La felicità sognata

Il poeta aveva preso l’abitudine di venire alla mattina nello studio, perché sentiva la forte attrazione che lei esercitava.
La sua presenza distraeva Angelica, perché le leggeva quello che stava scrivendo e ne pretendeva l’attenzione.
Aveva ripreso la scrittura del Faust, interrotto più volte, e annotava le impressioni e i ricordi del lungo viaggio attraverso la penisola, dove aveva toccato Milano, Venezia, Firenze e tante altre località minori.
Desiderava che la pittrice lo accompagnasse in giro per Roma per ammirare le antiche vestigia romane e le innumerevoli chiese sparse un po’ ovunque, chiedendole il suo parere e le sue sensazioni di fronte ad un capitelo rotolato a terra, ad una statua ridotta in frammenti.
Angelica accantonò l’autoritratto, perché voleva ritrarre Goethe, mentre lei lo ammirava seduto sulla poltrona di raso rosso, ma il soggetto era inquieto e non restava fermo in posa.
“Mio caro, Wolfgang, non siete mai fermo. Come posso ritrarVi?”
“Mia adorata dama, non posso restare passivo, mentre Vi guardo col pennello in mano. Voi siete troppo bella e seducente per non esternare il mio sentimento verso di Voi. Suvvia, non siate inquieta con me, oggi è troppo bella come giornata per restare chiusi qui dentro. Usciamo e godiamoci questo splendido sole romano.”
Si avvicinò ad Angelica, le prese il pennello deponendolo in barattolo di colore e le baciò le guance con ardore e passione senza che lei opponesse resistenza.
La donna sentiva il desiderio dentro di sé crescere giorno dopo giorno, ma era combattuta tra la voglia di trasgredire e la fedeltà a quel marito tanto mediocre quanto meschino. Altre volte lo aveva tradito, ma era durato la spazio di un mattino: quella che si era soliti dire che era una scappatella. Consisteva in qualche bacio furtivo e veloce senza passione, molto raramente si andava oltre nelle effusioni amorose. Tutto sommato erano peccati veniali, quelli che aveva commesso nel passato.
Questa volta era diverso, perché sentiva crescere dentro di sé un sentimento che non aveva provato prima, forse mai nei suoi 45 anni di vita. Sentiva il trasporto verso livelli più alti tanto da averne paura.
Tra loro il tutto si era limitato a qualche bacio appassionato, a qualche tenerezza, che a stento era riuscita a controllare la libido, ma sapeva che presto sarebbe capitolata.
Goethe aveva avuto molte donne nella sua vita amanti segrete oppure no, non disdegnava di accompagnarsi anche a donne di strada. Questa sua fama di donnaiolo era ormai risaputa nella cerchia degli amici e conoscenti. Così anche Angelica sapeva della particolare inclinazione del poeta, perché ne aveva sentito parlare a lungo e con dovizia di dettagli dalla nutrita schiera di tedeschi che vivevano a Roma e che non mancavano di invitarla alle loro feste o che frequentavano il suo atelier.
Però l’educazione e la frequentazione degli ecclesiasti la rendeva dubbiosa ed incerta se doveva lasciare libera le sue inclinazioni oppure mortificare la carne come un penitente.
Così quando quella mattina uscirono per le strade di Roma, sentì che il muro che aveva dentro di sé si stava sgretolando.
Era una fredda giornata di Dicembre allietata da un bel sole, che a stento riscaldava i corpi, quando i due amanti si avviarono verso Piazza di Spagna gremita di bancarelle e di giostre per l’imminente Natale.
Angelica si appoggiava sul braccio del poeta con tenerezza ed affetto sentendo il calore che emanava e sospirava.
“Mein Gott! Cosa devo fare? Quest’uomo mi piace e so di peccare, finendo i miei giorni all’inferno. Ma la carne reclama il suo dono, come posso negarglielo? Se cadrò, e cadrò sicuramente, in peccato, come potrò redimermi?” Così la donna pensava mentre con passo svelto seguiva Goethe tra la folla delle bancarelle.
Giunsero con una certa fatica in una delle vie che si dipartivano dalla piazza, dove sostava un fiaccheraio insonnolito e avvolto in un pesante mantello verde.
Il cavallo era circondato da una leggera nebbiolina prodotta dal sudore che condensava nel freddo della mattina ed aspettava che il suo padrone raccogliesse qualche cliente per muoversi e riscaldarsi un po’.
Goethe tirò per il mantello l’uomo e gli disse. “Vorremmo che lei ci portasse verso l’Appia ad ammirare qualche capitello romano. Ci dià una coperta ampia e calda per ripararci dal freddo durante la passeggiata. Mi raccomando vada piano, perché desideriamo ammirare il paesaggio”.
Il vetturino si riscosse dal torpore in cui era caduto, guardò i due amanti e allungò al poeta una coperta un po’ logora e non troppo pulita senza degnarsi di aiutarli a salire e sistemarsi sulla carozza.
Angelica si rannicchiò fra le braccia di Goethe, che la coprì con la coperta stringendola con passione.
Il lento incedere del cavallo trascinava la carrozza che sobbalzava sulle strade mal lastricate con grande rumore, mentre i due amanti erano sballottati sul sedile da dove guardavano fuori case, chiese e ruderi romani.
La donna era sempre di più in un forte tumulto interiore tra passione montante e volontà di essere fedele, mentre la vicinanza con l’uomo che l’attraeva incrinava sempre più la sua fermezza a non tradire il coniuge.
Mille pensieri affollavano la sua mente e molte congetture sul suo futuro apparivano e scomparivano come la folgore tanto che non riusciva più a concentrarsi sul suo lavoro, che stava trascurando vergognosamente.
“E’ bello e forte “ diceva in silenzio “ e io lo desidero tanto. Tutte le notti mi compare in sogno come un semidio o un novello Apollo popolando la mia mente con la sua immagine. E’ dolce e un po’ timido, come il personaggio della sua opera, Werther.
Quanto lo amo! Come vorrei essere posseduta da lui!”
Il fiaccheraio, intuendo che la coppia volesse avere intimità e non avesse nessuna fretta, fece un lungo giro passando dai fori imperiali, dove Goethe chiese in un italiano stentato di fermarsi per qualche minuto.

(parte quinta)

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7 risposte a “La felicità sognata”

  1. “Mein Gott! Cosa devo fare? Quest’uomo mi piace e so di peccare, finendo i miei giorni all’inferno. Ma la carne reclama il suo dono, come posso negarglielo?”

    Scusa se focalizzo la mia attenzione su questa frase ma mi ha colpita particolarmente…!
    Beh, non mi resta che aspettare la sesta parte, noh?

    …e poi c’è chi si immagina gli scrittori tutti come Leopardi….questo Goethe ne sapeva di donne, eh! 🙂

    (grande il cocchiere!)

  2. Fra’
    perché ti ha colpita quella frase? Era allora un mondo di grandi bigotti e grandi peccatori. Ecco perché l’ho inserita.
    La sesta parte è in gestazione, spero a presto il parto.
    Attenzione pensare a Leopardi come un misogino, sembra che sapesse amare anche lui….
    Goethe ha avuto un sacco di avventure (l’ho scoperto sul portale tedesco di Goethe. Se vuoi ti passo lil link, tanto il crucco lo conosci bene..).
    Hai elevato di rango il fiaccheraio a cocchiere, per me era un semplice vetturino. Comunque aspetta perché lo faccio parlare (purtroppo in italiano, perché il romanesco non lo conosco).

    Dehyra
    Si ultimamente abbiamo chiacchierato poco ma ho avuto da fare e sono stato poco sul web.
    A presto.

  3. “Quanto lo amo! Come vorrei essere posseduta da lui!”: posseduta da quel diavolo di Goethe…. Per come è curiosa, contradditoria e creativa Angelica, mi sarei aspettata che volesse essere lei a desiderare di possedere.
    Certo che Angelica prima aveva tradito altre volte il marito, “ma era durato la spazio di un mattino: quella che si era soliti dire che era una scappatella” e adesso che è veramente interessata ad un uomo si pone il problema di non cedere alla tentazione della carne e non peccare…
    Ciao,
    Rosalba

  4. Cara Rosalba,
    serve un po’ di suspance, altrimenti non si riesce ad allungare il racconto.
    Poi peccare o non peccare fa tanto romanzo rosa…
    Possedere od essere posseduta?
    Dal punto di vista femminile qual’è la visione più stimolante?

    Ciao
    orso

  5. I casi sono due:

    1) non si è completamente certi dei sentimenti dell’altro, e allora, facendo finta di lasciarsi possedere, si cerca di provare il possesso, per vedere fin dove si può arrivare; in questo caso, si utilizzano gli artifici erotici più strabilianti, che piacciono molto all’uomo

    2)si ama profondamente una persona, la si stima moltissimo, la si tiene sul palmo delle mani, e allora il desiderio è quello di possedersi entrambi con complicità, o, meglio, amarsi, scambiarsi reciprocamente gesti e parole; tutto diventa altamente erotico e, allo stesso tempo, dolcissimo; in questo caso può essere elettrizzante persino sfiorarsi semplicemente le mani e quando si arriva alla fusione dei corpi essa è un tutt’uno con il desiderio di fusione delle menti. Credo, però, che questa situazione piaccia più alla donna che all’uomo

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