L'incipit

Nei pressi della capanna del nonno, sull’alta cresta da cui si domina un pendio coperto di ippocastani, Claire è in groppa al suo cavallo, avvolta in una spessa coperta. Si è accampata lì per la notte dopo aver acceso il camino di quella piccola costruzione che il nostro antenato eresse più di una generazione fa, e nella quale visse come un eremita o un animale solitario quando arrivò in questo paese per la prima volta. Era uno scapolo pieno di sé, che alla fine entrò in possesso di tutta la terra su cui correva il suo sguardo. A quarant’anni si sposò controvoglia ed ebbe un figlio, a cui lasciò questa fattoria sulla via per Petaluma. Claire si sposta lentamente sulla cresta sovrastante le due vallate piene di bruma mattutina. Alla sua sinistra c’è la costa. Alla sua destra la strada per Sacramento..

Claire leggeva questo frammento della sua vita, esattamente dove la sua vista aveva percepito l’immensità del luogo alcune settimane prime.
Il nonno non lo aveva mai conosciuto, né sapeva come si chiamava la nonna, che pareva svanita come la nebbia ai primi tepori del giorno.
Suo padre aveva abitato da sempre a Sacramento, ma una volta al mese andava a trovare il nonno, che era sempre più vecchio e inselvatichito, ostinato come un mulo.
Non aveva nessuna intenzione di lasciare quella casa isolata e piena di ricordi, senza nessuna comodità, dominante la vallata.
Poi un giorno lo trovò appisolato serenamente sulla vecchia sedia a dondolo davanti al camino spento. Era freddo e rigido, ma la morte aveva sfiorato appena quel vecchio ostinato, mentre si prendeva l’anima. Il trapasso era stato dolce, quasi sereno.
Suo padre era tornato in città a prendere il pastore per portarlo lassù per l’ultima volta. Seppellì il suo vecchio ai piedi della quercia, che aveva piantato quando per la prima volta era arrivato lì.
Chiuse la fattoria e tornò a Sacramento, dimenticando quella casa e i venticinquemila acri di terreno che la circondavano.
Suo padre si sposò tardi, come il nonno. Evidentemente il matrimonio non erano cerimonie che si confacevano troppo in famiglia.
Lei, Claire, nacque dopo qualche anno e crebbe allegra e coccolata dalle zie, tutte zitelle, le sorelle di sua madre.
Per molti anni ignorò che il padre aveva ereditato tutto quel terreno e la fattoria al centro sulle colline che dominavano il fiume Sacramento e la costa sopra San Francisco. E continuò ad ignorarne l’esistenza, finché il padre ormai vecchio e prossimo a raggiungere il nonno, la chiamò a sé per raccontarle tutto del nonno, della fattoria, del terreno.
Claire aveva poco più di trentacinque anni, quando ascoltò il racconto del padre, e subito decise che sarebbe andata a vedere quella casa, chiusa da oltre quarant’anni.
Le vallate intorno a Petulama erano coltivate a vigne, mentre si domandava per quale motivo il padre non aveva ceduto i venticinquemila acri di terreno fertile a qualche produttore di vino. Aveva posto la domanda al padre senza ricevere risposta salvo un “tuo nonno non avrebbe voluto” molto sibillino ed incerto.
Ora toccava a lei mantenere il desiderio di un nonno, a lei sconosciuto fino a poche ore fa.
Gli unici nonni, che ricordava con molta imprecisione, erano i genitori della madre e delle numerose zie, che avevano popolato la sua esistenza fino adesso.
Comprò una cartina dettagliatissima della zona della fattoria del nonno per studiarne la posizione. Poi affittò un suv per raggiungere il luogo che presumeva isolato ed impraticabile per le auto normali e partì per la fattoria, che da qualche giorno aveva ricevuto in eredità con la morte del padre.
Percorse la route 50 che collegava Sacramento alla costa fino al bivio per Petulama dove si addentrò nella Napa valley.
Ai lati della strada c’erano sterminate estensioni di vigne che si smarrivano tra colline e vallate a perdita d’occhio.
A fatica trovò il viottolo che conduceva alla sua nuova proprietà, che interrompeva la distesa di vigneti.
La strada era ombreggiata da enormi ippocastani e querce, cresciuti da quasi cento anni senza l’aiuto di mano umana. Enormi radure ricoperte da erbe alte dieci piedi e cespugli bassi e spinosi si aprivano ad ogni curva, mentre lo sterrato saliva dolce verso il crinale per poi ridiscendere nella vallata successiva.
Claire capì che stava profanando quel luogo con quel suv rumoroso ed inquinante, perché il silenzio era assordante rotto solo dal rombo del possente motore.
La prossima volta, se mai ci sarebbe stata, avrebbe trainato fino al viottolo un trailer con un cavallo a bordo, da dove lo avrebbe usato come mezzo di trasporto fino alla fattoria.
Uscendo dal bosco dopo una curva non troppo dolce apparve la costruzione in legno e muratura abbandonata e circondata da erbe alte, mentre in lontananza il cielo si confondeva con le acque del Pacifico.
Era una splendida giornata di sole con il cielo terso e lindo come appena lavato dalla mano di Dio, solo qualche fiocchetto bianco incipriava l’azzurro. Il sole baciava il legno un po’ inscurito dal tempo e dalla pioggia, mentre le pietre a secco tenute insieme dalla malta una volta chiara avevano acquistato un colorito grigio sporco. I vetri parevano intatti, come le imposte e la porta, in definitiva agli occhi di Claire la fattoria sembrava in buone condizioni.
Prima di scendere indossò indumenti pesanti, anche se il tempo fresco e temperato potevano invitare ad un vestiario più leggero, un paio di stivali di cuoio robusti che abbracciavano l’intero polpaccio e guanti spessi che coprivano bene il polso e l’avambraccio.
Sperava che tutte queste precauzioni non fossero necessarie, perché la presenza di qualche ospite indesiderato non era da scartare.
Falciata l’erba davanti all’ingresso prima di entrare, fece un lungo giro intorno al capanno, ma tutto era in ordine: nessun segno di scasso o altre rotture. All’interno regnava polvere e ragnatele depositate sullo scarso mobilio, che stranamente era ben conservato e nessun ospite era presente o pensava di trovare ospitalità; non c’erano segni di umidità recente o passata, l’interno era ben asciutto e secco.
Per renderla presentabile ci sarebbero voluti molti giorni di intenso lavoro e forse non sarebbero stati sufficienti.
Però era l’esterno che la preoccupava per la folta vegetazione spontanea che era cresciuta selvaggia e rigogliosa. Lei senza l’aiuto di qualcuno non sarebbe stata in grado di provvedere, quindi doveva trovare qualche persona, o meglio una decina di persone, che rendessero praticabile i dintorni della fattoria.Trascorse una mezza giornata ad ammirare la vastità della sua proprietà e la bellezza selvaggia del posto, prima di chiudere tutto e rientrare in città.
Da domani si sarebbe organizzata per migliorare l’aspetto trasandato e di abbandono della capanna del nonno per poi trascorrere qualche giorno lassù con un cavallo, mentre avrebbe esplorato ogni angolo di quel paradiso terrestre.

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14 risposte a “L'incipit”

  1. CIAO ORSO CARO AMICO MIO , SONO VENUTA A SALUTARTI E HO LETTO LO SCRITTO CHE è DOLCISSIMO COME UN FAVOLA, E SEMBRA UN PO’ QUEI ROMANZI TIPO: RAGIONE E SENTIMENTO, ORGOGLIO E PREGIUDIZIO, E HA ANCHE UN POCHINO DI VIA COL VENTO. NON STO PRENDENDOMI GIOCO DI TE, MA A ME, DA’ QUESTA SENSAZIONE. UN BACIONE GRANDE FRANCESCA.

  2. Grazie a tutte per i bei commenti.

    Happysummer
    Si, c’è il gusto delle cose passate, di non cedere alla tentazione di fare soldi in fretta.

    Francesca
    Grazie per gli accostamenti, ma il mio scritto è molto più modesto da essere paragonato a romanzi del calibro che hai citato.

    MySecretSide
    Continuare? Non credo, almeno in questo momento. Grazie anche a te per le belle parole.

  3. Tu hai una inclinazione naturale allo stile del “romanzo”. La capcità minuziosa di rendere visibili i luoghi e le situazioni. Oltretutto rendi semplice la lettura per la “post fazione” d’apertura. Sono convinta che tu abbia già nel cassetto un romanzo scritto. Mi piaci molto nella veste del narratore. In effetti, per riuscire a scrivere così, possiedi tanta e tanta poesia dentro. Un abbraccio:-)

  4. Leggendo i commenti sono rimasto piacevolmente sorpreso dalle belle parole usate.
    Però la sorpresa più grande nasce dal fatto che sono state scritte da persone che stimo molto per quello che scrivono e come lo scrivono.
    Questo mi sprona a tenere i piedi per terra e a migliorare quello che scrivo.
    Grazie.

  5. Bel racconto con una minuziosa descrizione dei luoghi (le vigne e i vigneti sono i posti che amo più di ogni altra cosa…sarà perchè sono pugliese? mah!) e mi hai fatto ricordare il film “Un ottima annata” con Russell Crowe e gli splendidi scenari della campagna francese.
    E’ un piacere leggerti.

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