
Oggi Eletta Senso propone un acrostico doppio per salutare aprile.
Avanzano Ansanti
Pieni di Premure.
Reazione Ribelle
Inganno Inutile
Lascia Livore
Esercizio Estenuante.
Fantasie e realtà
Oggi Eletta Senso propone un acrostico doppio per salutare aprile.
Avanzano Ansanti
Pieni di Premure.
Reazione Ribelle
Inganno Inutile
Lascia Livore
Esercizio Estenuante.
Qualche settimana fa ho proposto questo racconto che parteciperà al contest dell’estate di navigazione con zero probabilità di vincere qualcosa ma De Coubertin insegna anche a gareggiare. Il precedente non andava bene perché mancavano due tasselli: le parole impreviste. Adesso è completo. Quindi quattro parole chiave: ondivago, bardo, clafoutis e brillante più due parole misteriose che non rivelerò nemmeno sotto tortura. Non si scherza mica. Non sono bruscolini.
Adesso basta, leggete, dite la vostra. L’ombrellone vi aspetta.
Arrivati a marzo si pone il problema di come superare lo spartiacque estivo, come se poi tutto il resto dell’anno filasse liscio.
È questo il pensiero di Emilia che non sa come organizzare i tre mesi estivi. Qualcuno strabuzza gli occhi. «Tre mesi di vacanza?» «Sì, proprio così. Giugno, luglio e agosto. Per settembre si torna a casa per riprendersi dalla sbornia vacanziera».
Un pensiero ondivago si fa strada nella mente di Emilia che non sa decidersi quest’anno. L’anno scorso è stato un viaggio a piedi per l’Europa del sud. Tanti i chilometri e tantissimi i posti visitati. Quello precedente si è affidata al treno che l’ha portata in giro per la Russia. L’anno ancora prima partendo da Milano ha raggiunto il nord America e da lì è iniziato un viaggio verso la Patagonia. Per gli altri anni non ricorda dove ma sono stati bellissimi.
Però il problema è adesso. L’entropia del sistema vacanze non ammette deroghe. Il disordine regna sovrano nella testa di Emilia. Il passaggio dallo stato ordinato del metronomo casa, lavoro, casa a quello disorganizzato di un viaggio lungo tre mesi racchiude tutta la sua insicurezza.
Giugno è vicino e gli amici con i quali condivide le vacanze estive premono per sapere dove. Però Emilia non riesce a decidere né il mezzo né le località da toccare. Viaggiare a piedi è stancante. Ricorda le piaghe dello scorso anno. Il treno è bello perché durante gli spostamenti si può chiacchierare in santa pace ma è limitato alle sole tratte ferroviarie. L’aereo è costoso e poi i viaggi low-cost sono snervanti. Barca? No, grazie! Bicicletta? Auto? Tanti mezzi ma non tutti graditi dai compagni di viaggio: Sara, Michele e Marietto.
È un nucleo adamantino il loro, difficile da scalfire ma pronto a incidere nella scelta delle vacanze. Sembrano due coppie ma in realtà sono quattro amici legati dalla stessa volontà di divertirsi, di fare qualcosa fuori del comune.
“No, devo trovare qualcosa di originale? Ma cosa?” riflette Emilia, legando i lunghi capelli con un elastico. “Siamo a marzo ma fa già caldo ma zero idee”.
Sono dieci anni che fanno questa scorpacciata di vacanze e quindi le ipotesi sui luoghi diventano sempre più complicate. “Ma loro vengono a rimorchio. Mai una volta che suggeriscano un itinerario da esplorare. Devo fare tutto io. Tappe, prenotazioni e organizzare ogni dettaglio” mormora un po’ infastidita ma al tempo stesso soddisfatta, pensando alle esperienze passate.
In realtà non è così. A lei piace fare tutto da sola e poi presentare il tour seduti a tavola con grandi slide proiettate sul soffitto. ‘Con la pancia piena si ragiona meglio’ è sempre stato il suo motto ma adesso si trova un po’ in difficoltà.
“Ma quest’anno dove li porterò?” si domanda aprendo Google map sull’Europa.
Seduta davanti al suo computer gira gli occhi per la stanza. Di fronte sta la libreria con sotto il divano. Alla sua destra un mobile dei primi del novecento in radica e borchie di rame in stile liberty. Alle sue spalle l’impianto hi-fi. Però per terra ci sono libri accatastati alla rinfusa.
“Un viaggio solo acqua? Oppure un mix?”
Niente, nessuna idea viene in soccorso, quando l’occhio cade su un volume dei Meridiani mescolato insieme ad altri testi. ‘Teatro completo. Testo inglese a fronte. Vol. 4: Le tragedie’ di William Shakespeare. Un vecchio volumetto un po’ malmesso. Lampadina.
«Ecco la destinazione. Stratford-upon-Avon e al ritorno Limoges» esclama entusiasta. «Con quale mezzo?» L’entusiasmo si sgonfia come un palloncino bucato.
Tre sere più tardi sono attorno un tavolo pieno di briciole e gocce di vino. Con un colpo di mouse srotola sulla parete un’immensa carta dell’Europa occidentale che pare animata di vita propria.
«Ecco questo è l’itinerario proposto».
Sara rimane interdetta. Pare un serpente che si morda la coda.
«Non ti pare di essere stata un po’ ondivaga?»
«Cosa c’è di male andare per mare?» replica divertita Emilia.
Arriva giugno e si parte.
«Oh, Bardo del mio cuore, stiamo arrivando!» esclama Emilia salendo sul treno per Varazze, dove un Oceanis 48 li sta attendendo.
Quest’anno non si è badato a spese. Una bella barca da crociera comoda e sicura per affrontare l’Oceano Atlantico e le sue insidie.
Nessuno di loro sa governare un’imbarcazione ma hanno ingaggiato un skipper per i tre mesi. Non hanno fretta e chi ne avrebbe con oltre novanta giorni a disposizione? Con lo skipper hanno concordato il piano di navigazione. Quello ambizioso in assenza di tempeste traiettorie diritte. Quello prudente se il tempo non sarebbe stato clemente veleggiare sotto costa.
Dopo venti giorni di navigazione siamo a Brest per il meritato riposo. Un giorno solo ma camminare sul solido terreno è una sensazione appagante. Un vento gagliardo ci ha spinto verso Gibilterra e poi in direzione nord. Sono stati venti giorni di allegria con lo skipper che ci ha torchiato per bene, perché di miglia marine ne abbiamo dovuto macinare molte. Ora so che il cockpit non è un dolce e il genoa non è l’altra squadra di Genova. Marietto sa come alzare una vela senza aggrovigliare i cavi. Passi da gigante senza dubbio. Ci rimane un tratto insidioso quello che sta davanti alla Cornovaglia, che doppiata ci fa arrivare a destinazione.
«Bardo, aspettaci che stiamo arrivando».
La gita a Stratford-upon-Avon è stata magnifica. Dieci giorni per la vallata del Severn e dell’Avon in barca, in bicicletta e a piedi sotto il sole e la pioggia che non può mancare da queste parti. Questa bella cittadina vive nel ricordo del suo illustre antenato e ogni angolo ce lo ricorda. Adesso dopo la circumnavigazione della perfida Albione con una puntata a visitare le Orcadi siamo a S. Nazaire pronti per raggiungere Limoges attraverso la valle della Loira e dei suoi castelli. Ho promesso loro la clafoutis più invitante della loro vita. Non sanno cosa li aspetta! Pensano a tutto: porcellane, vino, luoghi misteriosi. Non sanno, i poverini, che si mangeranno una fetta di torta con dentro le ciliege nere ma forse con altra frutta di stagione, perché le ciliege a fine luglio sono un pallido ricordo. Abbiamo due settimane per raggiungere Limoges e puntare su La Rochelle dove il nostro skipper impaziente ci aspetterà per riportarci il 31 agosto a Varazze. La Loira appare un fiume sonnacchioso che scorre su un letto sabbioso in questo periodo. Quest’anno è ancora più magro perché un inverno mite e asciutto l’hanno prosciugato. Tuttavia noi non demordiamo. Qualsiasi mezzo è buono e poi siamo in perfetta forma e rilassati. Il colorito scuro ci fa sembrare dei vu’ cumpra’ se non fosse per i capelli che variano dal rossiccio di Marietto al biondo cenere di Sara con tutte le sfumature intermedie. Ci muoviamo come un sinuoso serpente allungando la strada pur di visitare i vari castelli che sono in zona.
«Limoges!» è il grido di tutti noi coi piedi piagati dalle vesciche, quando arriviamo in centro città. Affamati, distrutti ma felici ci sistemiamo sotto un ombrellone della ‘brasserie Le Cap’tain’ di fronte a les Halles. Mangiamo di tutto ma la sorpresa arriva alla fine. Una torta intera di clafoutis alle pere, che non è la stessa cosa di quella alle ciliege ma per mangiarla dovevamo fare come prima tappa questa magnifica città fondata da Augusto nel 10 d.C. Però non era possibile e una bella risata mi sfugge dalla bocca.
Da La Rochelle riprendiamo il viaggio di ritorno con la pelle cotta dal sole e dalla salsedine. Siamo tutti stanchi ma felici. Un’esperienza favolosa, frutto di una brillante idea. Un po’ ci dispiace tornare all’ovile ma dopo tre mesi su una barca abbiamo voglia di calpestare la terra e non ballare sul ponte di legno di un Oceanis 48. Per fortuna non abbiamo dovuto affrontare tempeste ma solo mare mosso. Una cosa accettabile tutto sommato, da firmare prima della partenza. Il vento ha spirato nella giusta direzione gonfiando le vele e facendoci correre veloci sull’acqua.
Adesso siamo qui sul terrazzo della mia casa a vedere le immagini più significative della vacanza, a gustarci uno spritz con tartine al prosciutto ma in particolare a ridere per qualche disavventura capitata nei tre mesi di viaggio.
Non credo di avere mai avuto un’abbronzatura così perfetta. Sembro proprio una marocchina.
Per il gioco linguistico di Eletta Senso in onore della primavera, che si sta nascondendo, ho creato questo
Pendono
ribelli
incerti
movimenti,
arrivano
veloci
eterei
ricordi
amorosi.
Per Luisa ho composto questo.
Piace
ricordare
immense
montagne
al di là
verso
eterni
ricordi
amorosi
Lei era lì, assorta nei suoi pensieri che la turbavano dalla sera precedente. Si era alzata pensando di uscire ma poi aveva cambiato idea. Non riusciva a comprendere il motivo del cambio di programma. Però forse lo conosceva.
Davanti allo specchio aveva provato diversi abiti. Un vestito d’organza liscio fino alla caviglia. Un abito di lino bianco con balze blu che lasciava nude le spalle.
«No!» aveva sussurrato gettandoli con furia sul letto disfatto, mentre osservava l’interno dell’armadio dove si dondolavano con pigrizia altri abiti, che le sembravano fare l’occhiolino.
Poi con furia aveva chiuso l’anta dove lo specchio rifletteva la sua figura esile nel solo intimo.
Infilato un vestito da sera bianco si era sistemata pensosa nella sala della musica ma il silenzio regnava nell’appartamento. Aveva rinunciato all’uscita mattutina, come faceva tutti i giorni. Una visita al bar per un cappuccino e una brioche. Un giro nella piazza dello struscio ad ammirare le vetrine che si preparavano per la Pasqua. Una puntata al mercato per acquistare qualcosa per il mezzogiorno. E infine il rientro a casa.
Una lacrima scivolò lungo la guancia, mentre la mente andava alla sera precedente. Tutti i suoi affanni prendevano lo spunto da lì. Era netto il ricordo del litigio. «Perché?» Nessuna delle due aveva voluto cedere e con testardaggine avevano alimentato il battibecco. A pensarci bene avevano torto entrambe ma non lo volevano ammettere. Così la questione banale di un fiore musicale era diventato il terreno di scontro tra loro. Una sfumatura policroma della musica. Una vera inezia ma sufficiente a scatenare un litigio sordo ma accidioso.
Adesso era inutile ritornare sull’argomento ma lei non voleva fare il primo passo per riconciliarsi. «No! Deve essere lei!» Proruppe in un grido che fece eco nella casa.
Si alzò con un grosso peso sul petto e andò in cucina.
Da Eletta Senso la nuova proposta: crescendo
crescendo
01 A
02 te
03 che
04 curi,
05 gioca,
06 medita.
07 Cammina
08 insomma
09 indolente.
10 Parcheggia.
11 Femminilità
12 dondolandoti
13 emozionandoti
14 premurosamente
15 polarizzabilità
16 presidenzialismo
17 policondensazione
18 policromaticamente
Per Luisa ho creato questo
01 A
02 me
03 con
04 tuoi
05 caffè
06 servir
07 possono.
08 Insonnia
09 insolente,
10 melanconia,
11 depressione
12 scatenerebbe
13 razionalmente.
14 Screzierebbero
15 screanzatamente,
16 precipitosamente.
Per il gioco linguistico Eletta Senso ci propone un pangramma sotto forma di elenco.
Un’agenda sta sul banco con la candela del vescovo.
Un decoro di fiori è sul tavolo con kaki, mele e pere.
Un jack e un gadget sono omaggi. Xeres è il liquore offerto nell’hotel.
Nel wagon-lit viaggia un viandante. Uno yacht solca il mare.
L’edera cresce attorno all’uscio.
Prendi il caffè con lo zucchero di canna.
Il quadro ha un fiore di iperico.
L’orso entra nella tana.
Il nadir è l’opposto di zenit.
Il ragù si fa col soffritto misto.
Per Luisa ho composto questo pangramma elenco.
Nell’alcova sta un baldacchino con tendaggi cremisi e bianchi. Accanto al cuscino fa bella mostra un campanello per chiamare Annette. Il divano di creton a fiori rossi è nell’angolo. La specchiera riflette le luci del lampadario.
Carla prese il quaderno con le sue poesie e cominciò a leggere. “La pelliccia di karakul/indossa per la festa di compleanno/del suo migliore amico.” Pensò a cosa regalare. Un profumo? No, è uno yuppie. Non piacerà di certo. Cercò nell’elenco del telefono l’indirizzo della modista per ordinare un capello di feltro con una piuma di pavone. Voleva un modello unico. Dalla bottiglia di xeres si versò un dito di liquore. Annette arrivò con caffè, zucchero e un orsetto di pan di spagna. Osservò dalla finestra nuvole a forma di uccello e rosa.
Fiorenzo allora scese in giardino e dal box prese la jeep per raggiungere in hotel la sua amata. Il walkie-talkie gracchiò frasi senza senso.
Per il gioco linguistico del lunedì Eletta Senso ha proposto un acrostico in onore di marzo che io ho raddoppiato.
Mattine,
attimi
ruggenti
zampillano
oberati di
odori di
zagare,
rapaci
amori
Mercenari.
Per Luisa ho composto questo acrostico di marzo
Magnifici
amori
raggiano tra
zazzeruti
obesi,
oppure lo
zefiro
raggiunge
amanti
Macilenti.
Su Caffè Letterario è apparso un nuovo articolo che potete leggere anche qui
Quello che vi andrò raccontando non è nulla di eccezionale oggi ma quasi novant’anni fa è stato straordinario.
Voglio che anche le generazioni future possano leggere dell’impresa folle fatta nel 2019, perché, quando non ci saremo più né io, né Chioma né Davide, possa essere ricordata.
Chioma è il mio compagno storico che è al mio fianco dal lontano 2019. Con lui ho condiviso tutto nel bene e nel male e abbiamo cresciuto il nostro cucciolo nato dal nostro amore.
Questa narrazione mio figlio, Davide, l’ha ascoltata molte volte, quando seduto accanto a noi voleva conoscere dov’era nato.
Mi chiamo Samantha Fugetti e sono nata a Venusia il 21 luglio 1990. Avrei tecnicamente cento e quattro anni ma in realtà il mio corpo ne ha solo ottanta. Miracoli della scienza? No, gli effetti di quel lungo viaggio che vi andrò a raccontare.
Venusia non esiste più, sparita oltre cinquant’anni fa per la follia del mondo. Sommersa dalle acque del mare non è più riemersa. Dicono che è ricoperta di fango e, io aggiungo, di oblio. Era un paese della pianura Ludiana, una piana senza alture, della regione Ludilandia. Ne sento la mancanza ma non voglio apparire una vecchia malinconica.
Avevo dieci anni quando lessi un articolo sulla missione Apollo sulla Luna e il relativo viaggio dei tre astronauti sbarcati sul nostro satellite. Dopo quella lettura mi sono detta che avrei fatto l’astronauta.
Nell’anno 2000 un miliardario visionario Warren Vergin, ricordo bene il suo nome, ha comprato nello stato dell’Arizona un’intera vallata nel deserto di Gila dove ha costruito l’astrodomo Serenity. Questo sarebbe servito per lanciare nello spazio l’astronave Last Horizons destinata a esplorare il sistema solare.
Un progetto folle e costoso ma è stato realizzato. Subito la mia fantasia si è accesa e ho sognato di essere al centro di quel progetto.
Così da quel momento ho avuto un unico pensiero: essere tra i sei membri dell’equipaggio. Mi sono detta che dovevo farcela a tutti i costi. È stata un sfida verso chi non ha creduto che sarei riuscita.
Finito il liceo scientifico a Ludi, la capitale di Ludilandia, mi sono iscritta all’università ma ho capito che non era la laurea in ingegneria aeronautica a interessarmi. Il mio chiodo fisso era diventare astronauta. Come? Non lo sapevo ma dovevo raggiungere l’obiettivo.
Un giorno del 2010, non ricordo con esattezza la data precisa, è apparso su Tribuna, il giornale di Ludi, un annuncio per me sensazionale che mi avrebbe cambiato la vita.
“È aperta per Ludilandia la selezione di un posto di astronauta. Destinazione Astrodomo Serenity – Arizona U.S.A.”.
Non ci ho pensato nemmeno due volte. Mi sono iscritta e ho sbaragliato il campo. Non avevo nessun dubbio perché erano dieci anni che mi preparavo sia mentalmente che culturalmente. Il passo successivo sono state le selezioni europee. Lo ammetto: non è stata una passeggiata come a Ludi. La selezione è stata dura e più di una volta la mia voglia di arrivare fino in fondo è stata a un passo dalla rinuncia. La preparazione dei miei competitori era a livelli pari o superiori alla mia. Il mio inglese non sempre era fluido. Una battaglia di nervi e di conoscenze ma alla fine sono arrivata prima, battendo francesi e tedeschi.
I miei genitori non erano d’accordo ma alla fine l’ho spuntata io e sono partita con la speranza di coronare il mio sogno. Un lungo balzo fino a Tucson dove una limousine mi ha portato fino all’astrodomo. Qui ho trovato altri ventuno aspiranti astronauti divisi equamente tra maschi e femmine.
Io avevo vent’anni come tutti gli altri più o meno. Ci hanno iscritti presso l’università di Tucson a un corso di astrofisica gestito da un’italiana. Il raggiungimento del PH.D in cinque anni avrebbe permesso di proseguire l’avventura. In sostanza avrebbe costituito il primo discrimine della selezione. Partenza alla mattina presto per Arizona University dove si restava fino alla tre del pomeriggio. Ritorno all’astrodomo per le esercitazioni fisiche e psicologiche in preparazione al gran viaggio di cui era noto a grandi linee il programma.
È stata dura per cinque anni fare questa vita ma alla fine l’ho spuntata, anzi sono risultata la migliore delle ragazze. Molti non hanno resistito al logorio psicologico, abbandonando il campo. Altri non ce l’hanno fatta con gli studi, che sono stati impegnativi.
Mentre noi ci siamo fatti un mazzo così per arrivare in fondo al percorso di studi senza tralasciare quanto era necessario alla preparazione fisica e psicologica, a Serenity si progettavano vettore e astronave.
A disastri si sono alternati successi ma Vergin non ha mai ammesso sconfitte e ha stimolato tutti a dare il meglio di se stessi.
Nel 2015 terminata l’università siamo rimasti quattro donne e quattro uomini di culture e nazionalità diverse. Un’americana, una cinese, un’indiana e io, italiana, era il manipolo al femminile. Gli uomini erano un russo, un nigeriano, un australiano e un malese. Un uomo e una donna sarebbero stati esclusi nei due anni successivi anche se avrebbero meritato di partire con noi.
Questo ha stimolato una sana competizione senza colpi bassi e ci ha permesso di maturare nel carattere. Ha rappresentato il modo migliore per creare un gruppo coeso per la missione che ci avrebbe aspettato. Così non c’è stata nessuna tragedia o invidia quando l’indiana e il malese sono rimasti esclusi dopo l’ultima selezione.
Abbiamo fatto una grande festa per salutarli prima della partenza del loro rientro in patria nel 2017. Non si sono sentiti sconfitti ma semplicemente hanno riconosciuto che noi abbiamo meritato più di loro.
Così alla fine di questa spietata selezione siamo rimasti in sei: tre uomini e tre donne. Quelli che avrebbero partecipato alla grande missione.
Il lancio è previsto per fine gennaio del 2019. In questi due anni abbiamo lavorato duro sia affinando le nostre specializzazioni, sia a conoscere anche quelle dei colleghi in modo di essere intercambiabili tra noi.
L’obiettivo era ambizioso: raggiungere i confini dell’universo e ritornare a casa.
Un viaggio di trentacinque anni all’interno del sistema solare fino all’Ultima Thule.
«Pensi che il resto della comunità gradirà il nostro video?» Chiese Alba con voce titubante, guardando fissa negli occhi Matteo.
Il ragazzo la stringe forte al petto. «Secondo me gli oh! si sprecheranno. Hai già scordato il nostro stupore nel vedere cadere la neve? Non l’avevamo mai vista dal vivo e siamo rimasti affascinati. Noi abbiamo visto sorgere e tramontare il sole, le cime rosate dei monti e tanto altro ancora. Tutto questo è stata per noi una novità sconvolgente perché nella Città del Sole la giornata è composta da due periodi: la veglia e il sonno. Dopo un mese dal rientro fatico ad adattarmi al ritmo circadiano della Città del Sole».
Detto questo si incamminano verso la Piazza della Comune. Arrivati con diversi minuti di anticipo sull’orario fissato rimangono a bocca aperta: ogni spazio è occupato a esclusione della loro postazione. Chi seduto per terra, chi s’è portato una sedia pieghevole da casa, chi si è organizzato con panche. Un colpo d’occhio impressionante. Il vociare confuso si zittisce quando Alba e Matteo salgono sul piccolo palco dove è posizionato il proiettore olografico che diffonderà le immagini raccolte durante le quattro settimane di viaggio.
Alba dà un colpo di gomito a Matteo e sussurra: «Ci sono anche diversi Savi ad assistere alla proiezione. Forse vogliono sondare gli umori della comunità…».
«Forse credono che li abbiamo ingannati stamattina oppure sono rimasti affascinati dalle immagini» ridacchia il ragazzo sistemando i dischi nell’apposita cartucciera.
Le immagini scorrono su schermi virtuali sistemati in maniera opportuna da essere visibili comodamente da qualsiasi posto della piazza.
Si fa buio poi gli spettatori sono illuminati dai lampi e dalle saette che a zigzag compaiono in ogni punto della sala. Le immagini sono talmente realistiche che qualcuno grida per la paura. Alla visione si aggiunge l’audio che riproduce il fragore del tuono, lo scrosciare della pioggia e il crepitare degli abeti colpiti dai fulmini. Un inizio spettacolare che mette a dura prova i nervi delle persone non più abituate a vivere e osservare i fenomeni della natura. La vita nella Città del Sole è come un oppiaceo che ha narcotizzato i loro sensi. Le immagini successive che mostrano la tempesta di neve sul Passo Pordoi e il panorama innevato sono altrettanti choc che mostrano quanto sia diversa e più dura la vita all’esterno. Come aveva previsto Matteo gli ‘oh!’ si sprecano dopo l’iniziale spavento osservando la natura rigogliosa, gli animali selvatici, gli spettacolari tramonti e le magnifiche albe rosate.
La comunità è di seconda o terza generazione e a parte qualche video ormai consunto non ha mai visto la luce del sole ma solo quella artificiale prodotta dalle centrali nucleari che tengono in vita la loro città.
«Vedrai che ci saranno molti pretendenti alle prossime uscite» bisbiglia Alba con voce rinfrancata.
Matteo annuisce. Dovranno operare delle selezioni.
«Ma è possibile vivere a Bozen?» chiede Clarissa, quando l’ultima immagine svanisce dagli schermi virtuali.
«Al momento no» risponde Matteo con voce atona. Non pensava che la ex compagna fosse interessata a vivere fuori dal loro caldo nido. «Se è possibile modificare il rifugio antiatomico di Konnie, lì si potrebbe creare una comunità esterna».
«Ma quel cucciolo di cane…» inizia Pietro subito stoppato da Alba.
«Non è un cucciolo di cane, ma un lupo giovane allontanato dal branco perché ha una zampa più corta».
Pietro sbuffa per la meticolosa precisazione di Alba. «Cane o lupo è comunque diventato un animale addomesticato. Quindi…».
Matteo fa segno ad Alba di tacere per non alimentare un inutile battibecco. Con voce calma e un po’ piatta spiega che il cucciolo è e rimane un animale selvatico che non dipende dall’uomo. È indipendente e si procura il cibo cacciando.
«Però vi segue e risponde ai vostri comandi. Ho sentito la voce di Alba che lo chiama e lui risponde. Quindi…» precisa Roberto poco convinto dalla spiegazione di Matteo.
Matteo sorride mentre Alba sembra sbottare. Invece con tono basso, quasi un sussurro lei chiude l’accenno di polemica. «Cucciolo, così l’abbiamo chiamato, è stato abbandonato dal suo branco perché ritenuto non idoneo a causa della zampa anteriore più corta delle altre che lo fa zoppicare. Questa non gli impedisce di catturare delle prede per sfamarsi. Per lui noi siamo il suo branco. Ci segue, risponde ai nostri richiami ed è pronto ad attaccare se qualcuno o qualcosa ci dovesse minacciare. Credo che se uno di voi provasse ad avvicinarsi potrebbe rischiare di essere ritenuto un pericolo con le conseguenze del caso».
Le domande e le risposte si sono susseguite a ritmo incalzante per un paio d’ore senza che nessuno se ne sia andato.
«Ringraziamo tutti gli astanti per essere intervenuti ed essere rimasti qui formulando domande e ascoltando risposte» spiegano i due ragazzi col sorriso sulle labbra. La serata è stato un successo superiore alle attese.
Per il gioco del lunedì Eletta Senso propone un haiku per tema galiverna
Ricami nivei
disegnano figure
spettacolari.
Per Luisa ho composto questo haiku
Dalla finestra
scrutiamo il disegno
della brinata.