La notte di Halloween 1910

Come nelle migliori tradizioni di Halloween anche quella sera non era dissimile da molte altre degli anni precedenti: buio, ombre come spiriti erranti avvolti nella foschia densa quasi compatta, silenzio rotto dal suono di una sirena in lontananza. La tipica notte dei fantasmi e delle anime inquiete.
La giornata era stata serena e soleggiata, come poteva esserlo una di fine ottobre, con piccole nuvole bianche che correvano nel cielo sospinte dal vento freddo dell’Atlantico. Non era stato possibile assistere al tramonto del sole, perché, quando era ormai basso sull’orizzonte e le prime ombre cominciavano ad allungarsi su Holland Island, dalle acque grigie striate di rosso era cominciata a salire una leggera bruma che rapidamente era diventata nebbia fitta.
In un baleno ogni forma di vita era stata inghiottita dalla caligine opalescente che rendeva surreale il paesaggio all’osservatore che camminava per le strade. I rari lampioni a olio erano stati accesi dagli addetti nel tentativo vano di dare chiarore ai pochi viandanti sorpresi dal rapido calare della nebbia. Però apparivano più come ombre spettrali che ricettacoli di luce e comparivano all’improvviso quando si era in prossimità per poi sparire un istante dopo.
Tutto era in sintonia per questa festa, antica nelle isole britanniche ma relativamente nuova per l’America.
Le origini risalivano all'epoca in cui le isole al di là della Manica erano dominate dalla cultura celtica, prima che cadessero sotto il dominio di Roma. L'anno nuovo, allora, cominciava con il 1° novembre, quando i lavori nei campi erano completamente conclusi, il raccolto era al sicuro, e i contadini potevano finalmente rilassarsi e godersi i doni che gli dei avevano loro concesso. In tale data tutte le divinità pagane venivano ricordate ed evocate a titolo di ringraziamento e auspicio per l'anno entrante; le porte delle dimensioni ultraterrene erano considerate aperte, per quella notte, e tutti gli spiriti erano liberi di vagare sulla terra e di divertirsi insieme agli uomini. Poi la cultura cristiana associò questa giornata per ricordare tutti i santi presenti nel loro calendario, mentre per una curiosa assonanza era nata la parola Halloween per collegarla a questa festa religiosa che conservava connotati pagani.
Qui a Holland Island non era molto sentita, perché molti dei suoi abitanti erano discendenti degli antichi coloni francesi e inglesi che nel XVII secolo avevano combattuto e sconfitti gli algonchini, che fino a quel momento avevano dominato l’area. Dunque preferivano festeggiare altre ricorrenze più vicine alle loro tradizioni piuttosto che questa quasi del tutto sconosciuta ed estranea alla loro cultura.
Erano stati gli irlandesi che nel 1850 erano migrati in massa verso l’America per sfuggire alla terribile carestia che aveva colpito l’isola, ad importare questa usanza radicata specialmente nelle campagne. Però i nuovi arrivati avevano preferito in prevalenza stanziarsi sulla terraferma intorno a Baltimora con qualche nucleo nelle zone più a ridosso della costa.
Qui a parte Angie e un paio di famiglie non vi erano altri irlandesi.
Dunque la sera prometteva bene per il buio e la nebbia che avvolgeva qualsiasi cosa per il rituale degli spiriti che dovevano vagare alla ricerca delle antiche dimore.
Lei con l’aiuto di Dan, che osservava divertito tutti i preparativi, aveva disposto sulla soglia di casa un piccolo piatto con alcuni dolci e appesa al pomello a forma di mano la zucca con un cero acceso.
“A cosa servono?” chiese curioso e disteso “Deve arrivare un terzo commensale?”
Angie lo guardò dapprima storto, ma poi scoppiò in una allegra risata.
“Sì! Un ospite inatteso e sconosciuto!” rispose ironica “Sarà la sorpresa della notte! Trick or treat? Chissà! Tu cosa pensi?”
Dan aggrottò le sopracciglia per un istante prima di prenderla tra le braccia per riportarla in casa.
“Cosa penso? A nulla!” rispose divertito.
“Allora aspetta e vedrai” replicò seria Angie, mentre chiudeva il portone.
Lui, tenendola stretta per le braccia, rifletteva ancora una volta su questa donna minuta ma caparbia. Era sempre stata pronta a ribattere alle sue battute senza mai perdersi d’animo. Sapeva difendersi benissimo con le parole senza mostrare mai affanno o indecisioni.
“Senza dubbio” pensava in silenzio “Senza ombra di dubbio non dimostra timori reverenziali nei miei confronti. Facendo un paragone con Susie, lei l’avrebbe sbranata in quattro e quattr’otto. Susie non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi più di cinque secondi, perché poi li abbassava senza rialzarli più, finché non le prendevo il viso. Se iniziava un discorso e io la fermavo, smetteva e cambiava discorso. Una qualsiasi forma di dialogo assomigliava più a un monologo. Non osava esprimere liberamente un solo pensiero. Era sempre pronta a dire sì. Dopo poco veniva a noia. La sola considerazione di averla accanto per più di mezza giornata mi metteva i brividi! Forse sarebbe stata una buona moglie servizievole e devota, ma non era quello che cercavo. Angie è di tutt’altra pasta. Indipendente, dal carattere solido, disponibile ma senza mai accettare supinamente qualsiasi imposizione, pronta nelle risposte che elargisce senza paure a difesa delle proprie idee. Direi che averla vicino non produce noia, ma diventa un bel duello divertente e stimolante. Sembra quasi che ne sia innamorato! Superata la soglia dei quarant’anni non credo che sia possibile. Non sono un ragazzino che sogna il primo amore. A momenti mi sento ridicolo perché nemmeno quando avevo vent’anni mostravo queste attenzioni verso una donna, che reputavo solo idonea a figliare. Le vedevo solo in grado di stare in casa a pulire e cucinare, a badare ai figli ed essere sempre disponibile a letto. Con Angie non sarebbe possibile! In questi due giorni senza dirlo o chiederlo esplicitamente mi ha costretto ad aiutarla in cucina trascinandomi col racconto di mille storie. Nel letto è stata lei a dettare i ritmi. Fare all’amore è stata una scelta sua e non mia, perché questo era il suo desiderio. Fuori si è dimostrata incurante delle occhiate malevoli degli altri, mostrandosi superiore e distaccata. Però tutto questo appare a miei occhi desiderabile. In realtà mi sento a mio agio senza forzature”.
Angie con garbo si staccò da Dan, pregandolo di sistemarsi sul divano in salotto e arrivò qualche istante più tardi con le frittelle dolci di zucca e una bottiglia dal colore rosato.
“A cosa stavi pensando, mentre rientravamo in casa?” chiese all’improvviso versando in un bicchiere quel liquido ambrato.
Lui restò in silenzio per qualche istante e poi decise di parlare chiaramente come se la domanda inaspettata l’avesse obbligato a rivelare i suoi pensieri. Ancora una volta lei aveva usato le parole giuste per scardinare le sue difese.
“A te” rispose calmo, portando alle labbra il bicchiere.
“Solamente a me?”
“No. Ho fatto un raffronto con le altre donne che ho conosciuto in precedenza. Tu ne sei uscita vittoriosa”.
Angie lo osservò e rise serena, mentre lo abbracciava con calore.
“Dunque avevo letto giusto nei tuoi occhi!” disse mentre si sistemava accanto a lui sul divano.
“Sei per caso un’indovina?” chiese con un filo di dubbiosa ironia.
“No. Ma osservando il tuo sguardo ho percepito che tu stavi pensando a me. Lo percepivo come se leggessi i tuoi pensieri”.
“Non sei gelosa?” replicò tra il divertito e il serio.
“E perché? Tu sei qui solo per me e loro non ci sono. Domani forse… chissà.. Dipende..” e alzò il calice per brindare.
Dunque aveva visto giusto. Dan era interessato, ma in quale misura non era ancora in grado di decifrarlo. Però questo era un primo passo importante. Adesso doveva consolidare la buona impressione che lui aveva di lei. Le prime mosse erano state in conclusioni vincenti.
Il salotto era riscaldato dal camino dove ardeva vistosamente un grosso ciocco di legna, mentre l’illuminazione era assicurata da numerose lampade a olio. Però il guizzare delle fiamme e le lingue delle lampade rendeva l’atmosfera molto languida e intima come molte ombre che si dissolvevano sulle pareti.
Angie si accoccolò fra le braccia di Dan mentre piluccava una frittella annaffiata dal vino.
“Non ho capito se la casa ti piace. Indubbiamente è molto diversa dalla tua, a Deal Island. La tua mi è apparsa calda e accogliente, quanto fredda e anonima trovo la mia. Forse sarà l’austero stile vittoriano che lascia pochi spazi alla fantasia, ma questa è la sensazione” disse in modo inatteso cambiando discorso.
“Non mi pare. Mi sembra comoda e confortevole e poi è veramente molto ampia. Credo che si possa vivere senza particolari problemi anche qui”.
Angie sorrise ringraziando per le belle parole, ma in realtà aveva percepito che Dan era a proprio aggio qui. Questo era quanto si aspettava di udire. Un ulteriore stimolo per convincerlo a dividere la sua esistenza con lei.
La notte era iniziata come lei aveva desiderato.

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25 risposte a “La notte di Halloween 1910”

  1. La prima parte è semplicemente strepitosa, dato che ci hai fatto "vedere" ciò che scrivevi. Secondo me, è una virtù rara. Spesso si cade in un susseguirsi di descrizioni che finiscono per annoiare il lettore; però, c'è anche chi, invece, sa prenderti per mano e mostrarti quello che vuole che tu veda: ed è il tuo caso.
    Molto bello poi, il confronto psicologico fra Susie a Angie, con le riflessioni di Dan.
    La fine, poi, è molto molto bella e foriera di positivi sviluppi.
    Un caro abbraccio 🙂

  2. Vivendo da sempre in un mondo dove la nebbia cala all'improvviso rendendo tutto incerto ho cercato di riprodurre quello che i miei sensi hanno sperimentato molte volte.
    Molto acuta è l'osservazione sul parallelo e su finale che in qualche modo preparano il terreno per il seguito.
    Grazie per le bellissime parole.
    Un abbraccio grandissimo

  3. Bene bene.. come si dice.. 'questione di feeling'… mi fa proprio piacere! E' tutto molto rilassante. Ma sarà davvero tutto così semplice?.. Mah! Vedremo!.. Bravo Orso, tutto davvero molto accurato e pieno di sensibilità sia maschile che femminile!.. Resto in attesa del seguito!.. Baci Baci

  4. …è sempre bello immergersi nelle immagini tangibili che descrivi… per me è davvero un peccato non avere mai troppo tempo per soffermarmi e rileggerti…bravo!
    ciao,
    Alessia

  5. sempre più belli e ben strutturati questi capitoli… il passaggio al discorso diretto che si inserisce quasi dentro il monologo interiore dei personaggi, permette una partecipazione attiva del lettore alla storia, con intromissioni addirittura dentro la scrittura stessa…
    un forte abbraccio

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