Amanda rimase in silenzio e concentrata nella guida finché non fu in prossimità di Cortina.
Qui riacquistò l’uso della parola.
“Facciamo una piccola deviazione. Passo a salutare una famiglia che mi ha trattata come una figlia. E’ da tanto che penso di ..”. Però fu subito stoppata dalla compagna che la interruppe quasi subito.
“Nessuna deviazione. Per i saluti ci penserai nei prossimi giorni”.
Lei s’incupì e si domandò perché non poteva mai fare quello che vo-leva. Era suo desiderio tornare a casa, a Bolzano ma aveva dovuto prendere una direzione diversa, del tutto sgradita. Adesso voleva salu-tare la famiglia Degasper, che l’aveva accolta come una figlia ma non lo poteva fare per qualche misterioso motivo a lei del tutto sconosciu-to e incomprensibile. Percepiva angoscia e paura, una sensazione che non l’aveva abbandonata per tutto il viaggio. Questo senso di timore era cresciuto da quando aveva saputo di essere braccata come una preda. Insomma tutta la serenità e sicurezza, che aveva provato fino al suo arrivo a Verona, era svanito come tante bolle di sapone.
“Cosa c’è ancora?” chiese angosciata la ragazza.
“Ti devo portare sana e salva all’interno del bosco degli elfi, dove sta-rai al sicuro, protetta dagli alberi e da Pietro”.
Amanda rimase stupita perché conosceva il nome di suo padre. Lei non lo aveva mai rivelato, citandolo genericamente. Inoltre si chiede-va quali poteri o capacità aveva per essere in grado di proteggerla da persone maligne e pericolose. Per lei era un uomo semplice e senza particolari doti magiche.
“Cosa possiede per essere in grado di battere delle forze oscure e po-tenti” si domandava con un pizzico di curiosità.
“E’ un uomo dalle mille risorse inaspettate e poi è tuo padre. Lui è sempre in grado di trovare la strada maestra che conduce verso ap-prodi sicuri” replicò con pacatezza l’altra Amanda.
Però c’erano troppo aspetti oscuri, non chiariti e molte zone d’ombra.
“Se loro hanno in mano ..” e si fermò in attesa di completare la frase col nome della ragazza che era stata rapita al suo posto.
“Alessandra” venne in soccorso la compagna.
“Sì, Alessandra. Se loro hanno Alessandra, che rischi corro? Di sicuro non mi stanno cercando ..”
“Non essere così sicura. Le sensazioni sono negative. Qualcosa del quadro è cambiato da qualche minuto. Percepisco che loro ti stanno cercando. Dunque affrettiamoci a raggiungere quel porto sicuro che è il bosco degli elfi” concluse scuotendo il capo.
Amanda si domandò quanto distava ancora dalla meta. Non aveva un’idea della distanza.
“E se faccio uso della possibilità di ..”.
“Niente magie. Loro sono all’imbocco del sentiero che conduce alla baita. Ti intercetterebbero subito. E per te sarebbe la fine” sentenziò l’altra Amanda con un tono che metteva paura.
“Se sono lì ad aspettarmi, come pensi che facciamo per riparare al si-curo nel bosco?”
L’altra Amanda rimase in silenzio senza rispondere all’ultima doman-da.
Il sole ormai era nascosto dalle cime più alte che facevano da corona alla vallata, mentre il buio si espandeva rapidamente.
Entrati in San Vito, l’altra Amanda disse all’improvviso vedendo l’insegna luminosa della «Primula rossa»: “Fermiamoci qui. E‘ più prudente”.
Amanda accostò entrando nel parcheggio. Dopo qualche istante en-trarono nel locale, che era semivuoto. Evidentemente era il tempo della cena. I turisti se ne erano andati da settimane, così rimanevano solo i paesani a riempire il locale. Però loro preferivano cenare nelle proprie abitazioni.
“Vuole mangiare qualcosa?” chiese premurosa una graziosa cameriera nell’elegante divisa nera e bianca accogliendole sulla porta.
“Cosa ci può servire?” rispose Amanda con malcelata sorpresa. La ra-gazza parlava come se lei fosse sola, mentre in realtà accanto c’era an-che la sua omonima.
“Come può non notarla?” si domandò frastornata. Sembrava che tut-to congiurasse contro di lei. La compagna taceva senza darle un aiuto a comprendere la situazione.
“Canederli in brodo, appena preparati. Stinco di maiale o costiccine con patate al forno o crauti dolci. Strudel di mele che sta cuocendosi nel forno”.
“Va bene tutto. Ho particolarmente fame stasera” rispose, mentre si avviarono verso un tavolo d’angolo discreto e fuori dalla portata degli altri commensali. Avrebbe voluto aggiungere qualche altro particolare relativo al pranzo saltato ma ritenne opportuno tacere.
Il suo stupore accrebbe quando vide apparecchiare il tavolo per due e portare doppie razioni. La cameriera parlava al singolare ma agiva al plurale. Doveva non mostrare troppo apertamente l’assurdità delle a-zioni e delle parole. Quasi istantaneamente l’altra Amanda riacquistò l’uso della parola.
“Non ti preoccupare. Tu mi vedi, ma loro no” aggiunse tranquilla.
Le spiegò con pazienza che lei aveva la capacità, senza destare sospet-ti, di far sistemare il tavolo per un numero di persone superiore a quante apparivano nella realtà. Riconobbe che, quanto le stava dicen-do, corrispondeva a verità ma era un’idea alla quale faceva fatica ad adattarsi.
Mangiarono con abbondanza e appetito tutte le portate, che erano davvero ottime, perché si era risvegliata la fame dopo il forzato digiu-no di mezzogiorno.
“Per quanto tempo dovremo stare rinchiusi qui?” chiese con impa-zienza, adesso che era in attesa del solo strudel. Facevano capolino curiosità e paure che fino a quel momento erano state relegate in fon-do alla mente.
“Non lo so. Ma presto avremo notizie. Ora finiamo di gustarci la cena che è stata particolarmente gustosa”. E cominciò a mangiare lo strudel che fumava ancora.
Pietro iniziò a scendere con cautela perché i gradini di legno ripidi e sconnessi erano resi scivolosi dall’umidità della sera incombente. Ogni passo era uno scricchiolio che gli pareva un boato che squarciasse il silenzio della notte. La discesa gli apparve interminabile. Aveva perso il senso del tempo. Raggiunta la spianata ancora parzialmente rischia-rata dai fuochi, si adagiò madido di sudore, che gelava in fretta, vicino a un masso non distante dalla scala. Gli parve immediatamente una buona sistemazione perché permetteva una visione quasi completa dell’area e allo stesso tempo poteva tenerla d’occhio.
Non aveva in mente nessun piano. Per il momento c’era il vuoto asso-luto. Si concentrò su quello che vedeva. Forse gli avrebbe suggerito qualcosa. Si rilassò per superare lo stress della discesa.
Alcune figure si aggiravano in silenzio alimentando i falò e sistemando uno scranno di legno posto quasi centralmente non molto distante dal suo punto di osservazione. Non riusciva a distinguerle nettamente a causa del fumo dei fuochi e della scarsa luce che penetrava dall’alto.
Si domandò dove fosse Alessandra o dove l’avrebbero messa. Però chiuse immediatamente la mente. Non poteva correre dei rischi di es-sere intercettato prima ancora di aver elaborato un qualsiasi progetto. Quindi si limitò a osservare senza sviluppare particolari pensieri.
L’area cominciava a popolarsi di figure inquietanti che si aggiravano sicure tra i bracieri che ardevano. Ancora una volta scacciò dalla testa quello a cui pensava. Si concentrò su se stesso, estraniandosi da quello che vedeva. Il piano cominciò a materializzarsi a poco a poco come per magia, assumendo contorni per il momento incerti e sfumati.
“Devo lasciare correre gli eventi e devo afferrare le opportunità senza elaborare schemi troppo complicati. Le cose semplici sono quelle che portano alla vittoria”. Adesso era più rilassato mentre osservava con curiosa attenzione a tutti i movimenti attorno a lui.
Alessandra sarebbe stata sistemata molto vicina. «Perfetto» pensò, perché gli semplificava ulteriormente quanto aveva in mente. L’aveva dedotto dalla posizione del trono centrale e da alcuni paletti piantati nel terreno. Era stato aiutato dalla fortuna e ricordò il secondo segnale delle rune che annunciava un colpo di fortuna. «Che fosse questo?»
Se tutto procedeva nella direzione che aveva immaginato, le avrebbe allungato un biglietto dove c’erano scritte le istruzioni.
“Poi il resto sarà affrontato seguendo l’ispirazione del momento” si disse sorridendo, mentre scriveva su un foglietto cosa Alessandra do-veva fare.
Era stata una buona idea quella di stare vicino alla scala di risalita. Sa-rebbe stata la loro salvezza, almeno questo era quello che fantasticava e sperava.
La spianata in breve fu riempita di fumo e di rumori, esattamente co-me aveva ascoltato durante la narrazione di qualche ora prima da An-gelica. Se Pietro non fosse stato preparato, sarebbe fuggito inorridito. Però rimase calmo, perché era sicuro che la ragazza sarebbe stata si-stemata proprio dinnanzi a lui. Da cosa discendesse questa certezza non lo sapeva con esattezza ma percepiva che sarebbe andata così.
Il frastuono crebbe come il fumo e i bagliori. Il solito diavolo col pie-de caprino si sedette sul trono acclamato dagli astanti. Mancava solo Alessandra. Si domandò se avesse cantato vittoria troppo presto. Non poteva permettersi il lusso di andarla a cercare. Troppi rischi e troppe complicazioni.
L’ennesimo rullo di tamburi e il clangore di catene trascinate fatico-samente annunciava che qualcosa di importante sarebbe avvenuto tra non molto.
Pietro percepì chiaramente un bussare insistente nella mente e con altrettanta fermezza rimase chiuso a questi richiami. Questo mezzo di comunicazione era bandito e si doveva ricorrere a mezzi più tradizio-nali oppure a niente.
«Amanda» gli parve di udire e a seguire una lunga lista di nomi scono-sciuti. Sobbalzò sentendo quel nome ma poi capì che loro erano an-cora convinti di avere il pugno sua figlia.
“Non sono Amanda” ribadì con forza una voce femminile posta al centro della spianata.
Però il diavolo si burlò delle proteste della ragazza e aggiunse che sta-sera avrebbero celebrato le nozze così che il bosco degli elfi sarebbe caduto in loro mano senza troppe difficoltà.
A Pietro vennero i sudori freddi, perché aveva compreso i rischi che stavano correndo. Si avvicinò alla ragazza, le toccò una spalla protetto dal fumo e dal fatto che tutta l’attenzione delle streghe era concentrata su cosa sarebbe avvenuto tra non molto.
Il tumulto crebbe a dismisura, frastornando ulteriormente l’uomo, che allungò il foglietto tra le scapole di Alessandra che fece l’atto di girarsi. Poi desistette dal proposito e continuò a fissare innanzi a sé. Aveva compreso che poteva essere la sua salvezza.
Pietro percepì il suo vigoroso bussare ma lo ignorò volutamente come se non sapesse parlare attraverso la mente.
Se il motivo del rapimento era quello di entrare in possesso del bosco magico, allora doveva far prendere in considerazione la sua volontà come padre della sposa.
“Come intervenire? Ora o più tardi?”.
Però prima doveva mettere in salvo Alessandra. Se avesse seguito a puntino le istruzioni, il piano avrebbe avuto buone probabilità di riu-scita. Però in agguato c’erano sempre gli imprevisti che sarebbero stati difficili da pianificare.
Osservò la ragazza che arretrava sicura volgendo sempre il viso verso il consesso diabolico, finché non si fermò sentendo il contatto di Pie-tro. A pochi passi, protetto dal fumo e dal buio c’era la scala. Alessan-dra doveva avvicinarsi pronta a salire, mentre lui avrebbe distratto il diavolo e le streghe. Poi avrebbe pensato a sé, quando la ragazza sa-rebbe arrivata in cima. Di questo si sarebbe preoccupato più tardi. Adesso era prioritaria la liberazione della ragazza.
Un leggero tocco avvertì la donna che era giunto il momento di av-venturarsi verso la salvezza con le proprie forze.
“Ascolto” cominciò avanzando verso il trono distraendo tutti dalla figura di Alessandra che si avviava verso la cima, affrontando i primi gradini.
“Chi osa interrompere questa cerimonia?” chiese arrabbiato e fumante il diavolo, osservandolo pronto a incenerirlo.
“Io”.
“Chi sei per permetterti questo?”. E gettò una saetta infuocata verso Pietro, che non sussultò minimamente, mentre procedeva di alcuni passi in avanti ancora.
“Sono il padre della futura sposa”.
Un boato di voci generato dal mormorio delle streghe riempì la cavità, mentre tutte concentrarono i loro sguardi su quell’uomo che osava sfidarle.
“E cosa avresti da dire, ammesso che tu lo sia veramente” lo incalzò furente di rabbia per l’intrusione non preventivata di un forestiero nel loro consesso.
Alessandra nel mentre procedeva spedita nella risalita, quando arrivata a metà udì un urlo «La sposa sta fuggendo!». Freneticamente cercò di salire ancora più in fretta, lasciando a parte tutte le cautele.
Una saetta rossa la sfiorò bruciando alcuni gradini tanto che rischiò di precipitare verso il basso. Con la forza della disperazione si issò su quelli rimasti intatti e riprese la scalata. La salita sembrava interminabi-le, non finire mai. Una strega si levò in volo per raggiungerla, quando Alice si calò verso Alessandra per aiutarla.
Le compagne si chiesero cosa potesse fare per soccorrere la fuggiasca e temettero di perderne due anziché una.
Pietro doveva distrarre ulteriormente il consesso per coprire la fuga della ragazza. Rapidamente formulò un piano alternativo. Avanzò ve-locemente verso un falò, raccolse un tizzone ardente e lo getto sul trono. Questa mossa improvvisa e del tutto inaspettata per la sua au-dacia fece generare un coro di «oh!» da parte delle streghe e un urlo di rabbia del diavolo che si alzò per evitare di essere colpito.
La strega in volo si distrasse per osservare la scena, dando modo a A-lice di raggiungere Alessandra per aiutarla a issarli oltre il parapetto di protezione. Quando si girò per gettarsi sulla preda, questa le era sfug-gita. Fuori dalla Voragine rischiava troppo e i suoi poteri erano limita-ti. Schiumante di rabbia tornò nella spianata.
“Amanda c’è sfuggita!”.
Pietro, conoscendo l’esito della fuga, poteva pensare a se stesso. La situazione era critica. Non sarebbe stato facile sfuggire all’ira del dia-volo.
Arianna e Angelica premevano per chiudere il buco, ma Alice era ri-luttante. Otturandolo, avrebbero imprigionato anche lui e forse sa-rebbe rimasto per sempre nel Tanzerloch.
“Forza. Chiudiamo la voragine, prima che possano organizzarsi” urlo Angelica mentre calava il tappo.
Pietro afferrato un altro tizzone lo teneva pericolosamente vicino al trono di legno che da un momento all’altro rischiava di divampare in-sieme all’occupante.
“State lontano o ..” urlò fermando l’avanzata delle streghe.
Quando un boato sovrastò ogni altro rumore, tutto divenne buio e i fuochi si spensero.
Si vedevano solo occhi simili a braci che ardevano di rabbia.
Pietro, superato il primo momento di panico, si diresse verso la scala evitando ostacoli e persone e cominciò a salire.
Finiamo il 2011 ed iniziamo il 2012 in allegria!!!
per te con amicizia e simpatia:
clicca e ascolta!
Grazie, Fiore! Simpatico e delizioso quel tigrotto che mi augura per conto tuo gli auguri dell’anno nuovo.
Ricambio gli stessi con ugual amicizia e simpatia.
Un abbraccio
Bello! Bello! Bello!
Il miglior capitolo della serie, secondo me.
Buon anno!
Grazie Alessandra!
Rinnovo Buon Anno e arrivederci nel 2012.
Sempre più avvincente il tuo racconto! A parte la trama ben congegnata e la narrazione fluida e incalzante, mi è piaciuto particolarmente questo passaggio: “E’ un uomo dalle mille risorse inaspettate e poi è tuo padre. Lui è sempre in grado di trovare la strada maestra che conduce verso approdi sicuri”
Cari auguri per un prospero 2012, Annita
SI legge con impazienza di conoscere gli sviluppi, cercherò di aggiornarmi leggendedo i precedenti. Grazie e che il 2012 ti sia propizio.
Paola
Una narrazione bellissima e incalzante, carica di ritmo e di colpi di scena, un post completo che fa battere il cuore. Bravo!
Cosa dire? Grazie.
Un grande abbraccio