Capitolo 18

La vigorosa nevicata di gennaio, l’interminabile gelo di febbraio erano ormai un pallido ricordo e avrebbero costituito l’argomento dei racconti dei vecchi nelle lunghe veglie serali dei prossimi inverni attorno al camino, quando racconteranno come i canali fossero gelati e il Po ricoperto da una lucida lastra di ghiaccio immersi in uno spettrale sfondo innevato. Era stato un carnevale in tono minore, quello terminato il 24 febbraio, perché neve e freddo avevano paralizzato la città, impedendo le consuete manifestazioni di gioia chiassosa nelle vie cittadine. I predicatori in chiesa dicevano che era il castigo divino per i costumi lascivi e disordinati dei suoi abitanti. Una visione dell’aspetto meteorologico differente e divergente tra chi predicava e chi subiva le intemperie di febbraio.

Una bizzarra e capricciosa primavera era subentrata al rigido inverno con un’alternanza di splendide giornate di sole e di corrucciati giorni di pioggia. La natura sembrava apprezzare questa variabilità, trasformando il paesaggio in un tripudio di verde e di colori.

Arrivò un maggio, che fu particolarmente tiepido, tanto che la duchessa Lucrezia si preparò per il consueto trasferimento nella delizia del Belriguardo. Il Duca aveva dato il via libera e il clima era diventato più stabile verso il bello. Tutto congiurava favorevolmente per l’inizio delle vacanze estive, che sarebbero terminate a settembre inoltrato o in ottobre, se il tempo si manteneva temperato e sereno.

Lucrezia con la sua piccola corte di donne, Laura Rolla, Angela Valla, la contessa Strozzi e coi musici e le danzatrici, che avevano allietato le lunghe serate invernali, traslocò in campagna sul barcone fluviale trainato dai cavalli. Era un trasferimento lieto e scanzonato, che durava qualche giorno con soste programmate e altre improvvisate, attraverso la campagna ferrarese. Era un momento festoso e molto atteso dalla Duchessa, che poteva lasciare l’appartamento ducale freddo e noioso per un mondo agreste e rilassante. Era corroborante per la sua salute che peggiorava anno dopo anno.

Nelle stanze del Castello Alfonso riprendeva le abituali attività di governo e gli incontri galanti. Si sentiva libero mentalmente con la partenza di Lucrezia, anche se nessuno poteva imporgli qualsiasi impegno o restrizione. Lui spaziava tra la delizia di Belfiore e quella del Verginese, sfogava la voglia di menare le mani nel boscone della Mesola, andando a caccia di cervi e cinghiali. Però erano gli incontri amorosi che erano al centro dei suoi interessi, quando le guerre non lo catturavano.

Di Laura si era scordato il viso e l’aspetto, inghiottiti dalla coltre nevosa, finché un giorno il segretario non gli ricordò quel lontano impegno.

Adesso aveva altre priorità ma presto ci avrebbe fatto un pensiero.

Giacomo fece ritorno a casa al termine della nevicata non senza qualche difficoltà. Lo aspettavano i rimproveri della moglie e le attenzioni di Ghitta.

“Madonna Isabella” disse presentandosi sull’ora centrale nelle stanze della moglie al suo rientro. “Siete troppo severa nei giudizi. Se avessi potuto, sarei rientrato quella notte stessa. Ma ..”

“Niente scuse” sentenziò acida. “Siete rimasto fuori da questa casa per quasi due settimane, lasciando a me tutti gli oneri di gestirla per assicurare che ogni cosa funzionasse a dovere”.

“Mi sembrate ingenerosa nei miei confronti. Non mi pare che la gestione della casa ricadesse sulle mie spalle”. E azzardò un pensiero su chi governava, anche se ignorava se fosse vero oppure no. “Credo che voi, madonna Isabella, abbiate sempre diretto con mano ferma sia servitori che serve. Avesse scelto i camarieri personali di ognuno di noi. Io mi sono ritrovato Ghitta senza nessuno mi abbia chiesto nulla”. Mentì spudoratamente, perché quella servetta gli garbava e come.

La donna rimase in silenzio, come se Giacomo avesse colto nel segno. Forte di questo successo si accomiatò da lei.

“E ora, col vostro permesso, mi ritiro nelle mie stanze. Sento la necessità di un bagno ristoratore” e si avviò verso la porta.

“Messer Giacomo. Noi abbiamo già pranzato. Mandate Ghitta nelle cucine a vedere se è avanzato qualcosa. Stasera si cena al tocco del vespro”.

L’uomo annuì, accennando un «va bene, manderò Ghitta. Ma non ho molta fame», mentre usciva velocemente dalla stanza.

Aperto l’uscio delle sue camere, trovò Ghitta che lo aspettava sorridente.

“Messer Giacomo! Ben tornato!” e l’abbracciò con molto calore. “Abbiamo sentito la vostra mancanza in questi giorni ..”

“Chi noi?” domandò stupito e un po’ ironico.

“Volevo dire solo io, che non vi ho potuto curare e servire in ogni dettaglio” rispose senza batter ciglio, mentre l’aiutava a togliersi gli indumenti infangati e bagnati.

“Avete necessità di un bagno caldo e di vestiti puliti. Chi vi ha ospitato non vi ha curato come si deve”.

L’uomo sorrise e la lasciò fare. Non c’era confronto con la moglie, fredda, boriosa e ispida come un riccio. Ripensò alle nottate con Giulia e con Ginevra e sospirò, perché era stata una parentesi piacevole e gradevole.

“Messer Giacomo” riprese Ghitta. “Vi sento sospirare come se rimpiangeste qualcosa o qualcuna. Ora siete di nuovo a casa e non dovrete rammaricarvi di quello che avete lasciato”.

“Siete gentile nei pensieri, Ghitta. Ma ora desidero un bagno caldo e poi riposarmi un po’”.

E così fu, anche se il riposo non arrivò subito.

Laura lentamente aveva ripreso le sue consuete attività, quando finalmente aveva potuto mettere il naso fuori della bottega. La strada era un immenso scivolo ghiacciato, percorribile solo a piedi e con cautela.

La visita del Duca era un lontano ricordo dimenticato e impolverato, mentre i vecchi e nuovi spasimanti tornavano alla carica.

Era una ragazza formosa e piena di fascino, che appariva agli occhi di tutti come una torre d’avorio inespugnabile. L’assedio continuava anche se era meno assillante per via delle condizioni climatiche che ostacolavano i movimenti delle persone e delle cose.

La ragazza era serena come la primavera che avanzava a grandi passi. La madre mugugnava non poco, perché passavano i giorni senza che la figlia decidesse di scegliere il partito da sposare.

“Madonna Paola” le diceva il marito. “Se vogliamo maritare nostra figlia dobbiamo sborsare molti scudi d’oro come dote. E non li abbiamo”.

“Messer Francesco, cosa dite! Ci sono facoltosi commercianti che sarebbero disposti a pagare loro molti fiorini pur di avere in sposa la nostra Eustochia! Volete che rimanga zitella tutta la vita? Allora sarebbe meglio che entri in un convento come Lucrezia, sua sorella”.

Il padre scuoteva la testa perché non era d’accordo.

“Nostra figlia è un prezioso aiuto in bottega. E poi la vorrei pensare maritata con qualcuno di suo gradimento e non col primo vecchio bavoso, pieno di lire marchesane”.

“Se è vecchio, tanto meglio. Così diventa vedova ancora giovane e piacente, ereditando il patrimonio del defunto marito” replicò seria la madre.

“Madonna Paola, mi sembrate molto venale! Per fortuna col mio lavoro sono in grado di mantenervi decorosamente”.

“Avete ragione, messer Francesco. Ma Laura rischia di rimanere zitella”.

Erano intenti in questa discussione, che ormai dominava i loro dialoghi, quando entrò un paggio del Duca.

“Messere, è questa la casa di dama Laura?” chiese risoluto, mentre osservava le due persone che stavano in quel momento nella bottega.

“Sì” rispose pronta Paola.

“Ho un messaggio per lei. Domani al tocco passerà la carrozza del conte Bernardino de’ Prosperi per condurla alla delizia di Belfiore”.

“Il segretario del Duca?” domandò stupito Francesco.

“Sì” e consegnò una pergamena sigillata col timbro del conte prima di andarsene.

“E Laura dov’è andata?” chiese la madre e cominciò la ricerca.

Era il 23 di aprile, il giorno di San Giorgio, patrono della città.

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31 risposte a “Capitolo 18”

  1. Ciao Gian Paolo, finalmente il crudo inverno è passato, così da poter ammirare i tuoi
    deliziosi personaggi affaccendati in altre avventure. Abilmente sai alternare “momenti” tra un protagonista e l ‘altro lasciandoci un po’ con “l’acquolina in bocca”. Attendo con interesse gli sviluppi della giovane Laura fatta chiamare dal duca
    Ti seguo, ti leggo e mi garba il tutto
    Buona domenica
    Baci baci
    Mistral

  2. Ps: scusa se non ti ho chiesto come stai, considerato che vivi nella terra offesa dal terremoto
    Spero che da te, (con tutto il rispetto per gli altri) non ci siano stati danni, ma soprattutto vite perdute
    per sempre
    Ti abbraccio
    Mistral

    1. Abito a Ferrara e ho percepito nettamente tutte le scosse a partire da quella del 20 maggio che mi ha buttato giù dal letto.
      Per fortuna nessun danno per me e la mia famiglia. Abito appena fuori il centro storico con grandi spazi intorno e qui non ci sono stati danni come nel centro. Però a pochi km danni e vittime.
      Adesso stiamo vivendo un incubo con l’annuncio choc di ieri.
      Ti ringrazio per la vicinanza
      Un grande abbraccio

    1. Come ho risposto a Mistral, abito a Ferrara e per fortuna finora è andato tutto bene. Però il comunicato di ieri ci sta preoccupando molto ed è un eufemismo.
      Un abbraccio

  3. Carissimo Bear, mi dispiace moltissimo per le conseguenze del terremoto e per lo stato di continua tensione, apprensione e dolore che coinvolge tutti gli abitanti di quelle zone (tranne gli sciacalli a quanto pare…)
    Il capitolo è ottimo, ben dosato tra dialoghi e descrizioni e con la giusta carica emotiva…
    un abbraccio

    1. Grazie Maria per le parole di sostegno. Purtroppo anche le due forti scosse hanno messo spavento, è l’incertezza, alimentata da un comunicato pilatesco, che crea i problemi maggiori. E’ difficile vivere il quotidiano sapendo che si può scatenare la natura come un mostro impazzito.
      Mi fanno altresì piacere le tue parole sul capitolo.
      Un grande abbraccio

  4. Ferrara è una città meravigliosa e che per me ha rappresentato un momento fondamentale riguardo la vita di mio figlio. C’è una magia che vi si diffonde come un profumo lì, tra i tanti angoli verdi e i raggi delle biciclette che filano silenziose per le vie. Spero che la situazione piano piano si normalizzi, pure se il dolore per chi ha perso la vita e tutto quello che aveva costruito in una vita intera è pesantissimo. Quanto ai tuo ibrani sono veramente godibili. Come posso vengo a leggerli con piacere.
    Un caro saluto e, se mi permetti, un abbraccio a te e tutti coloro che ti sono cari.

  5. Del proseguo di questo racconto, non posso che tesserne ancora le lodi.
    Il dialogo pregevole tra un Giacomo, non più spaesato come un tempo e prudente anche nelle risposte ad una moglie, che non raccoglie i miei favori. Contrapposta poi alla freschezza della giovane domestica, ne patisce tutti gli inevitabili confronti.
    Tutto ciò fa emergere le dinamiche di quella coppia. Coppia per caso, mi verebbe da dire.
    Lo sviluppo della vicenda tra il Conte e Laura doveva esplodere. Un dazio primaverile da pagarsi.
    Un forte abbraccio, seppur virtuale, é ciò che ti posso donare in momenti come questi.

    1. I tuoi commenti, le tue osservazioni sono sempre acute e dimostrano con quanto interesse stai seguendo questo mio lavoro. Questo mi stimola nel cercare di migliorare la storia.
      Ricambio l’abbraccio virtuale

    2. I tuoi commenti, le tue osservazioni sono sempre acute e dimostrano con quanto interesse stai seguendo questo mio lavoro. Questo mi stimola nel cercare di migliorare la storia.
      Ricambio l’abbraccio virtuale
      PS la moglie non l’ho dipinta bene ma nella storia ci stava tutta.

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