“A destra”, “A sinistra”, “Prenda quella stradina stretta”, “Siamo quasi arrivati” diceva la voce garrula e squillante di Simona nel dare le indicazioni del percorso.
Luca era sovrastato da quel fiume improvviso di parole esuberanti ed incoscienti, che lo riportavano indietro nel tempo, tornava a riflettere sugli anni giovanili, sulle speranze, che avevano riempito di luce le sue giornate, su Ersilia, sempre lei, su Gloria, della quale aveva perduto le tracce senza rimpianti.
Si domandava perché adesso ricordava con un pizzico di malinconia Gloria, che era stata solo una compagna di giochi e di avventure più con la fantasia che nella realtà, ma non sicuramente un amore. Allora non si era posto nemmeno il problema, perché vedeva in lei una bambina cresciuta giorno dopo giorno insieme a lui. Era vero che si sono scambiati le prime prove di baci, che aveva presente per la goffaggine di entrambi. Che splendida emozione aveva provato, quando le aveva sfiorato quelle minuscole protuberanze sul petto, mentre imporporava il viso e ritraeva veloce la mano per aver osato tanto. Allora non si era posto per nulla la domanda se quell’atto le avesse trasmesso qualche sensazione. Adesso si interrogava senza avere alcuna risposta certa, ma forse allora lei si sarebbe aspettata qualche ardimento più temerario.
“Attento” udì una voce un po’ stridula proveniente da destra, mentre scacciava quei ricordi lontani persi nel tempo infinito e si concentrava sulla guida.
Aveva guidato come un automa e di certo non avrebbe saputo ritrovare la strada per ritornare in paese o allontanarsi da questi luoghi.
“Sono arrivato fin qui seguendo l’istinto. Da qui ripartirò con lo stesso spirito” si disse per nulla inquieto.
“Siamo arrivati” lo avvertì Simona, che aveva descritto ogni angolo, ogni casa, ogni via con entusiasmo e passione senza che Luca avesse ascoltato una sola parola.
Frenò dolcemente mentre lo sguardo spaziava verso l’alto e verso il basso, inspirando profondamente l’odore della ginestra fiorita.
Era un vecchio casale consunto dal tempo abbarbicato al termine di una ripida salita, circondato da cespugli di ginestra e lavanda, con un maestoso noce che ombreggiava la facciata.
Simona fece strada annunciando l’arrivo di un nuovo ospite.
“Maria” chiamò forte affacciandosi alla porta su cui stava scritto ‘PRIVATO’ “Hai una stanza per …” e si interruppe perché non sapeva come si chiamava l’uomo che era con lei.
“Luca. Luca D’Astolfi” le suggerì senza imbarazzo ridacchiando per la strana situazione che si era creata.
Una donna, avanti negli anni e un po’ sfiorita dal tempo, uscì dalla porta abbracciando la ragazza.
“Certamente” e rivolgendosi a Luca chiese: “Partite domani?”
“Non so” rispose “Potrei anche fermarmi qualche giorno”.
“Una stanza c’è sempre per le persone che Simona accompagna” e cominciò a registrare i dati anagrafici di Luca.
La stanza era luminosa e guardava verso il mare che in lontananza cominciava a tingersi di rosso. Era arredata semplicemente con un piccolo bagno ricavato in un angolo, ma era calda ed accogliente come la padrona di casa e quella minuscola ragazza che con tanta incoscienza e fiducia si era incaricata di accompagnarlo senza sapere nulla di lui.
Era venuto il tempo di accendere il telefono per far sentire la sua voce ad Ersilia, che lo rimproverò aspramente per il lungo silenzio.
“Dove sei?” gli chiese addolcendo il tono della voce.
“Sono a …” ma il fasullo astutamente aveva cancellato il nome dalla lavagna della memoria per farsi beffe del malinconico.
“La vista è meravigliosa, ma il nome non lo ricordo” ammise imbarazzato e contrito Luca, mentre si aspettava l’ennesima strigliata di capo dalla moglie, che stranamente non aggiunse nulla.
Parlarono a lungo, come se quella separazione avesse sciolto loro la lingua. Erano anni che vivevano di monosillabi e frasi smozzicate dettate più dalla rabbia che dalla voglia di comunicare. Però quella sera sentivano il bisogno di trasmettere le emozioni che salivano dal cuore, come se fossero tornati ai primi tempi del loro amore.
“Ci sentiamo domani, Ersilia” concluse rilassato e felice Luca “e sono pentito di non averti trascinata con me”.
“Fai il bravo, stasera!” replicò lei con la voce incrinata dalla malinconia.
Spento il telefono, doveva ragionare sul come organizzare la serata.
Dalla valigia tolse un paio di pantaloni chiari e una maglietta fucsia, che dispose sul letto, e dei mocassini leggeri.
Sotto il getto di una doccia tiepida strofinò con vigore il corpo per togliere ogni residuo di stanchezza e di caldo, mentre canticchiava un vecchio motivetto “All fruit”.
Sorrise, perché l’istinto l’aveva guidato con giudizio ancora una volta. Però adesso doveva concentrarsi su quello che gli aveva detto Simona prima di sparire nel portone d’ingresso.
Un vago senso di incertezza affiorò nella mente sospinto dal fasullo, ma subito il melanconico lo scacciò come a suo tempo lo furono i mercanti dal tempio.
Nel vago chiarore dove tutti i gatti sono grigi e bigi si incamminò verso il paese alla ricerca dell’angelo custode.
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Dopo molto tempo ritorno nel tuo blog e trovo un altro bellissimo racconto. Lo stile è un po’ diverso:
i tempi sono più dilatati e c’è l’atmosfera trasognata di chi ricerca novità ma, trattenuto dai ricordi e dall’esperienza, ha i piedi per terra.
Un caro saluto e un forte abbraccio,
Rosalba
Rosalba, con infinito piacere apprezzo la tua visita e il tuo commento sempre corretto nella forma e nel pensiero.
Si, qualcosa è cambiato nel modo di scrivere, ma è venuto spontaneo senza forzature.
Un abbraccio affettuoso e spero di ritrovarti più spesso.
Adesso succederà sicuramente qualcosa di importante.