Ellie sta ritta sulla punta dell’imbarcazione che solca quel tratto di baia che da Wenona porta a Holland Island.
Il vento gelido le sferza il viso come le lame dell’erpice frantumano le zolle del campo appena arato.
Lei sta avvolta nella cerata gialla con le mani ben salde sul parapetto attenta a non scivolare nelle acque grigiastre della Chesapeake Bay, dove l’enorme estuario del Potomac si confonde con l’Atlantico.
Vuole osservare per l’ultima volta la grande casa vittoriana, che sta lentamente agonizzando, divorata dalle maree e dall’incuria degli uomini.
La casa è disabitata da decenni dopo aver conosciuto dei fasti ormai ricordi.. Però per lei è una meta di pellegrinaggio nel periodo estivo per osservare quel fazzoletto di terra che emerge tra fondali bassi nel mezzo della baia come un faro in prossimità della costa.
Ricorda con nostalgia i racconti del nonno, il pastore protestante della piccola comunità che ha popolato l’isola all’inizio del novecento. E’ rimasta sempre affascinata da quei 160 acri che hanno sfidato il mare in tempesta e il gelido vento invernale, quando da piccola stava intorno al camino ad ascoltare le mille storie, che Stephen Powell le narrava.
Adesso l’isola dei suoi sogni non c’è più, perché anche l’ultimo relitto umano sta per cedere sotto i colpi impetuosi delle onde in tempesta.
Ha sempre sognato di acquistare quel lembo di terra che lei ha trasformato in una sorta di paradiso terrestre, ma il mare lentamente se la sta mangiando.
“Ho letto che la colpa è nostra, perché i mutamenti climatici hanno innalzato il livello delle acque. Sarà vero?” si domanda mentre la piccola lancia continua ad avanzare lentamente nella gelida baia, illuminata da un pallido sole.
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