Alfonso le prese la mano e la riportò sul bancale, sedendosi accanto a lei. Gli occhi brillavano nell’ammirare la grazia e la semplicità di Laura, che indossava un abito leggero da popolana, che metteva in mostra il seno acerbo. Il duca amava circondarsi di cose preziose e belle e la giudicava come tale. Osservandola con cura percepì che l’impressione di molti mesi prima era ben appropriata, perché, se nei panni ruvidi di lavoro aveva mostrato un fascino che contrastava l’algida avvenenza delle dame di corte, adesso con il vestito della festa trasudava di charme che conquistava il cuore.
Lui era un ruvido uomo di arme che apprezzava la bellezza femminile e non solo, perché, sfruttando il potere che deteneva, non mancava di passare da un letto all’altro senza troppe sottigliezze. Non faceva differenza tra una dama di corte e una donna che svolgeva il mestiere più antico del mondo, purché fosse bella e disponibile. Questa superficialità nei rapporti gli stava costando caro vent’anni prima, perché aveva contratto coi fratelli Ferrante e Sigismondo la sifilide. Era riuscito a guarire quasi miracolosamente dalla malattia, che l’aveva portato a un passo dalla morte, mentre il fratello Sigismondo aveva avuto la vita segnata per sempre e ancora adesso stava lottando per sopravvivere.
Con Lucrezia i rapporti non erano più quelli iniziali né i timori, che lei potesse sviarsi o tradirlo, erano più attivi. Era conscio di averla domata con gravidanze a ripetizione, tanto che la salute della Duchessa era diventata cagionevole e fragile come un vetro di Murano. Era riuscito a imbrigliarla e renderla innocua come se avesse stipulato un contratto che valeva in assoluto con lei. Gli serviva come immagine, perché i ferraresi l’adoravano per quello che faceva per loro. La stimava perché gli aveva portato in dote potere e ricchezze, perché aveva assicurato al ducato degli eredi, che avrebbero allontanato le mire papali sui suoi possedimenti. Però tutto finiva lì. Adesso aveva necessità di qualcosa di fresco, di giovane e Laura incarnava queste aspettative.
Ricordava, mentre osservava la donna che stava al suo fianco, che Lucrezia era stata piacevolmente docile e pieghevole ma come le canne di fiume che sotto la sferza del vento si piegavano e non si rompevano, anche quella moglie non desiderata e in un certo senso temuta aveva fatto uso della flessuosa passività femminile, che col tempo l’aveva sconcertato e irritato più di una volta, per difendersi da lui. Gli sembrava sempre più spesso e senza troppe finzioni di fare all’amore con un pupazzo piuttosto che con una donna tanto si dimostrava distante e distaccata.
Non conosceva i motivi ma percepiva che con Laura sarebbe stato totalmente diverso. Dopo due mogli, una Sforza, morta poco dopo il matrimonio, e una Borgia, che era ormai sfiorita, desiderava una donna semplice che potesse amarlo per quello che era e per la sua personalità massiccia e forte, apparentemente ruvida ma che era capace di grandi slanci e generosità verso gli altri. Dunque la vedeva deferente e umile mentre trasmetteva una grande determinazione attraverso quei grandi occhi scuri.
Immaginò che non sarebbe stata una passeggiata, perché già una prima volta gli aveva tenuto testa, guadandolo senza abbassare lo sguardo o timori reverenziali, rispondendo senza esitazioni e con voce ferma alle domande che le aveva posto. Questo gesto di sfida, nemmeno troppo occulto, anziché irritarlo lo aveva attratto. Amava le sfide e la tenzoni ma nessuna donna aveva mai osato sfidarlo prima di lei.
“Eccola qui, dunque” rifletté Alfonso mentre continuava a tenerle la mano. “Potrei prenderla con la forza ma trasmette una calma interiore che mi inibisce. Devo conquistarla e con lei anche il suo rispetto”.
Batté le mani per richiamare l’attenzione del paggio che stazionava fuori dal padiglione.
“Ho fame” disse asciutto.
Giacomo, raggiunto il posto di guardia, vide immediatamente la morella nera che tranquilla brucava l’erba del prato. Un palafreniere la condusse con lentezza verso di lui, che dissimulò con una certa fatica l’ansia e l’inquietudine della prossima cavalcata.
“Ecco la cavalla, Messer Giacomo” esclamò il giovane, indicando la cavalcatura.
Un brivido percorse la schiena dell’uomo, che per distrarre l’attenzione di chi lo circondava osservò la donna al suo fianco come per porgerle le sue scuse.
“Madonna Giulia, mi spiace dover lasciarvi qui sola e senza il pranzo promesso. Mi rincresce ma se ..”.
“Vi prego, Messere. Non preoccupatevi per me. Vi aspetterò fedele e paziente, come una sposa, in quel padiglione. Al vostro ritorno passeremo in trattoria” replicò sorridente e soddisfatta di aver trasmesso l’impressione agli astanti che fosse la legittima moglie. Si dava un contegno e si sforzava di tenere un atteggiamento come se lo fosse.
Giacomo con l’aiuto del palafreniere montò a cavallo col cuore che pompava in maniera esagerata e poi tenendo le redini si mise al piccolo trotto sugli spalti erbosi delle mura cittadine.
Si rallegrò che in effetti era veramente docile e che non poteva sbagliarsi nella direzione. Si domandò come avrebbe dovuto agire, qualora avesse avuto la necessità di farla voltare.
“Devo tirare le redini a destra o sinistra? E per fermarla, quali azioni devo compiere? L’importante in questo momento è non cadere dalla sella. Per il resto ci penserò. Una cosa per volta. Non avrei mai immaginato che sarei dovuto andare a cavallo”.
Dopo un tempo che gli apparve infinito e dopo aver risposto a molti cenni di saluto di persone a lui completamente sconosciute, arrivò in prossimità di un enorme ammasso di terra che si ergeva imponente sull’orizzonte. Era molto più impressionante di quello che ricordava nella sua epoca.
“Ma di quanti metri si innalza dal piano di campagna? Ops! Il metro non è ancora stato inventato. Forse ora si usano i piedi di Ferrara, perché mi pare di ricordare che nell’ingresso sud del Castello ci fossero delle misure e le relative diciture” rifletté nell’osservare quella enorme montagna di terra brulla e scura.
Il cavallo si fermò come se avesse percepito questa istanza dalla mente di Giacomo, mentre lui era concentrato su quella visione tanto diversa dai suoi ricordi. Era piacevolmente soddisfatto per il fatto che era arrivato fin lì senza problemi, quando vide venirgli incontro delle persone che si sbracciavano per richiamare la sua attenzione.
“La pace è finita. A quali altre incombenze dovrò sottostare?” si interrogò ansioso, mentre sbigottito scrutava chi gli stava venendo incontro.
Voci concitate si mescolavano tra loro, mentre lui captava solo frammenti di parole.
“Messer Giacomo, per fortuna .. Ci sono dei problemi .. La porta di Sotto .. Abbiamo trovato .. E’ una Madonna .. Il docile ..” erano i brandelli che giungevano a lui.
Avrebbe voluto scendere di cavallo ma il timore di una figuraccia lo costrinse a rimanere in sella.
“Messeri, parlate uno alla volta. Altrimenti non vi capisco” disse con voce chiara e autorevole, facendo zittire i più esagitati.
Uno, vestito più elegantemente degli altri, si avvicinò al cavallo e gli fece segno di scendere. Un piccolo flash gli sovvenne, ricordando in qualche film western come il protagonista con agilità balzava dalla sella e con un piccolo salto Giacomo si calò dalla cavalcatura che rimase docile e tranquilla a brucare l’erba dello spiazzo.
“Dunque ditemi. Quale problema vi affligge da richiedere il mio intervento?”
“Messere, come sapete il nostro eccellentissimo Duca ha costretto i contadini del contado che si estende fuori delle mura fino a Ponte Gradella e verso San Martino di venire coi loro carri per portare la terra estratta dal fossato per creare la grande montagna che sta di fronte a voi. Ora si dà il caso che abbiano deciso di tornare sulle loro terre, perché non sono stati saldati i fiorini promessi” disse tutto d’un fiato.
“Per quale motivo sono stati negati i fiorini promessi?” domandò con cipiglio autoritario Giacomo.
“Sono finiti i soldi” ammise l’uomo, abbassando il tono della voce.
“E io che dovrei fare? Mettere mano alla borsa per pagarli?”
“Beh! sarebbe la soluzione ottimale ma dubito che si possa attuare. Voi dovreste parlare con loro e promettere che ..”
“Promettere cosa?”
“Promettere che presto saranno saldate tutte le spettanze”. E aggiunse di non preoccuparsi per la cavalla.
Aggrottò le sopracciglia e osservò l’assembramento di persone che stavano di fronte a lui a una decina di passi. Rifletté che una promessa non sarebbe costata nulla, memore dei suoi tempi. Erano solo qualche parole rassicuranti, ma che poi il mantenimento sarebbe stato problematico, perché, se erano finiti gli scudi, difficilmente sarebbero comparsi all’improvviso.
“Una bella gatta da pelare” si disse in silenzio. “Prima il Duca mi ordina un sopralluogo ben sapendo che mi sarebbe stato negato in virtù degli ordini impartiti alle sue guardie. Ora sono alle prese con degli scioperanti che reclamano il dovuto, e non hanno delle facce rassicuranti. Era molto meglio la mia epoca. Si scioperava e basta. In questa si rischia la vita”.
Trasse un profondo sospiro prima di arringare quel piccolo assembramento riottoso e poco incline ad ascoltare delle vuote parole.
“Messeri” cominciò. “Messeri tornate alle vostre occupazioni. Non posso saldare le vostre spettanze, perché nessuno mi aveva informato di questo. Ma al mio rientro ne parlerò con nostro eccellentissimo Duca delle vostre giuste lagnanze ..”.
Un mormorio preoccupante iniziò a salire da un gruppetto che stava in disparte, quasi staccato dal resto. Giacomo inghiottì la saliva e fissò quello che pareva il capopopolo con uno sguardo che non prometteva nulla di buono. Doveva mantenere un certo contegno se voleva tornare da Dama Giulia in buona salute.
“Non ho la bacchetta magica per fare i miracoli, né ho la zecca dietro la schiena per coniare le lire marchesane. Se volete andare, andate pure. Sapremo rimpiazzarvi con altri lavoranti meno rumorosi di voi. E ..”.
“E i nostri soldi?” replicò un omaccione poco rassicurante.
“Passate nei prossimi giorni. Con me non ho una lira ..” e si interruppe, prima di dire una corbelleria. Ma si riprese in fretta. “Non posso dare quello che non ho. Dunque chi non vuole proseguire il lavoro se ne può andare. Gli altri riprendano lo scavo. Deve essere finito in fretta. Non oltre la fine dell’estate”.
Il silenzio calò sullo spiazzo erboso, mentre qualcuno si staccò e si allontanò. Giacomo chiamò verso di sé chi lo aveva accolto e sottovoce gli disse di prendere nota di coloro che non proseguivano i lavori.
“Saranno liquidati dopo tutti gli altri” e andò verso la morella nera, fingendo disinteresse e sufficienza verso di loro, mentre dentro tremava dalla paura.
Salendo a fatica, disse alla cavalla: “Ora portami docile da Dama Giulia che mi sta aspettando”.
Si avviò per ritornare alla Porta degli Angeli, dove era partito.
Purtroppo ultimamente fatico molto a leggere lunghi scritti al computer (devo andare dall’oculista…), per cui ti seguo solo negli scritti brevi, come le poesie ad es. Buon fine settimana
Il tuo passaggio è sempre gradito. Non sempre si può leggere e commentare.
Un grande abbraccio
Gian Paolo
Sereno wee-kend !..
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Deliziosa e eccitante domenica.
Grazie per l’immagine sempre accattivante.
Finalmente inizia la storia tra Laura e il duca (si spera). Non penso proprio che il duca possa giocar
con Laura come il gatto col topolino. Per gli uomini di potere e carisma, come il duca, non è sempre
“festa”, arriva prima o poi chi farà loro abbassar la cresta. Laura ha tutto per riuscirci.
L’ avventura di Giacomo, in questo frangente, mi ha un po’ lasciata apatica, spero vivamente che
si farà valere.
Comunque, dirigi i tuoi attori, come un grande regista che aspetta solo la notte delle stelle per ricevere il meritato premio
Buon weekend
Baci
Mistral
Che bella analisi hai eseguito! La storia di Laura e del Duca comincia. Come andrà a finire è presto dirlo.
Giacomo ha mille risorse. Spero di stupirti ancora.
Buona domenica.
Un abbraccio
Gian Paolo
Un episodio, diviso in due parti, molto molto bello. Ciò che cattura la mia attenzione è principalmente l’attenzione per i dettagli – oltre, naturalmente, alla storia stessa.
Riuscitissimo il finale del capitolo, ironicamente attuale.
Un caro abbraccio.
Cerco di curare i dettagli nella speranza di non strafare. Il finale ironicamente attuale? Aggiunta dell’ultimo minuto durante la rilettura prima della pubblicazione.
Un grande abbraccio.
Bravissimo!!! BUONA DOMENICA G.Paolo 🙂 ABBRACCIO!
Buona domenica anche ate, Simona. Grazie per il passaggio
Un abbraccio
Gian Paolo
Buongiorno Gian Paolo,mi sono persa un pò di episodi,
spero di riuscire a leggerli tutti…ti auguro di passare
una serena domenica,un caro abbraccio
Trisch
Certo avrai un po’ di arretrati per la lunga asenza. Nono i miei ma anche dei tuoi numerosi amici.
Un abbraccio
Gian Paolo
Riprendo ora le fila del racconto, che mantiene alta la tensione e l’interesse. Sopreattutto riguardo il profilo psicologico dei personaggi. Così ben caratterizzati e connotati nel tempo, che mi pare di leggere una cronaca d’attualità, più che una storia d’altri tempi.
Il Duca mi pare più malleabile e sotto quella scorza ruvida nasconde un animo sorprendente.
Laura non parrebbe una fanciulla abbagliata dalla mondanità, piuttosto curiosa e timorosa di quanto le ta capitando.
Riguardo il nostro caro Giacomo, per ora riesce a mantenersi in sella, anche del cavallo, ma credo che i colpi di scena per lui non sono ancora finiti.
Le due storie avanzano in parallelo. Leggo con piacere le tue parole.
Grazie
Io leggo con altrettanto piacere ciò che scrivi
Ci facciamo i complimenti a vicenda.
Massìììì Facciamoceli.
Oggi é Ferragosto, non c’é in giro nessuno … e poi é bello farne e ricevere, migliora la giornata e l’umore.
🙂
Beh, ci siamo noi a movimentare questo ferragosto veramente bollente.
🙂
Grazie 🙂