliò diventando ancor più rossa per l’impaccio.

Giacomo si tratteneva dal ridere, perché aveva tirato un colpo alla cieca centrando il bersaglio senza troppa fatica.

“Capisco, Madonna, il vostro imbarazzo per il marchese e perché ho malignato, pensando che fosse stata violata la nostra casa”. Dopo una brevissima pausa riprese: “E’ bello il palazzo in via dei Piopponi?”. Aveva gettato l’amo con l’esca in bella evidenza.

“Ha un giardino magnifico, che vorrei avere anch’io. Il nostro è talmente squallido..” rispose abboccando.

“E la camera da letto è migliore della nostra?” continuò con ostentata indifferenza.

“E’ sobria e lineare come piace a me” replicò ingoiando amo ed esca.

“Ah! E’ mi fate il predicozzo perché qualche malalingua afferma che frequento delle dame, quando voi incontrate con regolarità il marchese?” disse infliggendole il colpo finale.

“Ma .. no.. mi avete frainteso..” farfugliò in maniera incoerente torcendosi le mani. “State pensando male di me. Qualche tempo fa ..”

“Sì, sì. E’ meglio cambiare argomento. Le bambine come stanno? Sono mesi che non le vedo. Non pensavo nemmeno che fossero in vita..”.

“Sono con la nutrice nelle loro stanze” rispose cercando di riprendere un colorito normale. “Domani, se ci siete, ve le porto in visita nelle vostre stanze”.

“Domani mattina ci sarò sicuramente. Ma ora è arrivato il momento di ricambiare la visita e ritirarci nelle mie stanze”.

Isabella si irrigidì prima di rispondere.

“Mi sento a disagio pensando che la vostra serva sia lì a origliare e ascoltare le nostre parole ..”.

“Però qualche tempo fa non lo eravate, quando sei venuta a farmi visita. Direi che siete rimasta molto soddisfatta”.

Si alzò e la prese per mano per condurla da lui. Isabella tentò di opporre un’ultima resistenza.

“Non posso di certo farmi aiutare dalla vostra serva per spogliarmi'”.

“No, di certo. So ancora come si spogliano le donne” replicò sorridente e suadente.

La stanza profumava di artemisia bruciata per scacciare gli insetti. Il letto era preparato con cura con ricche lenzuola di lino ricamate, mentre due tuniche leggere erano appoggiate sopra. Nel bagno erano pronte brocche di acqua profumata per ogni necessità Ghitta non si mostrò, restando nelle sue stanze, come le aveva ordinato Giacomo.

“Madonna, se vi girate, vi aiuto a togliere questa veste ricca ed elegante”.

“Ma ci riesco anche da sola. Preferisco farlo al buio” replicò indicando il candelabro sul tavolo.

“Mi togliete il piacere di spogliarvi con le mie mani e ammirare il vostro corpo alla luce delle candele”.

Con agilità cominciò a sciogliere i lacci e velocemente la lasciò nuda. Aveva davvero un fisico splendido, nel pieno della maturità dei suoi trentacinque anni e forse più. Fu il commento di Giacomo. Poi cominciò a spogliarsi lui con una certa fatica, perché era un’operazione che svolgeva con l’aiuto di Ghitta.

“Questi cosa sono?” domandò stupita e irata.

“Una borsa con qualche lira marchesana ..”

“Per chi mi avete preso?” avvampò la donna.

“Per mia moglie. Però il marchese vi fa sempre trovare una borsa tintinnante sotto il cuscino ..”.

“Come fate a conoscere tutto questo?” disse stizzita e imbarazzata.

“Dama Eleonora. Il marchese omaggia così le sue amanti. E ora da brava moglie voltatevi. E’ la vostra posizione preferita”.

Isabella cedette di schianto senza protestare e assecondò il marito.

La notte fu lunga e soddisfacente.

Il mattino li trovò abbracciati che dormivano serenamente. Un raggio di sole illuminò i loro visi, svegliandoli.

“Avete perso molte notti piacevoli” disse l’uomo.

“Potrei recuperare, passando anche le prossime”.

“Fra tre notti. Nei prossimi giorni sono invitato nella Diamantina per una festa d’agosto” rispose serafico.

“Posso venire anch’io?” chiese trepidante.

“Se dama Eleonora lo vuole”.

“Ghitta!” urlò mentre lei si materializzava come un fantasma.

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16 risposte a “Capitolo 36”

  1. Giacomo si sta prendendo le sue belle soddisfazioni gongolando e godendo.
    D’altro canto chi di corna ferisce di corna perisce (scusa il mio divagare)
    Complimenti Gian Paolo, come dice Alessanda, davvero un ottimo capitolo
    Ti abbraccio
    Mistral

    1. Fa il paio chi la la fa, l’aspetti.
      Devo ammettere che quando lo scritto mi sono divertito. Ricordo di essere andato a letto ma nelle mente frullava come comporre il capitolo. Il difficile è stato al risveglio annotare quello che avevo immaginato.
      Ricambio
      Gian Paolo

  2. …a quanto pare a quei tempi se la spassavano alla grande e poi senza neanche tanta discrezione! Direi che Isabella si è meritato questo trattamento però pure Giacomo…non è che fosse proprio un santo! Alla fine li metterei sullo stesso livello, ognuno si guarda i fatti propri, credo che il sentimento in questa relazione non ci sia mai stato, sembra più un matrimonio convenzionale, tipo contratto, quindi le scappatelle fanno parte di un tacito accordo. Vedremo come andrà a finire…

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