La veglia di Halloween 1910

Erano volati i due giorni che avvicinavano la sera di Halloween tra passeggiate romantiche per le strade che attraversavano Holland Island, incuranti degli sguardi malevoli degli isolani, e la preparazione per la festa pagana.
Dan aveva notato un senso ostile nei visi delle persone che incontravano tanto che aveva meditato più di una volta di prendere il primo postale e tornare velocemente a Deal Island.
“Deal Island è senza dubbio un piccolo villaggio dove gli stranieri sono visti con occhi non proprio benevoli. Però non manifestano così chiaramente la loro ostilità come qua. Eppure poche miglia, un braccio di mare nemmeno troppo profondo, li dividono. Nonostante questa quasi contiguità fisica sembrano due mondi separati da un vallo oscuro e incassato che impedisce il mescolarsi delle persone tra loro. Qui io sono uno straniero e, come tale, il diverso che vuole prendersi senza il permesso una persona di loro proprietà. Dunque sono l’intruso da scacciare, da allontanare”.
Erano questi i pensieri ricorrenti che aveva esternato più volte a Angie al loro ritorno nella casa vittoriana. Però lei aveva sempre alzato le spalle come se la questione non la sfiorasse nemmeno oppure fosse una mera considerazione senza che la riguardasse minimamente.
“E’ solo invidia questa ostilità palese nei tuoi confronti. Ma soprattutto sono io il loro bersaglio. Non ho mai legato con questi zoticoni, a parte un paio di ragazze, che hai conosciuto a Deal Island durante la festa di Mabon. Questa antipatia è stata sempre manifesta, anche contro mio padre, reo di essersi stabilito qui con una moglie che loro consideravano inadeguata o di livello inferiore. Fingevano dinnanzi di essere amici, ma poi parlavano male, raccontavano le cose più assurde. Però non potevano nulla perché lui era ricco, molto di più di loro, e dei loro commenti non gliene importava nulla”.
Era stata questa la risposta all’ennesimo quesito, posto da Dan mentre alla vigilia di Halloween si apprestavo a completare le decorazioni della casa e della tavola.
“Perché la consideravano inadeguata?” le chiese, mentre finiva di intagliare una zucca dentro alla quale sarebbe finita una grossa candela rossa.
Angie non ne avrebbe voluto parlare in quel momento, ma ormai il sasso era stato gettato e non poteva tirarsi indietro.
“Mia madre era una donna nativa di qui, discendente dal popolo degli algonchini, che prima del nostro arrivo erano i proprietari e gli abitanti di queste terre. Dunque lei aveva diritto di risiedere qua, perché lei e i suoi avi vi hanno sempre abitato. Ma ai loro occhi era una selvaggia, come se loro fossero le persone più acculturate di questa terra. Non ho mai capito il motivo per il quale i vecchi abitanti fossero considerati dei selvaggi. Dunque era l’erede di un nemico che aveva combattuto contro di loro strenuamente in difesa del diritto a vivere, possedere e governare queste zone. E questo non è stato mai perdonato. Lei è rimasta sempre in silenzio accanto a mio padre, accettando le loro meschinità senza mai ribellarsi una sola volta. Io sono diversa, sono orgogliosa di essere irlandese come mio padre, mia zia e i miei nonni. Ma percepisco che quel poco di sangue algonchino, che mia madre mi ha trasmesso, mi danno la forza e il diritto di comportarmi su queste terre come se mi spettassero per privilegio e non in virtù e per la forza del denaro. Ecco perché li disprezzo e non li tengo in considerazione, a parte qualche eccezione”.
Nello scandire queste parole la voce e il viso di Angie si è alterato assumendo una fierezza e una determinazione che potevano incutere paura.
Dan l’osservava e comprese il motivo per il quale aveva percepito che lei aveva una personalità forte e un carattere libero, trasmessole da degli antenati altrettanto fieri: era il senso di indipendenza degli algonchini e la testarda tenacia degli irlandesi, che lei promanava. Questi tratti la rendevano ancor più desiderabile e le donavano un fascino che non aveva trovato riscontro in altre donne, più malleabili e remissive ma meno dotate di temperamento. In un certo senso sentiva un’attrazione che mai aveva provato prima.
Le prese una mano e la strinse con vigore senza dire nessuna parola. La conosceva da poco e ne conosceva solo alcuni aspetti e forse nemmeno quelli principali, ma intuì che sarebbe stata una persona eccellente da frequentare, perché sotto quella scorza dura e orgogliosa si celava anche un’anima dolce e passionale.
La preparazione continuò in silenzio, rotto solo da qualche richiesta puramente formale: “Mi allunghi quella zucca”, “Dove metto questa candela?” oppure “Che te ne pare?”
Sembrava che il gelo fosse calato tra loro, congelando pensieri e parole.
Lei ripensava a quanto aveva detto e in un certo senso ne era pentita.
“Però se non lo dicevo ora, quando glielo avrei dichiarato che mia madre era un’algonchina? Ma forse dovevo tenere un tono più umile, meno orgoglioso. Volare più basso. Forse non ha gradito molto questa mia filippica, perché mi è sembrato che abbia cambiato atteggiamento. Non parla più, sorride a stento, è garbatamente educato. Non cambierò mai!”.
Angie rifletté su questo e cercò un modo per rompere quell’atmosfera fredda che aleggiava nella stanza. Si muoveva con precisione, organizzava la tavola con molto gusto e perfettamente allineata con la ricorrenza di Halloween. Una tovaglia scura sulla quale spiccavano i piatti bianchi senza decori e due zucche svuotate e intagliate. Il tutto con semplicità.
Nella stanza ne aveva sistemato altre quattro con dentro un cero di colorati diversamente negli angoli. Dal giardino aveva recuperato un piccolo arbusto che assomigliava apparentemente a un albero e sul quale aveva appeso qualche dolcetto.
Era venuto il momento di andare in cucina per preparare il pranzo.
“Mi tieni compagnia mentre preparo qualcosa per cena?” gli chiese con tono gentile.
Dan annuì, la seguì e si sedette accanto al tavolo, mentre l’osservava a cucinare, a mescolare i vari ingredienti.
Alcuni piatti erano già pronti e cotti, altri no. Mise della nuova legna nella stufa per scaldare per bene il forno e il piano di cottura, mentre Dan si preoccupò di tenere desto il fuoco del camino. Sul tavolo in una terrina era stato preparato l’impasto per le frittelle di zucca, mentre la torta di Jack o’Lantern era pronta per essere infornata.
“Conosci la storia di Jack o’Lantern?” gli chiese rompendo il muro di silenzio che si era creato.
“No”.
“Mentre preparo lo sformato di zucca, te la racconto”.
E cominciò. Era una storia curiosa che aveva sentito da piccola raccontata da nonna Caitlin, quando l’andava a trovare per Natale. Era anche un modo per far comprendere come lei ci tenesse alle sue origini.
“Fa parte della tradizione irlandese. E’ il dolce tradizionale per Halloween..”.
“Mi sembra che questa festa qui in America sia stata introdotta dagli irlandesi quando intorno al 1850 sono arrivati in gran numero. Molte delle feste hanno provenienze lontane, tipiche delle varie popolazioni che si sono stanziate qui e poi diventate patrimonio comune” chiese Dan.
“Si. Anche i miei nonni arrivarono con quell’ondata di migranti. La spaventosa carestia delle patate in Irlanda di quegli anni obbligò moltissimi irlandesi a migrare in America per non morire di fame e di stenti in patria. Questi portarono con loro la tradizione di Halloween e di Jack o'Lantern, ma le rape non erano così comuni come in Irlanda, così le sostituirono più che egregiamente con la zucca. Questa ricorrenza si è diffusa rapidamente anche qui e nessuno ricorda più da dove ha avuto origine”.
E riprese il racconto.
“Era un fabbro irlandese, un ubriacone taccagno, che ebbe la sventura di incontrare il Diavolo in un pub nella notte di Halloween. Jack era ubriaco e stava per cadere nelle mani del Diavolo, quando riuscì ad imbrogliarlo offrendo la sua anima in cambio di un'ultima bevuta ..”.
“Beh! fin qui nulla di nuovo o di insolito. Il solito baratto ..” interruppe Dan.
“.. Il Diavolo si trasformò in una moneta da sei pence per pagare l'oste, ma Jack riuscì velocemente a metterla nel borsellino. Poiché teneva in tasca anche una croce d'argento, il Diavolo non poté tornare alla forma originaria. Jack lo lasciò andare via a patto che questi gli promettesse di non reclamare la sua anima per i successivi dieci anni. Il Diavolo accettò di malavoglia, ma non poteva fare altrimenti. Dieci anni dopo Jack lo incontrò di nuovo mentre camminava lungo una strada di campagna. Era tornato per reclamare la sua anima, ma lui, riflettendo velocemente, gli disse: «Verrò, ma prima potresti prendermi una mela da quell'albero?». Il Diavolo, non vedendo pericoli in quella richiesta, balzò sulle spalle di Jack per prendere la mela. Lui tirò fuori un coltello e intagliò una croce sul tronco dell'albero. Questo lasciò il Diavolo a mezz'aria, incapace di raggiungere Jack o la sua anima né di scendere a terra ..”
“Mi sembra alquanto ingenuo questo Diavolo .. Sembra un sempliciotto. Già dieci anni prima era stato beffato, adesso ci ricasca di nuovo” disse divertito Dan.
“In effetti è proprio così. Ma si sa che il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi” e Angie rise di gusto.
“Ma proseguiamo. Non immaginerai mai come andò a finire. Jack gli fece promettere di non tornare mai più per reclamare la sua anima e il Diavolo acconsentì. Nessuno tramanda come sia riuscito a tornare di nuovo a terra! Ma non ha importanza. Quando morì, anni dopo, non fu ammesso in cielo, a causa della sua vita dissoluta, da ubriacone e truffatore. Così si recò all'entrata dell'inferno, ma il Diavolo lo rimandò indietro perché aveva promesso di non prendere mai l'anima di Jack. «Ma dove posso andare? », chiese Jack. «Torna da dove sei venuto! », gli rispose il Diavolo ..”
Dan stava ridendo di gusto nell’ascoltare la storiella.
“Mai visto o sentito che un diavolo rispetti la parola data! Solo gli irlandesi sono capaci di pensarlo..” e giù un’altra risata.
Angie fece una smorfia di disappunto ma riprese la narrazione come se niente fosse. D’altra parte come dargli torto, questa battuta ci stava pienamente.
“Ma la strada del ritorno era buia e ventosa. Jack implorò il Diavolo di dargli almeno una luce per trovare la giusta via. Quello, spazientito, gli gettò un carbone ardente che proveniva dalle fiamme dell'inferno. Per illuminare il cammino e per non farlo spegnere dal vento, Jack lo mise nella rapa che stava mangiando. Da allora fu condannato a vagare nell'oscurità con la sua lanterna, fino al Giorno del Giudizio. Jack o'Lantern da allora è il simbolo delle anime dannate. Per ricordarlo si prepara una torta in suo onore per chiudere degnamente il pranzo di Halloween e placarlo qualora si fosse presentato alla porta”.
“Perché intagliamo le zucche con un cero dentro? Non aveva usato una rapa Jack in quel vecchio e buffo episodio?” chiese serio.
“Sì. Ma ascolta. C’è un’altra versione e poi capirai il motivo delle zucche con il ghigno di un uomo. Secondo un’altra tradizione Jack o'Lantern era una sentinella o un uomo che portava una lanterna durante i suoi giri di perlustrazione. La gente credeva che nella notte di Halloween gli spiriti ed i fantasmi abbandonassero le tombe per ricercare il calore delle loro vecchie dimore. Queste persone, timorose di essere visitate dai fantasmi di vecchi proprietari, si mettevano in costume per spaventare questi spiriti sulla strada del ritorno. Lasciavano anche del cibo ed altri doni vicino alla porta, in modo da placare gli spiriti e da non far distruggere loro né le case né i raccolti. Poi in seguito anziché invitarli a proseguire il loro cammino. iniziarono a intagliare e dipingere delle facce nelle rape in cui mettevano delle candele illuminate, sperando che il simulacro di un'anima dannata potesse farli scappare e ritornare da dove erano venuti. In America la rapa non è comune come in Irlanda, quindi per mancanza della materia prima si è cominciato a soppiantarla con la zucca, che qui cresce in abbondanza. Quello che vediamo rappresenta la faccia sogghignante del furbo fabbro. E’ diventata l'icona più famosa di Halloween”.
Il clima era diventato disteso e le ansie erano sparite.
Angie si muoveva con rapidità e precisione in cucina, sfornava i piatti pronti da essere gustati, preparava la sfoglia per la sfogliata di porri e zucca, friggeva le frittelle dolci, mentre continuavano a chiacchierare dell’Irlanda, del Maryland e di loro.

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15 risposte a “La veglia di Halloween 1910”

  1. ahahahah.. con queste storielle mi hai fatto tornare tornare bambina!…
    ma sai che ho scoperto una cosa strana? in Sicilia, da bambina, ancor prima che si sentisse parlare di Halloween, ho sempre festeggiato 'la festa dei morti': la notte tra l'1 e il 2 novembre i bambini mettevano le proprie scarpe sul tavolo (un pò come la befana con le calze sopra il camino) e la mattina vi trovavano regali e dolci e frutta secca (un pò come la mattina di Natale), e ci dicevano che a portarli erano stati i nostri cari antenati che per una notte tornavano sulla terra (come Halloween).. Che mix!.. Chissà chi tanti secoli prima rispetto al resto d'Italia aveva portato questa festa in Sicilia!..
    Bando alle ciance, Orso, restiamo in attesa del seguito.. sperando che non appaia davvero qualche fantasma!.. Baci Baci

  2. Un capitolo bellissimo.
    Nella prima parte emergono osservazioni assai profonde sul senso di appartenenza, sull'ostilità verso i "diversi" – quanto mai attuale – e nel contempo sull'arroganza di chi giudica e stabilisce categorie e classifiche di persone: a fronte di tutto ciò, c'è la reazione orgogliosa di Angie.
    Nella seconda, troviamo la strepitosa storia di Jack, che mi sembra di aver già sentito, più o meno in questi termini, ma che da te è raccontata con grande senso dell'umorismo e indubitabile perizia.
    Un caro abbraccio 🙂

  3. Anneheche, diciamo che le due parti le ho mescolate perché inizialmente c'è tensione, poi la storia di Jack fa girare il vento.
    Si, allora come adesso il "diverso" è sempre visto come un qualcuno da emarginare, da guardare male. E quindi ho cercato di trasmettere questo messaggio.
    La storia di Jack è stata cercata e trovata, sarebbe stupido da parte mia dire che me la sono inventata, e l'ho piegata all'interno del contesto con qualche battuta irronica per far sorridere.
    Un grande abbraccio

  4. Sei sempre bravissimo.
    Riesci a far parlare il carattere dei personaggi in modo del tutto naturale.
    Li sa infilare nel contesto in cui vivono.
    Sei riuscito a far rivivere la storia di Jack con umorismo.
    Conclusione…
    Un applauso!
    Verrò più spesso da te!
    Ti abbraccio
    Aura
    Non è stato quest'ultimo un periodo facile… con la morte di quell'uomo onesto ed integro che era Il Barone Rosso…

  5. Aura, capisco la tua sensazione per la morte del Baronerosso, che non ho mai avuto il piacere di conoscere salvo qualche incrocio sporadico nei commenti.
    Mi spiace ma purtroppo è una ruota che gira.
    Un abbraccio

  6. Ancora una volta un capitolo ben congegnato: il passaggio dal serio al faceto ha uno scopo importante, c'è in gioco l'immediata riconquista di quell'atmosfera serena che, per un attimo, Angie sente di aver interrotto…
    Bravissimo!
    Ribaci,
    Rosalba

  7. non sapevo della rapa….sulle leggende del nome avevo letto qualcosa in occasione di Halloween. Meno male che hai ripreso l'intaglio della zucca perchè capitoli fa ti avevo chiesto se poi Angie ne avrebbe presa un'altra!
    grazie per aver commentato anche in

  8. Non conoscevo nemmeno io la sostituzione della rapa (in Irlanda) con la zucca (in America). L'ho letto casualmente mentre ero alla ricerca di qualche storiella su Holleween.
    Mi pare ovvio che Angie abbia provveduto all'acquisto di altre zucche. Naturlamente non l'ho scritto (non avrebbe aggiunto nulla), ma lo si desume dalle attività di Dan, più metodico e preciso.
    Un abbraccio

  9. insomma Angie ne sa una più del diavolo per tenersi stretto il suo Dan! eheheheh…
    sempre più belli questi capitoli, complimenti caro orso…
    un bacio
    interessante anche la storia di Jack con tutte le varianti che non conoscevo…

  10. Senza dubbio Angie dedica tutte le sue energie per tenersi stretto Dan.
    Per quanto riguarda Jack credo di avere avuto una felice intuizione inserendo le diverse leggende. Non ero molto sicuro quando nella ricerca di notizie sulla festa mi sono imbattuto in queste, se avesse riscosso l'interesse di chi legge. Così ho cercato di dare un taglio meno didascalico e più discorsivo. Sembra che abbia suscitato dei commenti positivi.
    Un abbraccio

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