
Elena Salem propone per il suo laboratorio una nuova sfida. Continua tu la storia
Ecco l’inizio
Il navigatore satellitare aveva smesso di funzionare. Marco continuò a guidare senza avere idea di dove stessero dirigendosi. Imboccò una strada secondaria e d’improvviso si trovò di fronte a un misterioso paesino. Cercò di localizzare su Google il luogo in cui erano approdati, ma la copertura era del tutto assente. Prese una vecchia mappa stradale, ma sulle pagine il luogo sembrava non esistere.
La moglie gli strinse la mano. Marco percepì la sua incuriosita e al tempo stesso un certo timore. Il villaggio sembrava disegnato su un album per bambini. Case colorate in stile tirolese. Gerani variopinti ai balconi, persone sorridenti, al limite del teatrale, che giravano in bicicletta. Qualcosa non andava. Oppure erano finiti per errore sul set di un film che stavano girando.
«Fermati, c’è un bar» disse la moglie.
Lui parcheggiò davanti all’entrata.
«Ben tornati» disse il barista, porgendo loro due tazze di caffè.
Marco aggrottò le sopracciglia. «Noi non siamo mai stati qui».
Il barista sorrise. «Tutti dicono così, all’inizio». Poi indicò una vecchia foto sulla parete dietro al bancone. Erano loro due, vent’anni prima…
Ed ecco la mia prosecuzione
Marco sbiancò mentre Laura strinse gli occhi per focalizzare l’immagine. Lei era astigmatica e vedeva sdoppiati i contorni. Estrasse gli occhiali dalla tracolla e fissò quella fotografia sbiadita dal tempo. Ebbe un sussulto. Erano proprio loro più giovani di vent’anni.
«Com’è possibile?» sussurrò con un filo di voce avvicinando le labbra all’orecchio di Marco.
L’immagine era in bianco e nero e li ritraeva insieme ad altre coppie.
«Ma quelli…». Marco s’interruppe. Aveva riconosciuto Aurora e Tommaso, Gaia ed Enrico. Il cuore smise di battere e rimase senz’aria nei polmoni.
«Stai bene?» esclamò Laura osservando il marito terreo in viso. «Stai bene?» ripeté col tono serio della voce.
Marco annuì. Poi con l’indice tremante indicò le coppie degli amici. Non riusciva a capacitarsi di quella fotografia di gruppo. Una trentina di persone.
Laura girò intorno al bancone per osservare meglio quei volti. «Non è possibile. Aurora vent’anni fa era ancora single e poi non aveva sposato Tommaso».
Marco si appoggiò coi gomiti al piano lucido di mogano dietro cui stava l’oste, che ridacchiava.
«Tutti dicono così all’inizio» ripeté con tono ironico come a prenderli in giro. «Anche i vostri amici hanno detto la medesima frase prima di ricredersi e ammettere di essere stati qui nell’agosto del 2005».
Laura strinse la mano a Marco che balbettava parole incomprensibili come un bambino che stava imparando a parlare.
L’oste sembrava divertito nel vedere lo sconcerto negli occhi di questa coppia. «Eppure siete arrivati in gruppo. Chi a piedi, chi in macchina. Avete chiesto informazioni. Avete consumato e poi mi avete chiesto di fare un’istantanea di gruppo». Si girò indicando la fotografia ingiallita dal tempo che troneggiava insieme ad altre.
Marco deglutì rumorosamente, mentre Laura si soffiava il naso. «Ma dove siamo?» chiese con voce supplichevole.
«Siete a…» e lasciò in sospeso il nome. Pareva divertirsi a giocare con loro come il gatto col topo.
Marco lanciò uno sguardo smarrito fuori nella piazza prospiciente il locale dove si trovavano. Le persone sembravano volare e non camminare e vestivano una foggia tra il casual e il tirolese in accordo con le tipologie delle case che facevano corona.
Laura si strinse al marito mentre l’oste riprese a parlare «Siete a…».
Lo squillo del telefono fece sobbalzare Marco che si mise ritto sul letto. Era tutto sudato e aveva la gola secca. Con voce impastata rispose. «Pronto. Chi siete?»
«… siete a Lasch in Vental».
Udì il clic e il segnale di libero. Si stropicciò gli occhi incredulo. Laura se ne era andata vent’anni prima e lui viveva solo.