Così iniziò la lunga ricerca dapprima nella città attuale, poi in quella di origine. La città attuale era cara, carissima e non consentiva con le disponibilità economiche di acquistare una buona casa nel centro storico a meno che non si andasse a stare in periferia tra caseggiati anonimi. Allora la ricerca si spostò sulla città di origine, che era più a buon mercato. Non è stata molto facile: la disponibilità di immobili era buona, non altrettanto la qualità. A Giuliana piaceva una casa ricavata dalla ristrutturazione di una vecchia casa colonica con annessa chiesetta e fienile. Paolo non era molto convinto per qualche misteriosa intuizione. Non era disposta male, su due livelli, ma l’ingresso era angusto e secondo lui doveva essere modificato. I due bagni non lo convincevano: erano stretti e lunghi ed uno era cieco. A Giuliana piaceva la chiesetta prospiciente la casa, era sconsacrata e sarebbe stata trasformata in un ufficio o un monolocale. La trattativa era andata avanti per diversi mesi, poi s’era arenata sul prezzo non proporzionato al valore dell’immobile. La casa è ancora in vendita: non ha trovato acquirenti o meglio degli estimatori. Paolo aveva avuto ragione a considerare il prezzo troppo elevato.
Poi abbiamo trovato una casa immersa nel verde, molto particolare, situata vicino alla città. Dalle finestre si può osservare la campagna ben curata, coltivata ad erba medica e frumento: un autentico spettacolo. La posizione è tranquilla e priva di rumori, non sembra nemmeno che a pochi chilometri scorra un traffico convulso. Nel periodo invernale gabbiani ed aironi bianchi e cinerini svernano nei campi. A Paolo piace molto, come a Giuditta. Secondo lei ci sono troppo insetti ed animali (lucertole e rospi) e spesso si agita molto.
Dopo il gran giorno tutto questo era ormai un ricordo. La parte più faticosa del trasloco doveva ancora venire. Si doveva svuotare cantina e garage, pieni zeppi di altri sei o sette traslochi. Sembravano un pozzo di San Patrizio, non finivano mai di vomitare qualcosa.
Poi la fatica di vuotare gli scatoloni nella nuova casa, di riempire i mobili vuoti, di riordinare tutto quanto. Le soluzioni studiate a tavolino non andavano bene, si dovevano trovare nuove disposizioni. Sembrava la tela di Penelope: si creava, si disfaceva. Quante volte le cose riposte si prendevano e poi si riponevano di nuovo.
Eravamo tutti stanchi, troppo stanchi.
Un sabato nebbioso andammo in centro per distrarci un po’ dopo l’ennesima settimana di fatiche. La città era illuminata ed addobbata, perché tra qualche giorno sarebbe stato Natale. Il traffico era caotico e trovare un parcheggio era problematico, così Paolo le lasciò sull’angolo della via che portava nella piazza più bella della città, quella prospiciente la cattedrale e si mise alla ricerca di un posto dove parcheggiare. Finalmente lo trovò, non era molto comodo ed era distante dal punto di incontro.
Pazienza, bisognava aver pazienza, non sempre era possibile parcheggiare vicino. Con passo svelto si avviò verso il grande magazzino, dove avrebbe incontrato Giuliana e Giuditta. Faceva freddo, perché la nebbia penetrava nelle ossa col suo carico di umidità, ma Paolo non sentiva nulla.
Appena varcata la soglia si sentì chiamare, si volse e vide una signora che lo fissava un po’ incredula.
“Sei tu M….?” disse con un filo di voce.
“Si”, rispose Paolo, che non ricordava quel viso e quella voce.
“Sono Marinella. Marinella S…, Ti ricordi di me?” Pronunciava quelle poche parole con ansia e piena di speranza.
Paolo allora ricordò, anzi un fiume di ricordi gli tornarono alla mente. “Si, adesso ricordo! Come stai? E’ tanto tempo che non ci vediamo!”
Lei lo incalzò con più sicurezza: “Dove sei stato?” e guardando la mano vide la fede e proseguì “Sei sposato?”
“Ho girato per l’Italia ed ora sono tornato. Si, sono sposato ed ho una figlia ormai grande.”. Paolo pronunciava queste poche frasi, mentre nella sua mente ricordava lei ragazza con cui aveva avuto una breve ma intensa storia. “E tu?”, proseguì ben sapendo che si era sposata tanti anni fa, poco tempo dopo che la loro relazione era terminata.
“Sono divorziata. Ho avuto un figlio dal quel romagnolo”, disse con tono carico di rancore “ e sono nonna. E tu?”
“No, non sono nonno.”, Paolo avvertiva nelle parole di Marinella un misto di delusione e di rimpianto e voleva concludere il loro colloquio, “Mi ha fatto molto piacere averti rivista e scusami se non ti ho riconosciuto subito.”.
Si stringessero la mano e si salutarono.
Paolo raggiunse Giuliana e Giuditta che stavano osservando la scena, mentre Marinella percorse pochi metri all’interno del grande magazzino, fingendo di interessarsi a borse ed altri articoli. In realtà osservava dove andava e chi incontrava. Lo guardò con un pizzico di invidia, forse lo aveva sempre amato, pentita di averlo lasciato tanti anni fa. Poi uscì e se ne andò via, dopo aver guardato per l’ultima volta con molta attenzione.
Si sentiva sola e forse avrebbe voluto riannodare quel vecchio contatto, che le ricordava tempi felici.
Giuliana chiese chi quella signora e Paolo gli disse “E’ Marinella. Marinella S… quella della fabbrica di liquori M. Mi ha riconosciuto dopo oltre quaranta anni di lontananza. Evidentemente non sono cambiato molto.”
Mentre parlava Paolo pensava “proprio ieri sera ho aperto il quaderno delle vecchie poesie e sicuramente ci sono anche quelle che avevo scritto per Marinella.”.
Lentamente ed infreddoliti dalla cappa nebbiosa si avviarono verso casa senza più ripensare a quel incontro fortuito e singolare.
(Fine)