Era una calda serata di fine maggio quando Micaela scese a Padova dal locale delle 18 e 30 proveniente da Venezia. Era accaldata e sudata, mentre nelle narici conservava la sensazione di sporco e di sudore che l’aveva accompagnata per tutto il viaggio interminabile per le soste in ogni stazione. Quel treno era sempre affollato di lavoratori e studenti che tornavano a casa la sera ed era sempre più lercio ed in ritardo. Doveva smettere di prenderlo, perché un senso di vomito l’accompagnava anche dopo l’arrivo.
“Ancora pochi mesi e poi basta fare la pendolare” diceva tra sé mentre scendeva nel sottopasso per recuperare la bicicletta. Le mancavano pochi esami e poi la tesi liberatoria.
Micaela frequentava con ottime votazioni l’università; di Venezia per prendere la laurea in architettura.
Era sua intenzione dopo un tirocinio presso uno studio di architetti, già individuato, di mettersi in proprio, di essere indipendente nella creatività e nella professione. Sarebbe stata dura, ma gli stimoli non mancavano. La famiglia modesta e senza grandi risorse finanziarie l’aveva assecondata con grandi sacrifici. Di questo era ben conscia e non aspettava altro che smarcarsi economicamente da loro per ripagarli delle rinunce.
Spinse la bicicletta verso via Jacopo Avanzi per andare all’Alì Market dell’Arcella vicina al Santuario di Sant’Antonio, non nella Basilica del Santo più nota e famosa, ma il convento dove il Santo era vissuto ed era morto durante il trasporto da Camposanpiero. Questo complesso imponente e vario era quasi sconosciuto ai turisti, che frequentavano solo la grande Basilica vicino a Prato della Valle.
Aveva fretta perché era ormai era orario di chiusura e doveva assolutamente comprare la crema per il viso, che le sarebbe servita la mattina dopo.
Si aggirava inquieta ed agitata tra gli scaffali alla ricerca di quello che le serviva, quando si scontrò con un giovane che teneva un cestello pieno di merce. Un attimo e il contenuto rotolò per terra col botto di un pinot grigio, che bagnò la corsia.
“Porca miseria!” esclamò il giovane con voce rabbiosa “Guarda dove metti i piedi! Non sei sola qua dentro per correre come una pazza!” Lo scoppio d’ira e il viso contratto da una smorfia di rabbia fecero girare gli astanti, mentre udivano la voce alzarsi di tono.
Micaela restò impietrita senza proferire una parola, tanto che avrebbe potuto dire a sua discolpa se non qualche scusa.
Era rossa in viso, mentre la testa si riempiva di mille pensieri che stentavano a prendere forma. Lo sguardo era fisso sul giovane, che dopo lo scoppio d’ira si stava ricomponendo, mentre raccoglieva da terra quello che non era andato rotto o rovinato.
“Scusa le parole irose proferite” disse con tono conciliante mentre l’ira andava sbollendo, “Non volevo offenderti. Mi chiamo Matteo” e tese la mano verso Micaela.
“Sono io a dovermi scusare per la goffagine nel cercare la crema” replicò accettando quel gesto di conciliazione “Micaela”.
Lei si chinò per aiutare l’uomo a raccogliere e riporre nel cestino le ultime cose, mentre lo osservò con attenzione.
Non era molto alto, ma il corpo era muscoloso senza eccessi. I capelli erano scuri dal taglio moderno né lunghi né corti. Sul viso regolare spiccavano due occhi color nocciola e una corta barba ben curata.
“E’; un bel ragazzo” pensò mentre gli sfiorava una mano percependo un brivido nel corpo.
Anche Matteo osservava con cura Micaela, della quale notò i capelli rosso ramato e gli occhi verdi da gatta. Era alta nella norma anche se la corporatura minuta la faceva sembrare più longilinea di quello che era in realtà. Non era appariscente con quel seno piccolo da adolescente nascosto dalla camicetta. I capelli, rossi, erano belli e mossi quel tanto da conferire al viso chiaro e leggermente lentigginoso una grande luminosità.
Non riusciva a staccare lo sguardo da lei pentendosi di essere stato sgarbato ed iroso.
Si aiutarono a vicenda per completare gli acquisti prima di avviarsi alle casse.
Lo screzio di pochi minuti fa era ormai relegato tra i ricordi remoti mentre chiacchieravano con calma di loro e delle loro attività attuali.
Usciti dal supermercato restarono ancora a parlare, perché tra loro stava nascendo una reciproca simpatia.
Micaela era alla ricerca di un uomo che la trattasse da pari a pari, per quello che faceva e desiderava ottenere dalla vita, quindi percepiva che Matteo poteva essere una possibile persona.
Prima di salutarsi, lei senza sollecitazioni disse sorridente e maliziosa: “Scambiamoci i numeri di telefono, così possiamo incontrarci una seconda volta”.
Matteo rimasto sorpreso piacevolmente replicò con immediatezza: “Perché; solo una seconda volta?”
Anche lui era single e alla ricerca di una ragazza dal carattere dolce e romantico, perché mal sopportava le donne aggressive ed autoritarie. Aveva sempre avuto difficoltà di approccio con le ragazze, perché era introverso e un po’ timido, a volte rinunciatario, sempre pronto a chiudersi a riccio su se stesso.
Dopo essersi salutati lui l’osservò, mentre Micaela si allontanava in bicicletta. Si chiese se quella poteva essere la donna che cercava e non aveva trovato finora.
Scosse la testa e si infilò nella macchina per raggiungere Rubano, dove abitava.
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Mi è piaciuto molto il modo in cui hai descritto la furia dell’incontro…
Un abbraccio,
Rosalba
Conosci Padova meglio di me che ci sono vissuta.!!! Pensa che non conoscevo il Santuario dell’Arcella (abitavo accanto alla basilica del Santo). Forse perchè non frequento molto le chiese se non per affreschi. La storia ha una tale veridicità che alla fine mi pareva di conoscerli questi due. Persino Rubano menzioni. Ma dunque, a parte la tua consueta bravura, deduco che Padova ti sia luogo consociuto. Il personaggio maschile, così restio a lasciarsi andare, non ha forse perso una occasione? Buona serata Orso^