Erano le quindici e trenta quando Marco suonò il campanello con lo stesso tremore di quando il primo giorno di scuola a sei anni aveva varcato il portone della scuola elementare Montessori sul bastione delle mura cittadine.
Pensava alla reazione quando l’avrebbe rivista, mentre un rumore di passi si avvicinava al portone d’ingresso insieme all’ansia che montava dentro di lui.
“Riuscirò a trattenere l’emozione? Io l’amo ancora come il primo giorno” diceva a se stesso per rincuorarsi e darsi un contegno dignitoso. Agnese per il momento era ancora una conoscenza lontana, quasi una scommessa al buio senza nessuna certezza che potesse sostituire Laura nel cuore.
Aveva portato nel borsone la busta bianca con fotografie e lettere, ma non era sicuro che le avrebbe mostrate, e mentre la mente stava divagando libera nella prateria dei pensieri, la vide.
Tornò indietro di cinque anni, lasciò cadere a terra quanto teneva i mano e l’afferrò tra le braccia stringendola al petto quasi sollevandola da terra.
Le loro labbra si cercarono con passione tra gli sguardi divertiti dei passanti: sembrava che non dovessero staccarsi più per effetto della supercolla Attack spalmata sulle labbra. Lei era in punta di piedi, lui la faceva dondolare in qua e in là come una foglia sul ramo.
Era una fresca giornata di marzo soleggiata e ventilata, ma non era caldo a sufficienza per giustificare un vestito leggero più adatto all’ assolato luglio: Laura indossava l’abito rosso ritrovato in soffitta. Una signora commentò ad alta voce: “Ah, l’amore cosa fa fare!” ed un’altra sorridente “I giovani hanno i bollenti spiriti!”.
A lei sembrava non sentire il freddo abbracciata a Marco, che trasmetteva tutto il calore dell’amore che provava.
Raccolse la borsa abbandonata sul marciapiede e stringendo Laura a sé entrò nella casa. Il portone si chiuse silenzioso alle loro spalle.
Nessuno dei due si aspettava una simile reazione da parte dell’altro: quel interminabile bacio aveva fatto palpitare i loro cuori e lievitare le loro azioni, tanto che i sette mesi di distacco parevano solo una piccola parentesi provvisoria durato un battito di ciglia.
Si sistemarono comodamente tenendosi per mano come se avessero paura di perdersi di nuovo.
“Mi sei mancato.” diceva la ragazza guardandolo fisso negli occhi “Mi sei mancato terribilmente tanto. Erano sette mesi che aspettavo questo momento, di rivederti, di parlarti, di assaporare le tue labbra. L’occasione è venuta. Grazie”.
Marco la fissava incredulo per via di quel vestito che appariva magico per averlo stregato una seconda volta. Taceva e osservava, non aveva altre parole per esprimere i pensieri che confusi si ammassavano all’ingresso della mente. La folla delle parole si accalcava sulle labbra che rimanevano chiuse e silenziose.
Calmato il tumulto che la vista di Laura aveva provocato, cominciò a parlare. Era venuto perché il sentimento che provava per lei avevano avuto il sopravvento sulla parte razionale che avrebbe consigliato di rispondere “Grazie, ma non posso venire”. E si domandava ancora turbato dalla vista di Laura, se fosse stata una mossa giusta quella di precipitarsi da lei, se avrebbe trovato la forza di restare fedele alle convinzioni che lo volevano lontano da Milano e da lei.
Era seduto con gli occhi che divoravano la figura adagiata di fianco a lui, mentre l’ammirava come se stesse osservando la primavera del Botticelli.
Laura, intuendo i pensieri di Marco, si alzò dalla poltrona e mise in mostra tutta la sua bellezza.
Marco era confuso ed indeciso tra sentimenti di amore e razionalità della mente, doveva decidere in fretta per non ingannare se stesso e Laura una seconda volta.
“Sei davvero splendida,” disse mentre la contemplava senza staccare un attimo lo sguardo “Lo sei sempre stata. Vieni qui vicino a me e raccontami tutto” e attese che lei parlasse, mentre si rannicchiava sicura fra le braccia protettive di Marco.
“Marco,“ iniziò Laura, “non so da dove dare inizio a quello che vorrei dirti. Mi ero preparata una scaletta di argomenti, ma ora sono confusa e frastornata. I pensieri si accavallano tra loro senza un ordine preciso come se riempissi alla rinfusa una borsa coi miei vestiti”.
Si fermò come per riprendere fiato dopo una lunga corsa e proseguì un discorso senza capo né coda passando da un argomento all’altro per la concitazione del momento. Non riusciva a resistere dal posare in continuazione lo sguardo su di lui, sulle sue mani, sul suo viso. Aggiunse che erano sette mesi che non si sentiva sicura di se e delle sue azioni come in questi istanti. Il tumulto interno, che aveva nascosto dentro di se, stava scemando con lentezza lasciando il posto ad una calma interiore che assomigliava alla natura dopo che si era placata la tempesta.
E concluse: “Capisci quello che voglio trasmetterti?”.
Marco baciò con dolcezza le labbra appena socchiuse ansiose di afferrare il sapore di lui, mentre le mani accarezzavano con leggerezza i capelli rossi appena mossi. Sentiva un profumo di donna, che lo inebriava, non un’essenza artificiale, ma qualcosa di vero e genuino. Era lo stesso odore che aveva fatto scattare cinque anni fa la molla dell’innamoramento. Adesso era diverso, capiva che sarebbe stato tremendamente difficile rinunciarvi per sempre, perché l’affetto non si era affievolito, ma era maturato e decantato con la lontananza.
Quel bacio aveva fatto venire i brividi a Laura, che aspettava da lui una risposta, che tardava ad arrivare.
Marco con lentezza scandendo le parole soppesò il pensiero che altrimenti sarebbe uscito prepotente senza freni dalla bocca: “Mi vuoi dire che mi ami ancora, anche se io ti ho detto addio?”.
Anche lui si sentiva confuso ed incerto, specialmente dopo averla ammirata con quel vestito rosso, che gli ricordava il 20 maggio di cinque anni prima. Poiché entrambi erano turbati ed insicuri per il tumulto interiore e l’emozione, che aveva reso poco lucidi i loro pensieri, Marco suggerì di stare in silenzio, mentre l’ansia si sarebbe placata lentamente e il cuore avrebbe ripreso i battiti regolari.
Si guardarono in silenzio, poi lei si rifugiò sul petto di Marco, mentre lui l’abbracciava con vigore. I rumori si dissolsero nell’aria, i respiri si chetarono pacatamente, mentre il trambusto interno si trasformava in placida quiete.
Laura sentendosi protetta dalle braccia e dal calore di Marco si appisolò serenamente, mentre lui continuava a riflettere sui motivi per i quali era venuto a Milano mentre non aveva avuto il coraggio e la forza di rifiutare con cortesia l’invito.
“Tutto diventa difficile ora.” pensava mentre teneva fra le braccia la ragazza addormentata “Tutto si complica. L’amore verso di lei si è risvegliato come un vulcano dormiente e non riesco più a tenerlo a bada. Quel vestito mi aveva fatto impazzire cinque anni fa e la magia si è ripetuta oggi quando l’ho vista. Io non posso tornare a Milano perché sento la città matrigna ed estranea alla visione che ho della vita. Lei non potrebbe vivere a F….., perché ha necessità di incontrare persone nuove, di girare il mondo, di vivere le novità, di sentire l’adrenalina salire nelle vene come la frenesia di questa città”.
Dopo un’ora Laura aprì gli occhi sgranandoli come se fosse stupita di essere lì fra le braccia di Marco a dormire placidamente.
“Ho dormito,” disse soavemente ed aggiunse che aveva dormito come non le era capitato da tanto tempo. Aveva ragione, quando diceva che un po’ di silenzio avrebbe rimesso a posto le idee.
Si stiracchiò come una gatta dopo essere stata al caldo sul calorifero, mentre si alzava in piedi, sbadigliando.
“Ti preparo un tè e poi parliamo”. Avevano molti argomenti da raccontarsi dall’ultima volta, ma lei doveva aprire l’anima con lui, perché solo Marco conosceva la soluzione del problema.
Un bel racconto il tuo, elaborato nella gamma di vari sentimenti, anche contrastanti apparentemente.
Un caro saluto a te
Grazie, Princess06! Il tuo commento mi è risultato molto gradito.
L’emozione di ritrovare la persona mai dimenticata! Un bel passaggio ricco di passione e sentimenti, di emozioni che hai reso vive attraverso la narrazione.
Sei sempre bravo.
E’ stato uno dei capitoli più controversi nell’impostazione e nella scrittura, perché rischiavo di banalizzare i sentimenti.
Sono soddisfatto dall’operazione di pulizia, perché hai colto quello che volevo rappresentare.